Casi di management

Vitale Barberis Canonico: l’Ingredient Branding su misura

Attraverso strategie mirate di marketing, anche i produttori di materie prime e semilavorati possono accrescere il valore percepito del proprio marchio

La sfida

Tanto fondamentali per la creazione di valore, quanto invisibili agli occhi dei consumatori: è questa molto spesso la scomoda posizione dei fornitori di materie prime e di prodotti semilavorati. Una posizione che si traduce in una debolezza nelle negoziazioni con i produttori finali: l’apparente facilità con cui si può sostituire un fornitore di qualità con uno più economico rende difficile strappare dei prezzi che riflettano l’effettivo valore del bene fornito.


Un modo per uscirne può essere quello di sviluppare una strategia di Ingredient Branding – cioè una strategia volta a creare un brand per una materia prima o per un prodotto intermedio il cui valore venga riconosciuto sul mercato B2B e/o B2C e che possa quindi essere trasferito e incorporato nel prodotto finale. Le nuove generazioni di consumatori richiedono sempre più che le filiere produttive siano pienamente trasparenti e tracciabili; facendo leva sulla crescente importanza della sostenibilità, l’Ingredient Branding può effettivamente contribuire ad aumentare il valore del prodotto di consumo, configurandosi come strategia win-win tanto per il fornitore quanto per il produttore finale. Al contempo, i grandi brand di consumo possono vedere nella valorizzazione dell’identità della materia prima una minaccia per la specificità del proprio marchio, che ai loro occhi è preferibile sia l’unico con cui il cliente entra in contatto.


La riluttanza a rendere visibili i fornitori è particolarmente diffusa nel mondo della moda, dove la percezione dei clienti quasi sempre è che l’intero processo creativo e produttivo sia in capo al marchio finale. Il rischio che si vede nel dare un’identità ai fornitori è non solo quello di dare maggior potere contrattuale ai propri partner, facendo emergere un «designer dietro le quinte» che potrebbe offuscare l’immagine del brand finale; ma anche quello di palesare come marchi con posizionamento di prezzo assai diverso condividano le stesse catene di fornitura. È, quindi, necessario investire nel marketing dei prodotti intermedi – tessuti, finissaggi, accessori – perché siano i clienti finali a richiedere che gli abiti vengano prodotti usando un determinato tessuto o altro componente, (come la membrana di Gore-Tex); l’obiettivo è che al tessuto venga riconosciuto uno status particolare, in termini di design, qualità o tradizione manifatturiera dell’azienda che lo produce, o perché con quello specifico tessuto è stata realizzata una collezione esclusiva con caratteristiche particolari (per esempio, tessuti green).


È questa la strategia che ha seguito Vitale Barberis Canonico, il produttore di tessuti in lana più antico al mondo con i suoi oltre 350 anni di storia, basato nel distretto laniero di Biella

I numeri del caso

 

Azienda: Vitale Barberies Canonico

Anno in cui l’attività aziendale è attestata per la prima volta: 1663

Fatturato: € 160 milioni (2017)

Dipendenti: 455 (2017)

Export sul fatturato: 81% (2017)

Tipologie di clienti: brand di alta gamma 41.5 %; catene della grande distribuzione 40%; grossisti di tessuti 18.5%

Nel settore degli abiti, il prezzo riconosciuto al fornitore dei tessuti rappresenta in media meno del 10 per cento del prezzo finale: e questo nonostante le caratteristiche merceologiche, il design e la qualità dei tessuti rappresentino un elemento centrale del prodotto finito. Inoltre, negli ultimi decenni il mercato della lana ha visto l’ingresso di produttori da paesi extraeuropei – Cina, India e Turchia su tutti – che hanno iniziato a rivolgersi anche alla fascia alta del mercato, offrendo tessuti a prezzi più bassi in virtù del basso costo del lavoro.


Proprio la necessità di acquisire un’identità distinta, che fosse fonte di differenziazione sul mercato, ha spinto sin dal 2002 Vitale Barberis Canonico a definire una sua strategia di branding. L’idea era di posizionarsi non solo come produttore 100 per cento Made in Italy, ma di associare alla propria immagine la percezione di uno stile classico con un twist irriverente e di tessuti al contempo di qualità e performanti tecnicamente. Da qui il primo tentativo di un investimento in pubblicità B2C su media tradizionali, portato avanti per quasi un decennio, ma senza i risultati sperati in termini di raggiungimento della notorietà. Di fronte alle pubblicità dell’azienda, i consumatori finali infatti non riuscivano a capire se l’azienda producesse abiti o «solo» tessuti (e, in quest’ultimo caso, quale fosse per loro la rilevanza del brand); inoltre, l’investimento effettuato era massiccio per un fornitore, ma inadeguato rispetto ai budget dei grandi brand della moda.


A fronte di questi limiti, nel 2011 l’investimento in comunicazione è stato mantenuto ma ripensato, su più versanti con un approccio di marketing a 360 gradi.

 

  • Sul fronte B2B, sono stati sviluppati una serie di materiali di trade marketing dedicati (etichette Vitale Barberis Canonico negli abiti, pendagli, vetrine, materiali visual per i negozi) per arrivare ai clienti finali tramite i marchi del settore.
  • Sul fronte B2C, l’investimento si è concentrato su un nuovo sito, sui canali social e sul coinvolgimento di vari influencer internazionali nell’ambito della moda maschile.
  • Infine, è stata portata avanti una strategia B2B2C, volta a trasferire il valore del marchio al cliente attraverso i prodotti finali, stabilendo delle partnership strategiche con alcuni brand (per esempio, organizzando assieme eventi nei negozi, creando collezioni esclusive solo con tessuti Vitale Barberis Canonico e attraverso un’intensa attività di training sulla qualità e specificità dei tessuti al personale di vendita dei negozi dei marchi partner).

 

Infine, nel 2015 è stato aperto uno showroom Vitale Barberis Canonico nel distretto della moda a Milano, prima in via Fatebenefratelli e poi in uno spazio più grande in via Solferino. Lo showroom non prevede al momento la vendita diretta dei tessuti; è invece uno spazio per organizzare incontri, eventi e attività di formazione con partner e agenti commerciali, giornalisti e influencer del settore, sarti, appassionati e studenti di moda, con un chiaro obiettivo: incrementare la brand awareness rispetto al marchio non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra i clienti finali, nella direzione dell’Ingredient Branding.

Le implicazioni

 

  • Con l’emergere delle catene di fornitura globali, per i fornitori di materie prime e prodotti semilavorati la minaccia maggiore è rappresentata dalla competizione di prezzo. Un’opzione strategica per far fronte alla concorrenza a basso costo è quella di evolvere dalla produzione di commodities alla produzione di specialties grazie all’innovazione di prodotto supportata da investimenti di marketing sul proprio brand.

 

  • Un’azienda B2B non può in genere disporre di un budget per il marketing e la comunicazione comparabile a quello dei produttori finali B2C. È quindi necessario concentrarsi su un’attività di comunicazione in partnership con i clienti strategici e nel trade marketing.

 

  • L’Ingredient Branding è una valida strategia per valorizzare un marchio B2B facendo leva sulla richiesta sempre maggiore di trasparenza e tracciabilità della filiera da parte dei consumatori; tuttavia, i produttori finali tenderanno ad accettare una strategia di questo genere solo se percepiranno che il marchio B2B accresce, non offusca, il valore del brand finale.

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