Branded World

VIDEO-BRANDING, BRANDED ENTERTAINEMENT: Chi più ne ha, più ne metta!

Mi sembra perfettamente inutile spiegare il perché di questo argomento.

Vorrei trasportarvi dalla narrazione al video-branding raggiungendo il concetto di story-mapping e story-board quale struttura e sequenza di una storia, cui è sotteso l’arco narrativo. Proviamoci!

Dalla Narrazione allo Story-mapping

"Tutti gli esseri umani hanno un innato bisogno di ascoltare e raccontare storie e di avere una storia da vivere" (Pruitt e Adlin, 2006, p. 125).

Per il genere umano la narrazione è una tradizione consolidata. Originariamente c'era una consuetudine orale che si è evoluta in una pratica scritta e ha sperimentato – e continua a sperimentare - il passaggio al digitale. Ognuno ha storie da raccontare: persone (creatori, giornalisti, celebrity, influencer, ecc.), brand, aziende (attraverso i cosiddetti “cantastorie" aziendali) e manager (Warner Bros, così come dichiarato dalla CEO Ann Sarnoff, nel 2019 ha modificato il suo brand mantra). Si può spaziare da storie semplici o banali a storie semi-serie e di intrattenimento, sino alle storie istruttive per cui si è giunti a distinguere il serious-storytelling, per narrare in contesti seri e non di “puro” intrattenimento come l’e-learning.  Le storie possono essere ampie, ricche e avvincenti, il cui contenuto può variare in modo considerevole, ma un aspetto vale per tutte: sono inevitabilmente storie!

 

Tra le motivazioni per cui si affronta la narrazione (o storytelling), ossia l’ “azione del narrare e del raccontare”, se ne annoverano molteplici; dalle più classiche da cui il concetto stesso di narrazione si è sviluppato, come trasferire conoscenza tra generazioni e/o conservare il patrimonio culturale, a quelle più moderne come tenere desta l’attenzione, “ingaggiare” o intrattenere, emozionare, coinvolgere. Esiste una fiorente letteratura riguardante la narrativa delle opere lettararie, che accoglie al suo interno numerosi generi letterari che vanno dal poema alla fiaba, dal racconto alla novella. L’ “attualizzazione” delle sue forme più classiche ha comportato l’integrazione al testo di immagini (ad esempio, le novelle illustrate, esistenti da sempre!), foto, giochi, link, video e così via, rendendo ad esempio i libri di giochi dei gamebook cartacei o digitali, oppure divenendo testi raccontati e interpretati come gli audio-book (in fase di rivitalizzazione!) o trasmessi in podcast, ma anche libri ipertestuali, e-book interattivi e così via. 

 

In ambito teatrale, cinematografico o televisivo la narrazione si è tramutata in storytelling che, per ottenere risultati, così come esprime Vincent Gilligan - creatore della serie televisiva Breacking Bad, pluripremiata e considerata da molti la miglior serie di sempre nonché la più vista sulla piattaforma Netflix (se non l’avete ancora vista, fatelo!), necessita dello story-mapping, proprio perché: “Mapping the story: making things go boom”. In tal senso, prequel o sequel, divenuti ormai termini attualissimi, identificano il prima e l’anticipo o il dopo e il seguente di una storia-core mappata e a cui agganciarsi con possibili successo o insuccesso (es. El Camino di Gilligan).



Per lo story-mapping è centrale il concetto di struttura che, attraverso la sua sequenza, deve essere in grado di intrattenere e consentire che le persone riflettano sulle esperienze di vita proprie e di altri (sense making), preservino e ne siano coinvolte sino alla condivisione.

Si è passati da un background spiccatamente verbale e orale ad uno in continua evoluzione, attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie e diversi tipi di media; la lettura si è trasformata, così come la visione o la fruizione di un gioco o di un video, determinando una fruizione sempre più frammentata, ominicanale, multimediale, coinvolgente e partecipativa.

 

La storia resta, lo storytelling anche, purché abbia una struttura!

Branded Content Entertainment e Video-Branding

Anna Vitiello, OBE Insight Hub Director-OBE ACADEMY Director e Alessandro Arbore, Direttore del Knowledge Group Marketing & Sales di SDA Bocconi ci raccontano...

Anna Vitiello, ormai ospite habituée da noi di SDA Bocconi, da alcuni anni svolge per conto di OBE - Osservatorio Branded Entertainement una interessantissima ricerca, che nel 2019 si è stata realizzata attraverso 10.000 interviste e analizzando 170 video branded content digitali differenti. Oltre ad un significativo risultato overall, sintetizzabile negli indicatori di performance connessi a content index e brand index - necessariamente da combinarsi tra loro per decretare il successo del Branded Content Entertainemnt (solo il 43% dei video analizzati si è posizionato nel quadrante con performance positiva per entrambi gli indicatori) – altre evidenze ci sono utili per proseguire nel ragionamento sin qui avviato. 

  1. Per fare branded entertainment è necessario passare da una logica di advertising a una di entertainment, dal concetto di target a quello più evoluto e complesso di pubblico o audience;
  2. la storia è l’elemento imprescindibile perché senza storia non c’è branded entertainment;
  3. il brand non può essere una comparsa ma deve sapersi raccontare in modo coerente con il contesto e l’audience, tenendo sempre bene a mente che ogni storia deve riservare delle sorprese;
  4. bisogna rispettare i tempi: la durata del video, per quanto molto rilevante, non ha un minutaggio ottimale o discriminante della buona riuscita del video;
  5. non esiste la durata ideale, i tempi li guida la storia che, oltre a generare una reazione di gradimento, deve stimolare ed emozionare l’audience cercando di attivare un processo di condivisione: il primo passo per trasformare lo spettatore in un ambassador del brand sviluppando così la viralità.

 

E, a proposito di “viralità”...

 

Vi rimando al video, seppur una pillola, realizzato da Alessandro Arbore, Direttore del Knowledge Group Marketing & Sales ma soprattuto collega e riferimento costante per ciò che concerne le strategie di digital marketing, che sintetizza in meno di due minuti alcuni concetti centrali per finalizzare i video alla condivisione virale.

Cosa Rende Un video Virale

Amplificata dalle risonanze evocative di suono, segno, colori, infografiche, character, ritmo delle parole e così via, la storia diviene un collante di tutti gli elmenti per offrire un risultato che non è la semplice somma delle parti, ma è molto più grande. 

La struttura necessaria per l'arco narrativo

Cito i più noti autori, ricercatori, scienziati o filosofi, che hanno inciso e continuano ad incidere nella costruzione di storie attraverso qualsiasi forma o mezzo.

Essi esprimono un modo per sviluppare una narrazione che emozioni e coinvolga, conducendo all’azione – in senso lato - con partecipazione e condivisione.

 

La struttura classica, tamplate o schema, divenuta universale, nonostante in molti cerchino di discostarsene (noti film-maker e registi rifiutano categoricamente tale struttura, per poi ricaderci inevitabilmente!), fa capo a Aristotele (384 - 322 a.C.). Secondo il filosofo qualsiasi narrazione o storia possiede una struttura ed una sequenza, sia essa tragedia, dramma, prosa o opera teatrale - a cui aggiungerei, manifestazione radiofonica, cinematografica, video, presentazione ecc. – e deve indurre a azione-reazione attraverso a) un inizio (atto primo o introduzione), b) una parte centrale (atto secondo o confronto) e c) una fine (atto terzo o risoluzione), con possibilità di deviazione lungo il percorso.

Nel 1863, Gustav Freytag, scrittore e drammaturgo tedesco, analizzando i drammi dell'antiva Grecia, creò l’arco narrativo o drammatico rappresentandolo con la forma di una piramide (per l’appunto la Piramide di Freytag). Secondo lo scrittore in ogni storia si può assistere ad un crescendo del tono drammatico, che arriva ad un suo culmine (la punta della piramide) o climax per poi attenuarsi sino a svanire con lo “scioglimento”. Il climax, quale culmine dell’emozione, è frutto di una progressiva "salita" in termini di crescente intensità delle problematiche emerse e precedentemente descritte che raggiunge un culmine (espediente teso ad accrescere il pathos) - attraverso la scrittura o le immagini  - necessario al pubblico per ottenerne una crescente adesione-partecipazione.

Nel 1949 Joseph Campbell, uno dei più grandi studiosi di mitologia, portò a compimento gli studi intrapresi da alcuni antropologi, e arrivò a teorizzare l’intreccio narrativo archetipico, il ciclo che compone il tessuto di ogni mito: il viaggio dell’eroe. Secondo Campbell, tale viaggio è uno schema comune e circolare sotteso a moltissime storie sin dai tempi antichi, la cui struttura, basata su modelli archetipici, è capace di entrare in una risonanza intima e profonda con ciascun individuo. Il contesto e lo stato iniziale dell’eroe è il mondo ordinario o status quo (da cui proviene); da qui l’individuo può essere chiamato a partire per un viaggio avventuroso attraverso il quale, anche grazie all’aiuto di altri personaggi, abbandona la vita ordinaria entrando e discendendo in un mondo nuovo, sconosciuto, periglioso e straordinario. Esso è il reame dell’ignoto (psicologico e/o materiale), speciale, denominato green world, da cui passare per poi poter fare ritorno alla normalità e “liberi di vivere”. Per Campbell, rifacendosi principalmente alle concezioni psicoanalitiche di Jung, l’Eroe abbandona il mondo normale per avventurarsi in un mondo soprannaturale (e meraviglioso) che, da un punto di vista psicologico, rappresenta l’aspetto magico e sognante del mondo straordinario delle caverne sommerse e recondite dell’Io, da cui scaturiscono per l’appunto i sogni. Infatti, per abbandonare il vecchio sistema ordinario e sicuro, occorre agire nel profondo, in cui sovnte il pensiero razionale non si avventura, ma le emozioni sì. Queste ultime sono le uniche in grado di attuare una reale trasformazione e mutare le percezioni.

Sequenza, arco narrativo, story-mapping e story-board: tutto per la struttura!

E' con l'esempio della gallina che vorrei chiudere, ponendo questo semplice quesito: “perché la gallina attraversa la strada?”.

E’ una domanda che ha una ovvia, naturale e razionale risposta: “perché deve andare dall’altra parte!”. La narrazione visuale proviene da un libro per bambini, che mi ha particolarmente divertito e “ingaggiato”.

 

L’inizio della storia vede la gallina pronta ad attraversare la strada, con un camion in arrivo.

 

L’attraversamento della strada da parte della gallina rappresenta la storia e, come tale, può avere diverse strutture, può dispiegarsi in un arco narrativo più o meno lungo e differente, può essere narrata attraverso uno story-mapping e uno story-board con una specifica sequenza e con un conseguente storytelling diverso.

  1. L'attraversamento può essere magico, con l’impiego di un palloncino che sorprende e permette di prendere il volo e schivare il camion in arrivo (1. Magic Chicken è il titolo);
  2. L'attraversamento può essere deleterio/mortale perché causa la morte della gallina, ma anche perché privo di vera e propria azione da parte della gallina (2. Dead Chicken come titolo);
  3. L'attraversamento può essere “tosto” in quanto non solo la gallina è il promotore di un’azione (personaggio centrale della storia), ma anche l’eroe, il “salvatore” quale chioccia dei suoi pulcini (3. Tought Chicken è il titolo).



Le tre diverse visualizzazioni illustrano le alternative di una narrazione, fatta di sequenze, strutture, story-mapping e story-board. Esiste una successione di avvenimenti legati tra loro da rapporti di causa ed effetto, che avvengono in un determinato tempo e in un determinato luogo a specifici personaggi che, con la loro azione (o non-azione), contribuiscono allo sviluppo dell’arco narrativo.

Non è video branding, non è branded content, non è branded content entarteinement, non c'è un brand, ma c'è una gallina! Non è per banalizzare, anzi...

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