
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 5 mag 2025
- 6 giorni
- Class
- Italiano
Progettare strategie di marketing efficaci integrando l'approccio tradizionale e quello digital per valorizzare e personalizzare l'esperienza del cliente.
Molti di coloro che non hanno mai sentito parlare di personal branding, self-branding o marca personale - ammetto, difficile attualmente non essere mai “inciampati” in tali termini o concetti! - o, comunque, che non hanno mai consapevolmente “praticato tale strumento” (che poi proprio strumento non è!), come per alcuni degli esempi riportati, avranno però più volte dichiarato o ascoltato - in uno o più contesti professionali o sociali - l’importanza del "metterci la mia faccia"; intendendo con tale espressione, la propria competenza, le proprie capacità, l’autorevolezza, la credibilità, la reputazione personale, sino a giungere alla fiducia (da non compromettere!). Bene, questo è un modo un po’ edulcorato di esprimersi da personal brand!
E’ altresì vero che negli ultimi anni si ravvisa come un numero crescente di persone, amici, manager, capi, imprenditori, professionisti avvertono la “smania” di esserci, essere visibili, insomma: farsi vedere a tutti i costi, con una corsa affannosa verso una visibilità mediatica e sociale, non sempre così efficace, produttiva ed effettivamente agente su autorevolezza, reputazione e fiducia. Occorre precisare che se “farlo” e, quindi, “essere visibili” (non cadendo nell’eccesso) richiede molta attenzione ed equilibrio, “ammettere di farlo” o, ancor di più, “avere la piena consapevolezza” di agire come un personal brand è una attitudine complessa, che sovente deve vincere la riluttanza e le barriere psicologiche nel pensare a se stessi come un brand. Alcuni possiedono un talento innato per il personal branding pur non essendone pienamente consapevoli, altri attuano un piano, una strategia consapevolmente volta alla propria marca personale. Attenzione però, non è la semplice visibilità, o la vanità, o lo stile a rendere un individuo un personal brand, ma è anche questo. Importanza assumono sia la prima impressione – studiata dall’impression management – che sovente genera e sedimenta i suoi effetti non solo nel breve termine e nel semplice momento, sia la credibilità, la reputazione e il trust, certamente di più lungo termine, da cui la necessità di manutenzione, costanza e coerenza nel tempo. Insomma, certo non un lavoro da poco e non una semplice “moda” passeggera.
Il personal branding esiste da sempre, seppur non denominato in questo modo. Se ne ravvisano tracce negli studi sulla retorica, svolta e applicata da attori e politici, e già negli anni ’60, Levy e Kotler – maestri della disciplina del marketing - ne inserivano la rilevanza del concetto nella valorizzazione delle capacità personali per il management del marketing all’interno delle imprese e per le negoziazioni commerciali con la clientela (personal selling). La notorietà, in termini di pratica e approccio rivolto al sé, giunge con un articolo di Tom Peters, del 1997, dal titolo "A Brand Called You", nella rivista famosa, avanguardista e appena lanciata: Fast Company. In tale articolo l’autore sosteneva che chiunque, indipendentemente dall’ambito professionale, è principalmente un imprenditore di se stesso, CEO della "me corporation".
L'importanza del personal branding è stata accentuata dalla trasformazione digitale delle attività attualmente in corso. Lo sviluppo dei social media ha portato nuove sfide e opportunità per il personal branding; il passaggio dalla comunicazione tradizionale alla social communication ha permesso prossimità, pervasività, interazione sino ad una crescente personalizzazione attraverso scambio e co-creazione, raggiungendo pubblici più ampi e frammentati con piattaforme come LinkedIn, Facebook, IG e Twitter e trasferendo maggiori informazioni su se stessi di natura professionale o personale. Pensate ai Talk, alle Chat, alle interview e ai meeting di questi ultimi tempi: proprio tutti necessari? D'altronde se non avessimo visto, incontrato o ascoltato i tanti e diversi personal brand effettivi o in-nuce, forse ci saremmo sentiti abbandonati, senza capacità di interazione e di co-creazione, etc. etc. etc.
Ho incontrato, analizzato, studiato e raccolto delle personal-case-history, alcune delle quali accolte all’interno del testo “Personal Branding” in uscita in questi giorni. Gli ambiti professionali sono i più variegati: medici (Nicola Sorrentino), professori universitari (Maurizio Dallocchio), influencer (Ryan), giornalisti (Arianna Huffington), celebrity (Madonna), giocatori (CR7, Chiesa), artisti (Paolo Troilo), ballerini (Roberto Bolle), fotografi (Massimo Sestini), Youtuber (Markiplier), D-J (Federico Russo), CEO (David Solomon di Goldman Shacs), imprenditori (Andrea Illy, Enrico Loccioni, Pasquale Natuzzi, Steve Jobs), così come le abilità e le capacità di estendersi verso business sempre nuovi da soli o in team (Monty-Marco Montemagno; Kardashian Family). Ad essi ne potremmo aggiungere tanti altri, noti e meno noti cui ormai la letteratura scientifica si è dedicata: Pablo Picasso, Andy Wharol, David Beckham, Labron James, CR7, Lady Gaga, e potrei continuare ad infinito.
Da ognuno di loro ho imparato e interpretato la multiforme e sfaccettata natura del personal branding. Occorre però precisare che il personal branding non riguarda solo la comunicazione e non può essere ravvisata quale mera “pratica” di marketing. Il viaggio per il personal branding è lungo e tortuoso. Combina discipline molto diverse e complesse: da sociologia, psicologia, comportamento organizzativo, leadership e tecnologia a marketing, comunicazione, branding, digital e social media management. Ed è proprio la multidimensionalità del personal branding che deve guidare verso un approccio che possa accoglierne sia le diverse prospettive sia le insite potenziali attività, in funzione di diversi obiettivi e degli specifici risultati raggiungibili o raggiunti (KPI).
Il personal branding va quindi inteso come “un processo strategico di creazione, sviluppo, mantenimento e consolidamento di un'impressione positiva e del posizionamento di se stessi, basandosi su una combinazione unica di caratteristiche individuali e professionali (personal brand identity), in grado di segnalare una promessa di marca autentica (personal brand mantra e authenticity) per un pubblico di destinatari (user-personas) attraverso una personal brand value proposition declinata in componenti identificativi (personal brand element), espressivi (storyteller e storytelling) e diffusivi (transmedia storytelling), differenzianti e determinanti di un immaginario unico, distintivo e misurabile (KPI) con i risultati desiderati e pianificati” (Ostillio 2020). L'avventura del Personal Branding è un viaggio impegnativo ed emozionante alla scoperta di sé stessi e di un nuovo modo di rappresentarsi. Una riprogettazione della propria immagine nell'universo dei rapporti personali e professionali. Un percorso che porta a pensarsi come un "brand", una marca capace di veicolare contenuti, emozioni e valori, raggiungendo specifici segmenti di pubblico con approcci e comportamenti consapevoli ed efficaci. Un passaggio da una semplice expertise tecnica a capacità manageriali più ampie per gestire il proprio ruolo e la propria unicità.
Con il regista-maestro Pupi Avati abbiamo condiviso il palco (giusto a parole…e utilizzando il paradosso che a me piace tanto!!), un paio di anni fa, durante un incontro dedicato al personal branding e rivolto a una folta platea di professionisti/private-banker, dichiarando all’unisono che: "E' necessario andare alla ricerca del proprio talento, perché ognuno di noi è un'eccezione, è un prescelto. Si devono mantenere le proprie peculiarità…Non bisogna mai adattarsi a ciò che non coincide con i propri sogni. La vulnerabilità non è un limite dell'essere umano, ma una qualità importantissima, per questo nel relazionarsi con gli altri si deve partire dalle debolezze Mai comunicare cosa si fa, ma perché lo si fa. E’ più profondo e aiuta nella promessa e nei KPI”.
Per questo il personal brand è l'unico elemento totalmente inimitabile.