Branded World

Influencer, chi è il più… Marketing …del reame?

Il percorso avviato con “blogger e blogging” e la distinzione tracciata - in chiusura del pezzo precedente - tra blogger, influencer e creator, rende naturale rivolgere l’attenzione verso l’influencer. Un termine, quest’ultimo, che ha visto di recente la sua ascesa nella letteratura di marketing e su cui non vogliamo addentrarci in questa sede, e tantomeno ci preme considerarlo quale “personal brand”, benché lo sia a tutti gli effetti!

 

Partendo però dall’influencer è utile considerare l’Influencer Marketing, oggetto di una continua e rapida evoluzione, in generale descritto quale “attività o insieme di attività svolte da un influencer, in grado di influenzare le scelte di acquisto dei consumatori” (Brown e Hayes, 2008) e, più in specifico, riferito a coloro che, possedendo un proprio seguito (follower, per l’esattezza!) sui media digitali, siano in grado di diffondere, in modo consonante, la marca e la sua promessa.

 

Per chi avesse voglia di approfondire il tema - scoprendone ruolo, personal brand o “Homo Influencer” e collocandolo all’interno del ben più ampio “Influencer Marketing”, afferente a marketing e comunicazione digital e/o social - due libri, tra i tanti degli ultimi anni, potrebbero certamente contribuire. Scoprirne infatti significato, evoluzione, potenzialità, capacità trasformativa e adattiva, modalità gestionali e valutative, mercati e approcci può senz’altro aprire un varco, rafforzarne o affinarne gli utilizzi, al di là di semplici mode, consuetudini, logiche sostitutive tra media o inevitabili “inflazioni” nell’impiego dello strumento.

Sinteticamente…

All’interno dell’Influencer Marketing rientrano quindi gli influencer, intesi come individui o “chiunque abbia una audience, anche piccola, che può condizionare” (cfr. Blog Vincos, dal pezzo su #branded world), influenzare le preferenze di marca, le decisioni di acquisto e la fedeltà di una ampia o limitata audience. Tra gli influencer si possono annoverare celebrità, personaggi pubblici, creatori di YouTube/Instagram/TikTok e “pensatori”/esperti/opinion leader, ma anche dipendenti, quali brand ambassador o brand champion volti ad accrescere l’advocacy nell’employer brand.

 

L'influencer marketing, applicabile nel B2C o nel B2B, attiva gli influencer per scopi di branding tramite media diversi (paid, owned, earned) o su canali personali e sviluppati dagli stessi influencer, la cui comunicazione prende forma attraverso post o storie sui social media, foto, video digitali e post di blog. Pertanto, l’Influencer Marketing può rappresentare una ulteriore (e per alcuni “nuova”) opportunità per il branding, all'interno dei social media e delle iniziative di marca e di comunicazione, più in generale. Similmente a ciò che tempo addietro è accaduto per altre modalità, come ad esempio le sponsorizzazioni, è necessario partire dagli obiettivi che la marca si pone - che non necessariamente afferiscono esclusivamente al reach/copertura e raggiungimento di un’ampia base di follower - e considerare le modalità gestionali dell’ “influencing” connesse a scelta, digitalizzazione e data analysis, integrazione nella comunicazione e misurazione dei risultati strettamente collegati alle specificità di target, influencer e sue comunicazioni “autentiche”, media impiegati o impiegabili sia da quest’ultimo sia dal brand medesimo.

…Evolutivamente…

Di fatto, il tempo, l’utilizzo, le ricerche e gli studi (accademici e non) sull’Influencer Marketing ne hanno dischiuso un ruolo di crescente rilievo nel marketing e nella comunicazione, nell’internet marketing e nella digital e social communication, “consacrandolo” ad una presenza stabile e ad un’adozione costante nelle strategie di marca. Numerose le ricerche che identificano tra i trend dell’Influencer Marketing ciò che attiene all’influencer “fisico” (la persona in carne ed ossa!) o “virtuale” (gli “avatar”).

 

Ad evidenza, le previsioni per il 2022, sul mercato statunitense, evidenziano come il 75% dei decisori (marketer, come denominati in Usa) utilizzerà gli influencer per (forse sarebbe più appropriato “attingerà da”) le campagne di comunicazione, con un aumento di circa 5 punti percentuali rispetto al 2021 e con un valore stimato pari a 4,14 miliardi di dollari (ben poca cosa rispetto ai quasi 240 miliardi di dollari destinati gli investimenti in digital communication stimati per il 2022!). La crescita dell’influencer marketing è stata tracciata sino al 2025.

…e con qualche mito da sfatare

Possiamo affermare che all’inziale mancanza di regole (es. “comunicazione spontanea e autentica” versus “comunicazione sponsorizzata”) dovuta all'innovatività dello strumento, nonché la  dispercezione e la dissonanza percettiva (es. riguardo ai “facili ed elevati guadagni”) connesse a velocità di sviluppo e alla crescente disinformazione sullo strumento o sui medesimi influencer, si sono andate affermando regolamentazione, criteri e modalità implementative sempre più raffinate e manageriali.

 

E, nonostante il Wall Street Journal abbia recentemente pubblicato una classifica di Forbes in cui sono stati confrontati i redditi dei principali top manager e delle principali influencer di TikTok (le cosiddette “stars”), di cui vengono evidenziati anche il numero dei follower…

 

… una prima domanda riveste rilevanza nel branding...

 

a) Ma i follower “valgono” ancora?

Tradizionalmente, Influencer Marketing è stato associato all’impiego (ed ha significato l'utilizzo) di un influencer che, attraverso i social media, avesse (o fosse in grado di raggiungere) un ampio seguito. Attualmente, benché esistano opinioni divergenti sulla numerosità dei follower “necessari” per poter essere attribuiti alle diverse categorie/tipologie, si suole distinguere tra:

 

  1. Mega-Influencer: da 1 milione di follower in su,
  2. Macro-Influencer: oltre i 100.000 follower,
  3. Micro-Influencer: con 10.000 follower,
  4. Nano-Influencer: da 500 a 10.000 follower.

 

In tal senso, però, il rifermento è esclusivamente alla follower-base (che, purtroppo, in molteplici casi è stata catalogata come falsa, gonfiata e quindi non reale!) che non necessariamente corrisponde all’efficacia raggiunta o raggiungibile dall’influencer sul target nonché alla relativa capacità di avvicinamento, relazione o “conversione” (verificata attraverso analisi necessarie!) verso il brand. Nel post-Covid, i brand sembrerebbero aver indirizzato maggiormente le loro scelte verso nano e micro-influencer, seguendo un approccio più strategico allo strumento. Alcuni casi hanno infatti evidenziato come siano risultati più efficaci i Nano-Influencer (esperti e sempre meno generalisti) rivolti a target più specifici e “di nicchia” (30% di conversion) versus i Macro-Influencer (con un tasso di conversione pari al 3%).

 

Una seconda domanda è strettamente connessa ad apprezzamenti, attitudini, comportamenti e impieghi dell’Influencer Marketing da parte delle differenti generazioni.

 

b) Ma l’Influencer Marketing ha successo solo per le generazioni più giovani?

Pensando ai “nativi digitali” - o a coloro per cui il “social-first” è sempre stato una chiara dichiarazione di intenti, espressione di modalità di “vivere” la rete, i social e il mobile - vengono immediatamente in mente le giovani generazioni e l’influencer marketing quale strumento esclusivamente adatto a loro.

 

In realtà, le generazioni più agée, attualmente, trascorrono sempre più tempo sui social media, “spostando” le loro abitudini verso lettura di contenuti, acquisti online, servizi di consegna, abbonamenti e/o  sottoscrizioni a piattaforme o servizi specifici. Divengono così target rilevati di marca verso cui indirizzarsi attraverso “Grandfluencer” o “Influencer-anziani”, spesso di oltre settanta anni, ovvero "Boomers-Influencer”.

 

 

Interessante capire chi sono e come operano…con la prossima puntata.

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