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Dupe Economy, Dupe culture o semplicemente Dupe?

E' un po' che si sente parlare di “dupe”, ma basta parlarne? oppure, forse, proprio parlarne rischia di far evolvere ulteriormente il fenomeno! Ed è un bene o un male?

 

Ad ogni modo, proprio in questi giorni (inutile dirlo ai fashion addicted, ma anche a coloro che sono interessati a brand, marketing, IP, etc.) la notizia della denuncia - già avvenuta il 14 febbraio, ma resa “europea” dal tribunale francese - mossa dal brand LV a Steve Madden, rende quanto mai attuale il tema.

 

La rilevanza del tema e degli accadimenti connessi al dupe ...sono ormai assodati, anche perché, come spesso accade, trovare affiancati all’argomento-core o alla parola-chiave altri termini come "culture" o "economy" - nel nostro caso: dupe culture e dupe economy (!) - evidenzia come l'argomento in questione abbia assunto un ruolo nell’attuale contesto sociale (e di consumo) e, quindi, conseguentemente, all’interno dell’economia di un paese inserito, a sua volta, in un mondo sempre più connesso!

Partiamo dalla contraffazione...ma solo con pochi cenni, vista la vastità dell’argomento!

La contraffazione: un network quanto mai complesso

La contraffazione è un problema complesso con effetti di vasta portata, che presenta sfide multiformi considerandone gli impatti economici, sociali e sanitari, i meccanismi sottostanti e facilitanti per la creazione e le strategie necessarie per combattere questo problema diffuso. Giusto per citare alcuni tra essi importanti nel  brand management: norme e quadri giuridici che sono essenziali per perseguire i falsari e difendere i diritti di coloro che possiedono la proprietà intellettuale; la scienza politica volta a dirimere questioni su accordi commerciali globali, promulgare leggi sulla proprietà intellettuale e responsabilità dei governi nel fermare il commercio di beni contraffatti; gli scienziati sociali che devono studiare e affrontare le problematiche connesse agli effetti dei beni contraffatti sulle persone. In generale, la contraffazione è definita come l'atto di copiare attributi e caratteristiche di un prodotto/servizio esistente per crearne uno nuovo con l'intenzione di renderlo indistinguibile dall'originale (Eisend, Schuchert-Güler, 2006), possedendo un elevato livello di somiglianza con gli originali (da cui: replica, copia o contraffazione) e venendo utilizzato in una varietà di contesti (paesi, tipologia di settori, mercati, etc.). I prodotti - appositamente progettati per assomigliare ad altri, reali, all’interno dell’offerta realizzata da un brand noto (cd. beni contraffatti nel mondo dei marchi e dei brand) - benché “falsi” sono creati per essere "indistinguibili dall'originale" in termini di design, branding, caratteristiche, package, imballaggio etc. allo scopo di ingannare i clienti. Tali prodotti, generalmente venduti a un prezzo inferiore rispetto al prodotto originale, “spaziano” all’interno delle diverse classi merceologiche: software, libri, farmaci, abbigliamento e accessori di lusso e non, elettronica di consumo, beni di largo consumo, fragranze, etc.

 

La contraffazione comporta l’atto di replicare, copiare e immettere sul mercato in modo non autorizzato beni/servizi “intellettuali”, protetti da copyright, per scopi commerciali, raggiungendo i clienti in modo ingannevole o non ingannevole (quando i consumatori sono consapevoli che i beni che acquistano sono contraffatti). I titolari di copyright e marchi espletano il “diritto legale” di impedire copie, vendite o distribuzioni illegali della proprietà intellettuale, proteggendo quindi sia i soggetti-titolari (proprietari di marchi, creatori di contenuti, etc) da copie e imitazioni che possano danneggiare i loro interessi, sia i clienti che potrebbero essere tratti in inganno. La maggior parte dei consumatori non distingue tra contraffazione, pirateria e imitazione e usa il termine contraffazione in senso lato, per etichettare ciò che in generale viola la proprietà intellettuale (copyright, brevetti o marchi). Al di là di ciò, nella prospettiva “del consumatore” e del “marketing” è interessante delineare il “consumo di contraffazione non ingannevole”, al cui interno i consumatori assumono il ruolo di quasi-collaboratori dei contraffattori o, semplicemente, acquirenti-consapevoli dei beni contraffatti!

Dupe Economy: l’ampio mercato della contraffazione

A livello globale, secondo alcuni dati sulla contraffazione e sul commercio internazionale, si è stimato che il commercio totale di beni contraffatti nel 2023 abbia raggiunto i 1.023 trilioni di dollari (dati OCSE) pari al 3,3% sul commercio globale del medesimo anno. L’attività economica totale “movimentata” dalla contraffazione (vale a dire il costo per marchi e produttori) è stata nel 2022 di 1,1 trilioni di dollari, con una conseguente perdita di 174 miliardi di dollari di entrate fiscali sulle vendite a livello mondiale e un impatto stimato pari a 5,4 milioni di posti di lavoro (Frontier Economics, 2024; Studio Corsearch, 2024). Ciò significa non solo un'enorme perdita di fatturato per le imprese e per le entrate fiscali dei governi (EUIPO, 2023), ma anche la perdita di posti di lavoro nei settori “oggetto di contraffazione”. Pertanto, la contraffazione oltre a minacciare la proprietà intellettuale (IP) e provocare una perdita di fatturato – anche limitando la capacità di un produttore o di un marchio di applicare prezzi equi, minandone la competitività – può arrecare un effetto lesivo sulla reputazione di marca, riducendo la fiducia dei clienti, mettendo a rischio la sicurezza dei consumatori con la contraffazione di prodotti e leve commerciali (es. comunicazione) a fronte di clienti non in grado di distinguere tra prodotti, contenuti e/o comunicazioni originali e contraffatte. Inoltre, le merci contraffatte sono diventate un'attività redditizia grazie all'ascesa del web e dello shopping online, tanto da consentire ai contraffattori di approfittare dei consumatori (inconsapevoli) e di “confondersi” con altre attività commerciali legittime.

 

 

Dupe & Dupe Culture: tutti pazzi per il Dupe!

"Dupe" non ha una definizione univoca perché viene utilizzato in modo diverso a seconda delle specifiche situazioni. Come forma abbreviata di "duplicato", che significa letteralmente "una copia", il sostantivo è in circolazione dai primi anni del 1900. "Dupe" ha anche un'altra denotazione, non irrilevante per questa discussione: si riferisce a una persona che è stata ingannata, una "vittima di inganno". A differenza di beni/servizi fake o contraffatti, i dupe non replicano nomi, loghi o dettagli registrati, il che significa che sono legali e non violano le leggi sul copyright o sulla proprietà intellettuale, tranne che per i prodotti in possesso di brevetto (proprietà, anch’essa, di natura intellettuale), e si teme che il relativo sviluppo stia contribuendo all'accettazione culturale verso tali proposte/copie. Nel fast fashion, ormai da tempo, retailer come Asos, Zara e Shein soddisfano diligentemente l'appetito dei consumatori per i dupe, sfornando copie a basso prezzo di prodotti di marchi di fascia alta molto velocemente; alcune catene grocery, come Walmart e Aldi, adottano pratiche simili con copycat tra le private lable; nelle farmacie è possibile acquistare i farmaci generici rivenduti al loro interno per legge. Tutti sono dupe, benché differentemente denominati!

 

La cultura dupe nel suo "momentum" ha invaso e continua ad invadere i mercati.

 

1. L'uso del termine è aumentato drasticamente negli ultimi anni; a dimostrazione, le ricerche su Google per "dupe" sono aumentate del 40% dal 2021 al 2022; su TikTok, l'hashtag #dupe ha totalizzato 6,3 miliardi di visualizzazioni solo nel 2023. Le ricerche di parole chiave per "dupe" combinate con un brand o un nome di prodotto sono salite significativamente sulle piattaforme di social media e sui siti di vendita al dettaglio come Amazon, eBay e Temu. Diverse fonti confermano la rapida ascesa del termine: i dati di ricerca su Google rilevati da NielsenIQ evidenziano come le ricerche online per "dupe + cura della pelle" sono aumentate del 123,5% in un solo anno; le riviste di moda e intrattenimento attribuiscono il titolo "dupes" alle rubriche dei prodotti consigliati, differentemente dal passato, prima che il termine "dupe" diventasse di moda!

 

2. Aziende e Brand. Whole Foods e Walmart hanno usato "dupe" sia nelle pubblicità, adottando toni ironici, sia rispetto ai prodotti (il TikTok ufficiale di Whole Foods ha pubblicato un video #DupeAlert sugli "snack dupe" contenente versioni biologiche e senza glutine di Oreo, Coca-Cola e Cheez-It; la dupe della Birkin di Walmart, alias la Wirkin, con prezzo pari ad una frazione del modello originale di Hermes (!) è andata esaurita quasi immediatamente); Lululemon ha “sfruttato” il dupe e la sua presenza online con 9 milioni di follower a proprio vantaggio (un TikTok-er aveva pubblicato un un video su dupe dell’abbigliamento sportivo del brand, reperibile su Amazon, che ha totalizzato oltre 1,5 milioni di visualizzazioni sino a maggio 2023; allora con l'hashtag #lululemondupe e “un cumulo” di oltre 180 milioni di visualizzazioni su TikTok, il brand ha organizzato il suo evento "dupe swap", offrendo l'opportunità di scambiare leggings falsi con quelli veri); il brand di deodoranti per ambienti Glade (ha lanciato il suo “rilevatore di duplicati”, in cui gli utenti sono invitati a caricare una foto di una candela preferita, in modo che l’app possa consigliare un prodotto Glade con una fragranza simile e sostitutiva). Dossier, che vende dupe di profumi firmati e vanta una crescita del 10.342% in soli tre anni, evita del tutto di dire "dupe", affidandosi invece molto al termine "impressioni" per descrivere le loro fragranze simili al profuno. Un portavoce spiega che "[n]on è perché siamo imbarazzati per quello che stiamo facendo. Per niente. Ne siamo molto orgogliosi... Temevamo piuttosto che potesse avere una connotazione negativa e, cosa più importante, volevamo essere conosciuti per l'alta qualità".

 

3. Dupe-influencer e Tik Tok. Molti blogger e influencer hanno iniziato a usare il termine "dupe" per descrivere articoli di qualità simile agli articoli di marca, ma con prezzi decisamente minori, accrescendo la fiducia dei consumatori nei confronti di tali beni/servizi “via” il mezzo e il social utilizzato. Nel 2021, TikTok lancia TikTok Shop, con funzionalità di acquisto in-app e ricevendo una commissione del cinque percento da tutte le vendite effettuate per suo tramite. Attraverso questi contenuti, gli influencer fanno sì che determinati prodotti diventino virali con una viralità pronta a plasmare gli atteggiamenti dei consumatori/follower, spingendoli così a ricercare e acquistare i duplicati in volumi elevati. Gli influencer hanno creato un seguito enorme promuovendo raccomandazioni di prodotti dupe e “ispirando” gli acquisti dei follower in ogni categoria di prodotti e…quando un contenuto afferente al duplicato diventa virale, le vendite ne beneficiano sino al completo esaurimento. Le attività degli influencer, con un seguito sui social media, divengono: condivisione di link, recensioni dei prodotti dupe, presentazioni, demo e confronto con i prodotti cui si è ispirato”/a, anche attraverso video virali su TikTok corredati da hashtag e sue mutazioni (doupe, doup, doop, anche vocali), accumulando miliardi di visualizzazioni, commenti, like …e monetizzazioni! Insomma, sono gli influencer a essere costantemente accreditati, o in alternativa incolpati, per l'ascesa fulminea della cultura dupe. Alcuni hanno costruito il loro brand personale come esperti di dupe, raggiungendo centinaia di migliaia di follower e promuovendo raccomandazioni dupe in tutte le categorie di prodotti.

 

4. I consumatori, in particolare, appartenenti a Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2013) e Millennial (nati tra il 1981 e il 1996), rappresentano il gruppo di giovani più propenso ad acquistare imitazioni, tanto che il 47% degli intervistati (YPulse, 2023) sul mercato statunitense, nella fascia d’età 13 - 39 anni, ha dichiarato di aver acquistato un falso e non semplicemente perché non poteva permettersi l'originale. Il 71% della Gen Z e il 67% dei Millennial hanno affermato di acquistare “a volte o sempre” i dupe, evidenziando come - laddove le generazioni più anziane acquistavano clandestinamente i dupe sperando di spacciarli per originali - i giovani cacciatori di occasioni evitano il gatekeeping e condividono con orgoglio le loro scoperte con amici e follower. Per queste generazioni è facile trovare suggerimenti e trucchi per ricercare le migliori occasioni, poiché in genere trascorrono più tempo sui social media; sono clienti disposti ad acquistare consapevolmente i prodotti copiati, principalmente perché più economici ed anche quale semplice affare, su cui intrattenersi e conversare online e sulle community con gli influencer o con gli amici. Questi giovani-consumatori attribuiscono peso anche all’approvazione ottenuta o ottenibile dagli influencer, riconoscendo (e alcune volte esplicitando) a tale ruolo un “impatto profondo” sulle intenzioni di acquisto o quale “influenzatore” e stimolo alla domanda per i prodotti dupe. Coloro che sono alla ricerca di autenticità riconoscono a influencer, canali e comunità on line rilevanza quali fonti informative primarie (canali di distribuzione, social shop, mercati rionali, etc.) e di comunicazione (interpersonale e digitale) fondamentale per “accompagnarli” nel processo di identificazione dupe-consumatore. Ad esempio, anche nel Regno Unito, con l'aumento dei costi dei prodotti di bellezza e per la cura della persona e la crescente consapevolezza sviluppata dai consumatori - circa ingredienti naturali, prodotti multifunzionali e formulazioni dei dupe - le copie stanno guadagnando popolarità, consentendo di stare al passo con le tendenze e di concedersi qualche “sfizio” senza dover pagare un prezzo troppo elevato. I dupe permettono scelte più sostenibili e attente alla salute anche perché sospinti dalla crescente popolarità degli influencer di TikTok che rimodellano il panorama della bellezza e stimolando le vendite di prodotti "eroici". Secondo il Digital Consumer Survey di Euromonitor International per il 2024, il 43% dei consumatori globali ha effettuato acquisti di questi dupe attraverso il live streaming. E la piattaforma emerge come importante canale di e-commerce, basandosi sulla sua posizione originale di fonte di ispirazione.

E per finire...Killing the dupe?

Alcuni fattori, per converso, incidono “negativamente” su velocità di immissione sul mercato e raggiungimento dei consumatori e la produzione di beni non necessariamente dupe, anzi contraffatti; tra essi: globalizzazione e ascesa dell'e-commerce in mercati online, che forniscono ai contraffattori una piattaforma vasta e spesso anonima per raggiungere i consumatori in tutto il mondo; possibilità di operare liberamente dovunque, anche con un enorme volume di transazioni provenienti da paesi-grandi-contraffattori (es. Cina), attraverso proprio i social - ma non necessariamente - canale di vendita fondamentale per i beni dupe; i progressi nelle tecnologie di produzione e stampa che hanno reso più facile e veloce l'attività dei "falsari" o, ancora peggio, dei contraffattori. Produrre falsi non è mai stato così facile! I prodotti assomigliano o coincidono esattamente con gli autentici (imballaggi, pack, etc..); la notevole accuratezza, la dimensione del fenomeno e la sua velocità di diffusione mettono a dura prova consumatori e aziende/brand, rendendo difficile - se non impossibile - distinguere tra articoli falsi e autentici e, ancora peggio, contraffatti o dupe. A questo scopo le aziende possono sfruttare tecnologie avanzate per proteggere i propri prodotti con misure di anticontraffazione come ologrammi, filigrane, tag di identificazione a radiofrequenza (RFID), tecnologia blockchain quale supporto per creare catene di fornitura sicure e verificabili. A ciò si affiancano tecnologie che fornitori diversi forniscono quali soluzioni per check e protezione di prodotti e marchi registrati, salvaguardando i consumatori e la loro fiducia nei brand, prevenendo confusione e frodi attraverso l’utilizzo dell'intelligenza artificiale e tecnologie di apprendimento automatico. Nel caso dei dupe, le tecnologie devono essere in grado di identificare somiglianze tra prodotti originali ed eventuali duplicati.

Un nome per tutti, che in termini di branding...dice tutto, è quello di Deloitte: Dupe Killer!

 

Che dire: un...semplice Dupe!

 

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