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DROP E LIMITED EDITION: STRATEGIE PER CULT-BRAND

DROP E LIMITED EDITION: STRUMENTI DI MODA O STRATEGIE PER I CULT-BRAND?

Che domandona!

Un motivo è stato scardinante nel voler condividere questa riflessione. La scorsa settimana un panettiere alla cassa, al momento del pagamento, osservando i prodotti acquistati, mi ha posto una domanda molto puntuale: “Signora, come è venuta a conoscenza della nostra nuova limited edition?” Non vi nascondo la sorpresa.

A ciò aggiungerei le immancabili e insistenti sollecitazioni dei giovani studenti a poter approfondire l’argomento nonché l’attesa di più di diciotto ore, da un mercoledì pomeriggio al primo pomeriggio del giovedì successivo, in un caldo agosto a Los Angeles, cui si sono sottoposti i miei figli, nel 2012, per potersi aggiudicare il nuovo bucket-hut di Supreme della stagione fall-winter. Il cappello insieme ad altri pochi nuovi prodotti erano stati comunicati attraverso sneak-pick o look-book (preview con alcuni hint) del lunedì sui social ritraenti skater, rapper, o celebrity “semplici” testimonial del brand o che avevano collaborato alla creazione dei prodotti (collaboration). Il negozio, vuoto e chiuso per circa un mese, invitava con un advice sulla vetrina o con gli annunci sui social ad attendere la riapertura per le collezioni della stagione a venire. Il negozio avrebbe avuto una minima rifornitura: solo alcuni pezzi per quel giovedì, cui farne seguire altri per i giovedì successivi. Strategia, quest’ultima, denominata “drop”.

 

Ma cosa è il drop?

Uno specifico programma che prevede di non “rilasciare” (lanciare)  la/le collezione/i in un’unica volta e soluzione, ma di inserire nei negozi (oppure online) un numero limitato e controllato di prodotti (da 10 a 15  per  volta) – parte dell’intera collezione della stagione - con drop settimanali, mensili  (nel caso di Supreme, ogni giovedì alle 11 am, ora di New York). In questo modo si mantiene sempre alto l’hype e l’attesa, con le immancabili code fuori dagli store. Infatti, i drop oltre a generare un continuo hype -alimentato con comunicazioni  transmediali, generalmente stravaganti, sensazionali ed eccessive - incoraggiano i clienti a essere sempre aggiornati, arrivando così a creare una sorta di rituale.

Ma cosa è una limited edition?

Limited edition è un’offerta limitata proposta da un brand, di cui non si prevede alcuna replica.

Limited edition (LE) è una delle tecnica di sales promotion e pertanto apparentemente “poco nobile o nobilitante” denominandola per quello che è, soprattutto osservando l’impiego fattone da alcune marche per accrescerne prestigio e esclusività.

Le limited edition sono sorte all’interno dei contesti grocery, retail, fortemente utilizzate per i beni durevoli (ad esempio, l’automotive) o l’editoria, si sono poi ampiamente diffuse in ambito musicale e discografico, raggiungendo poi il fashion-system e lo streetwear, dominato quest’ultimo da quei tratti caratterizzanti mutuati dalla strada e dalla cultura pop.

La limited-edition deve essere percepita come davvero diversa sia dai prodotti dello stesso brand, sia dalle alternative dei competitor, la sua innovatività riveste quindi un ruolo chiave.

All’interno delle limited edition se ne ritrovano alcune che agiscono sulla cosiddetta LQS o Limited Quantity Scarcity, esclusiva e selettiva, che si concentra su una particolare variante di un articolo o un numero limitato di esemplari della collezione affinché solo un numero predefinito di persone possano possederlo/i. Ma oltre a essere limitate nella quantità, solitamente le limited edition presentano anche una limitazione temporale: la LTS o Limited Time Scarcity. Tale limite fa percepire i prodotti come più appetibili e desiderabili e incrementa il valore dell’esperienza poiché una volta mancata l’occasione non saranno mai più disponibili. Benché la limitazione temporale sia una caratteristica comune alle edizioni limitate, non tutti i brand enfatizzano tale aspetto. Solitamente infatti viene dato per scontato, poiché una limitazione nella quantità comporta anche una limitazione temporale; infatti, lo scopo è di incoraggiare i consumatori ad “aggiudicarsi” il/i prodotto/i in un periodo di tempo limitato, per generare il massimo dell’attenzione (e dei ricavi!) durante tale periodo. E’ naturale che una volta terminate le scorte i prodotti non siano più disponibili.

Ciò che spinge i cult-brand ad offrire prodotti in limited edition e attraverso i drop, è far percepire tali prodotti come esclusivi e non "per tutti" (la massa), speciali e unici in quanto portatori di un forte punto di vista all’interno di culture o sub-culture – in alcuni casi tribù - affatto particolari, nonché generatori di una profonda sensazione di appartenenza ad una élite o un gruppo speciale per coloro che li possiedono.

Ma non solo l’esclusività e la scarsità di un bene ne incrementano il desiderio; quest’ultimo aumenta ancora di più qualora si sia in grado di creare una corsa alla ricerca dell’oggetto in un particolare momento e con uno specifico rituale.

I cult-brand lanciano prodotti non convenzionali, accendono gli entusiasmi di pochi agendo sull’immaginazione attraverso messaggi esclusivi, rendono applicabili rituali volti alla ricerca di prodotti di cui si potrebbe anche fare a meno ma che si desidera ardentemente aggiudicarsi, collezionare, toccare, vedere, scambiare e, in alcuni casi, rivendere.

Apple, grazie alla carica emozionale creata attraverso una accurata strategia di cult-brand continua a portare centinaia di persone ad accamparsi fuori dagli store per avere l’ultimo modello appena lanciato.

Stessa situazione per Supreme e i suoi “drop”: ogni settimana centinaia di ragazzi a NYC il giovedì mattina fanno ore di coda per entrare nel negozio e riuscire ad aggiudicarsi il capo in edizione limitata.

Questi brand lo fanno ormai da anni, per questo sono cult.

 

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