Branded World

Quando si dice “Prodotto”. Amarcord: Lorenzo Greco (Ottava e Ultima Puntata)

Non poteva mancare con questo Amarcord #8 Lorenzo Greco, oggi Global Senior Merchandising Manager Off White, ma con una storyline che descrive a fondo il “quando si dice prodotto”!!

 

Lorenzo, non più di quattro giorni fa, è stato ospite al MiMeC – Master in Marketing e Comunicazione -della nostra Università, con l’intento di spiegare ai nostri studenti la sua professione di merchandising, fortemente focalizzata sul prodotto e sul significato che l’analisi di quest’ultimo, incastonato all’interno di una gerarchia e di una strategia volta alla brand equity, contribuisca a crescita e sviluppo di linea, gamma e corporate. Certo…osservandone sistema, gerarchia!

 

Partiamo da lui…e poi spaziamo!

Amarcord #8: Lorenzo Greco

Classe 1990, pugliese (non è certo solo per questo che ne parlo!) che ha fatto di Milano la sua città. Laurea Specialistica in Marketing Management nel 2015 con una tesi dal titolo: "Il riposizionamento del brand Max Mara: prospettive future”. Ogniqualvolta penso a Lorenzo mi viene in mente Madame e #101801 (a proposito di prodotto!! A breve ne riparliamo!). Il suo lavoro lo ricordo molto bene! La natura empirica lo portò a misurare il "grado di lusso" del brand italiano, attraverso l'utilizzo del Brand Luxury Index (Vigneron, Johnson 1999; 2004) nonché valutandone situazione, opportunità e défaillances in un'ottica di trading-up, e riuscendo così ad interpretare le strategie attuate dal brand MaxMara per il riposizionamento tramite la rivitalizzazione della sua brand image e l’impiego dei suoi prodotti e del relativo portafoglio, con focus sul mercato italiano. La scelta del brand non fu “casuale”, infatti è proprio all’interno di MMFG – Max Mara Fashion Group – che Lorenzo (da Wholesale Merchandiser) ha imparato ed ha iniziato ad alimentare la sua passione per il “fashion system”, le analisi di prodotto, collezioni/linee, portafoglio prodotti, brand, cliente, etc…

 

Lorenzo, da sempre appassionato di fashion, per dodici anni ha avuto cuore, mente e attività creativo-analitica dedicate alla moda, passando per aziende/brand diversi (YOOX NET-A-PORTER GROUP, Moncler, GCDS e, oggi, Off-White), affinando, perfezionando, adattando costantemente tecniche e strumenti necessari allo svolgimento della sua “amata” professione anche grazie ad esperienze trasversali e cross canale.

 

Nello spiegare la sua attività, ha sempre dichiarato: “…ho imparato che per capire bene un brand e un’azienda è necessario dedicarsi con cura ed attenzione alla sua essenza ossia il prodotto, quello che si fa oggi e quello fatto sin dagli albori. Certo, se ne può ampliare la sua portata (sub-brand, linee e gerarchie distributive) ma sempre con estrema dedizione e attraverso un lavoro lento ed oculato, operatività, scambio con tutte le funzioni coinvolte (e dico tutte!) e tanta analisi”

Prodotto (e brand) nel portafoglio prodotti

Una breve premessa che, come sempre, non quale schema unico e precostituito, ma esemplificativo della “ramificazione” che dal prodotto può condurre a brand e ad impresa.

 

La crescente complessità e la frammentazione dei mercati rendono assai difficile standardizzare le condotte competitive e, riflettendo sul prodotto, ciò sembrerebbe evidenziarsi a ragione di cicli di vita che tendono ad accorciarsi e ad essere sempre più brevi (basti pensare alla moda e al fast fashion!), di imprese sempre più impegnate nella ricerca continua di nuove fonti di vantaggi sostenibili e orientate a crescenti percorsi di innovazione e sviluppo attraverso strategie di portafoglio che facciano leva su prodotti, brand o corporate-brand consolidati e con un posizionamento definito per accrescere, ad esempio, le probabilità di successo di un nuovo prodotto.

 

Il vantaggio generato (e generabile) dal prodotto è una condizione necessaria, ma non sufficiente al successo. La probabilità che quest’ultimo venga raggiunto dipende da tanti e numerosi fattori, tra cui: la gestione sinergica e coerente (la consistency…tanto anelata!) tra tante e numerose decisioni attenenti a: marketing mix, product mix e brand mix, mercato obiettivo (clienti attuali e potenziali, sistema competitivo, categoria di riferimento, stadio del ciclo di vita di prodotto, etc.) e relative strategie perseguite (ingresso in nuovi mercati, sviluppo, consolidamento, etc.). Del resto, un nuovo prodotto o una sua nuova variante commercializzate “sotto l’ombrello” di una marca, di una linea di prodotto già esistenti ne acquisirebbe implicitamente il posizionamento, svolgendo - in tali casi - marca o linea l’importante funzione di traino, contenendo costi e investimenti e, al tempo stesso, rappresentando per i consumatori un elemento di garanzia tale da frenare lo spostamento di preferenze verso i prodotti concorrenti.

 

Da ciò la necessità di soffermarsi sul significato assunto da gamma prodotti, linea di prodotto e categoria, considerandone la gerarchia ad esse sottese e che attengono tanto ai prodotti e al product mix quanto ai brand e al brand mix, benché il nostro focus sia il prodotto…ma si sa quanto prodotto e brand siano tra loro strettamente legati! La varietà di possibilità del legame segue da vicino una sorta di “sviluppo fisiologico tipico” assunto da un’azienda nel tempo e nel suo percorso di sviluppo; si potrebbe infatti immaginare che dapprima vengano commercializzati uno o pochi prodotti – sovente tra loro complementari e frutto dell’idea imprenditoriale iniziale – a cui, in seguito, se ne possano affiancare progressivamente altri, fino a realizzare un assortimento ampio e articolato. L’estensione di linee e la penetrazione in nuove categorie merceologiche è una scelta strategica diffusa, motivata dalla ricerca di nuove opportunità di crescita. È possibile che un’azienda decida dunque di utilizzare un unico brand da apporre su tutti i suoi prodotti, ma è altrettanto probabile e possibile che con l’arricchirsi dell’offerta dei prodotti si creino nuove marche o nuove linee destinate a presidiare una specifica categoria merceologica o specifici target di consumatori.

A ciò aiutano le considerazioni attinenti a gerarchia di prodotto.

Gamma e gerarchia di prodotto

Partendo dalla base del triangolo proposto, per facilità descrittiva (non certo strategica!!), è possibile sviluppare alcune considerazioni.

 

La Categoria rappresenta la “macro-aggregazione” adottata dall’impresa in funzione della strategia perseguita. Non esiste un “unico” criterio valido in assoluto, ogni azienda determina le categorie in base agli obiettivi di mercato e alle sue strategie specifiche connesse a processi produttivi, combinazioni prodotto/mercato, mercati di sbocco, prodotti in portafoglio e così via. Basti pensare a Procter & Gamble ed alla suddivisione delle sue 5 unità di business o a L’Oreal che ha definito le sue categorie in base ai canali distributivi collocando al suo interno i diversi brand e le relative linee di prodotto più o meno estese in funzione del target di mercato.

 

La Gamma prodotti è l’assortimento complessivo, la totalità dei prodotti offerti all’interno della categoria o sub-categoria identificata (es. street-weare, ready-to-weare); tale determinante della “gerarchia del prodotto” è strettamente collegata alla linee e al numero delle linee, tanto che gli elementi decisionali ed analitici (indicatori e misure) afferiscono alle strategie di ampiezza (numero delle linee di prodotto presenti nella gamma) e profondità (numero totale dei prodotti in assortimento) anche denominata lunghezza della gamma, da cui deriva la profondità/lunghezza media (numero dei prodotti/numero delle linee), spesso base di confronto competitivo.

 

La Linea di prodotto è formata da un gruppo di prodotti strettamente correlati, caratterizzati da affinità (es. stessi gruppi di consumatori: linea uomo, donna, bambino; stesso impiego/utilizzo: mare, montagna, tempo libero/relax; stesso tipo di canale: retail, wholesaler, GDO, etc., stesso intervallo di prezzo: range di prezzo o “punto” prezzo; etc.), solitamente contraddistinta da un proprio brand o da un sub-brand ovvero impiegando un endorser brand (es. Emiliane di Barilla, con i suoi diversi formati di pasta all’uovo, alcuni dei quali condivisi con quelli di pasta di semola, da sub-brand di Barilla è divenuto anch’esso un brand come Al Bronzo, I Classici, Integrali, Legumi etc. con un forte endorser in Barilla). Anche per la linea assume rilevanza l’indicatore e la misura relativa alla profondità (o lunghezza) della linea derivante dal numero di prodotti che la compongono.

 

Il Prodotto - modello, singolo articolo - rappresenta il livello minimo su cui possono essere assunte le  decisioni; esso è l’unità elementare della gamma da cui discende la variante, la SKU. Tale variante dell'assortimento è inserita in una linea che segue il modo in cui l’azienda intende organizzare i suoi prodotti.

 

La cd. line extension fa riferimento all’aggiunta di nuovi modelli, nuove varianti, nuovi articoli che attraverso la SKU “aggiunta” possa allungarsi per nuove opportunità di mercato, innovare, sviluppare/rispondere alla competizione, sfruttare competenze, capacità, specializzazioni e/o eliminare o aggiungere/rafforzare nuovi ingredienti (Coca Cola da Classica a Light, Zero, Caffeine-free, Double-Caffeine) e sia, conseguentemente, in grado di generare nuovi posizionamenti con strategie di differenziazione e di “allungamento” della linea verso l’alto o verso il basso in termini di qualità, prezzo, design/stile, anche attraverso l’uso di descriptor di prodotto (“premium”, “oro”, “light”, “low” etc.) ovvero attuare strategie di flankering per “molteplicare” modalità di utilizzo dei prodotti e/o segmentare il mercato in termini comportamentali, di benefici ricercati e di occasioni d’uso (es. il brand Moretti di Heineken, un gruppo con un portafoglio di marca già profondo, che attraverso nuove varianti di prodotto ha costruito linee diverse tra loro come le originali, le speciali, le regionali, le raddler).

 

Partiamo dal prodotto e…sogniamo con Lorenzo e Max Mara

Il cappotto 101801 – il capospalla Madame - è uno dei simboli di spicco di Max Mara Fashion Group (MMFG), che nasce negli anni ’80. Il cappotto doppiopetto, disegnato da Anne Marie Beretta nel 1981, con maniche a kimono in misto lana cashmere, è - da allora - il capo Max Mara più conosciuto al mondo, un'icona, sopravvissuto a tutte le mode, un oggetto di design moderno e attuale, un best-seller proposto in ogni collezione invernale senza alcuna modifica. Come ha spiegato la creatrice, “Madame nasce dalla ricerca di un equilibrio tra tessuto, forma, colore e lavorazione” con l’obiettivo è raggiungere la perfezione. Il cappotto 101801 è divenuto espressione dell’eccellenza e del design italiano, integrando “innovazione e tradizione” e “creatività e qualità”. Esso è realizzato in beaver di lana e cashmere, in una calda tonalità cammello, è composto da 18 pezzi per creare un capo alto 120 centimetri e dal peso di 1.5 chilogrammi. La confezione richiede ben 73 passaggi e 245 minuti, ma c'è un piccolissimo dettaglio che permette di riconoscerlo a colpo d'occhio: la tipica cucitura della sartoria maschile, “il Puntino”, realizzata industrialmente per ilo capospalla femminile. Infatti, la principale caratteristica distintiva del cappotto è proprio quella cucitura che Achille Maramotti ebbe l'intuizione di trasferire dai completi sartoriali da uomo a un prodotto per un pubblico femminile. L'azienda del gruppo deputata a rappresentare questa eccellenza Made in Italy nella produzione del capospalla femminile è lo stabilimento Manifattura di S. Maurizio.

 

Per analizzare e studiare qualitativamente e quantitativamente la creazione del valore del singolo prodotto all’interno della categoria ready-to-weare e in base a esperienza di merchandiser e importanti analisi delle vendite e della redditività pre, during e post sales, 3 risultano gli elementi fondamentali del DNA di un singolo capo: modello, materiali e colore.

 

Come conferma Lorenzo Greco: “il MODELLO è strettamente legato al primissimo stadio creativo, la “tela bianca” sulla quale immaginare svariate possibilità di MATERIALI e lavorazioni (2 livello, ndr) ed infine COLORE, ultimo strato di definizione strategica e creativa che tanto fa del successo di un singolo capo, fino a renderlo un’icona e un business driver, proprio come il cammello per Max Mara”. Del resto, “…osservando gli anni recenti nel mercato della moda, il rapporto tra colori e brand hanno reso particolarmente rilevante tale relazione, tanto da rendere il colore una leva di brand management a volte rendendo property del brand un colore specifico in pochissimo tempo (es. Bottega Veneta con il suo Verde o Piccioli x Valentino con il suo particolarissimo Pink PP) o con una sedimentazione ben più lunga e duratura (es. di fianco a brand storici e timeless come l’arancione di Hermès).”

 

Infine, proprio partendo dal modello inteso quale tela bianca, “…gli esempi riguardanti la gerarchia di prodotto nei comparti del fashion possono essere innumerevoli, molto variegati e diversi tra loro, perché sebbene non visibili al consumatore finale, appartengono alla quotidianità non solo del design e del merchandising ma di tutti i dipartimenti di un’intera azienda di moda…finance compreso!”

 

Insomma, tante le variazioni sul tema “cappotto cammello”, ossia tante le varianti e gli articoli che possono “gemmare” dal prodotto, modificandone anche uno solo dei tre elementi che lo caratterizzano. Lo stesso che accade nel variare la grammatura, il peso, la dimensione, il formato, l’inserimento di un ingrediente particolare…rendendo sempre più il prodotto alla base del brand in quanto frutto di un lavoro di squadra per creare, come in questo caso un capospalla mitico, Made in Italy, anzi Made in Reggio Emilia.

 

Viva le icone con il "giusto" punto valore!

Alla prossima.

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