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- 4 mar 2025
- 40 ore
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- Italiano
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Il pezzo di oggi (leggero…si spera!) non vuole essere né di politica o di economia, tantomeno trattare di politica economica o economia politica, o demografia! Vorrei solo riprendere un concetto, quanto mai ampio, che recentemente mi ha interessato: diaspora, per noi, italiana (dall’incontro annuale di Cernobbio: "Valorizzare il potere della diaspora italiana globale", 2023); un termine e un fenomeno che di tanto in tanto riappare e che ormai, da secoli, interessa il mondo e ci coinvolge direttamente.
Diasporà dal punto di vista etimologico deriva dal greco la cui traduzione indica ‘dispersione’; ricercandone il significato, se ne ritrova una comune indicazione che aiuta a comprendere la rilevanza del tema: “la diaspora indica la dispersione in varie parti del mondo di un popolo che, volente o nolente, abbandona la sua sede di origine o la sua terra natia”. La diaspora per eccellenza riguarda la storia ebraica (dall’esilio dei tempi della cattività babilonese nel VI secolo a.C. alla distruzione di Gerusalemme del 135 d.C. e alla persecuzione sotto l’imperatore romano Adriano…ma non solo!). Proprio partendo dalla storia ebraica e avvicinandoci ai giorni nostri, la “diaspora” (ahinoi!) ci riporta verso significati, accezioni, associazioni e, conseguentemente, percezioni il più delle volte “non propriamente positive”.
Ma diaspora è un termine molto importante e serio, che ci interessa e ci ha interessato quotidianamente. Ed è un concetto che ci è molto vicino, che attesta quel dinamismo e quella mobilità che ormai è di casa in tutto il mondo, ed anche in Italia. Basti pensare a giovani o meno giovani, talenti o non necessariamente tali (bisogna intendersi su significato di talento!), appartenenti al popolo italiano (per origine, lingua, tradizioni religiose e culturali, istituzioni, leggi, ordinamenti comuni, con diritti acquisiti di cittadinanza) che si dirigono verso altre terre. Alcune annotazioni (e raccomandazioni alla lettura … se avete voglia e tempo!): a) il libro - insignito del premio Strega nel 2003 e divenuto film “Vita” della M.G. Mazzucco - bellissimo, che ho amato al punto di “consigliarlo” alla Signora Wanda Ferragamo, anni fa, affinché ritrovasse un pezzo della storia del “suo” Salvatore, emigrato in America!; cui si accompagna b) l’articolo del caro amico Umberto Laurenti, Vice Presidente Associazione Svegliamoci Italici, che proprio alcuni giorni fa ha realizzato una approfondita analisi riportata in un articolo il cui titolo dice già tutto: “Inglese lingua universale? Eppure c’è spazio per la lingua degli italici” https://ildomaniditalia.eu/inglese-lingua-universale-eppure-ce-spazio-per-la-lingua-degli-italici/ e che riporta a quanto non più tardi di due giorni fa mi riferiva un collega statunitense: “la lingua italiana, che non si impone ma si sceglie, è la quarta lingua più studiata - e usata - a livello mondiale”. E cosa dire della trasformazione di interi paesi in città fantasma in Italia? Quest’estate, la persona che ci accompagnava in un tour turistico ci raccontava che il suo piccolo paese, prospiciente il mare, durante la sua infanzia contava più di 1300 persone, adesso ne conta 9! A ciò si affianca la diaspora che affligge alcune zone nel mondo, per guerra, fame, etc. che hanno portato e portano migliaia di migranti a bussare alle nostre porte, per poter essere accolti.
Diaspora è un “fattore comune”.
Oggi si stima che la popolazione italiana conti circa 60 milioni di cittadini, di cui il 90% residenti nel territorio italiano. Ma oltre i 60 milioni di residenti, se guardassimo oltre il confine la comunità italiana assume numeriche affatto diverse, molto interessanti a seconda dei punti di vista!
Ed ecco rappresentate le grandi comunità composte da italiani, expatriate (come si suole descrivere oggi le persone che vivono all’estero per scelta) distinti da esiliati o deportati (sebbene anch’essi vivano all’estero) e italici, l’aggettivo che Piero Bassetti ha coniato, anni or sono, quando era presidente delle Camere di Commercio italiane all’estero, per definire la realtà di quel «mondo in italiano» che si incontra in ogni continente.
Di fatto, oltre all'aspetto quantitativo, va anche considerata la differente presenza geografica con cui si palesa la diaspora italiana: nelle Americhe (forse ritroviamo più Italiani in Sud America, a San Paolo o Buenos Aires) in Europa, in Africa, in Australia, evidenziandone il carattere globale e transnazionale - con persone ad alta mobilità - nonché le influenze reciproche connesse a culture, identità, integrazione, inclusione, evoluzione e gestione delle diverse collettività.
Sì, proprio come se fossero un mercato, anzi individuare i target con dei focus target da raggiungere (con brand community ad essi dedicate!)…spiegherebbe ciò che molte marche di differente tipologia: dalle Università ai beni di largo consumo, dalla moda al design e così via, stanno facendo nel mondo, a partire dall’Italia.
Ciascuno di noi avrà tantissimi esempi con cui dipingere i propri e gli altrui comportamenti all’interno della diaspora italiana. Ma come interpretarli?
Gli studi in materia di COO – Countruy of Origin (sì, perché è di questo che stiamo parlando!) hanno interpretato il ruolo dell’informazione sull’origine geografica (in specifico, del prodotto) secondo due prospettive: quella dell’effetto alone e quella dell’effetto sintesi. Nel primo caso, l’immagine del luogo è usata come sostituto dell’informazione: l’individuo, che non dispone di alcuna conoscenza diretta di ciò che deve valutare matura un giudizio sugli attributi rifacendosi all’immagine che possiede del Paese (es. Immagine del Paese (di origine) ➔ Convinzione sugli attributi e le caratteristiche (del prodotto)➔ Atteggiamento verso ciò che proviene dal Paese); diversamente, nel secondo caso, è l’accumularsi dell’esperienze e la familiarità rispetto a oggetti, prodotti, luoghi e marche che permette di sviluppare l’effetto sintesi nei confronti del Paese (es. Esperienze ➔ Convinzioni su attributi (dei prodotti )➔ Immagine del Paese di origine ➔ Atteggiamento da ciò che proviene da quel paese). La percezione della country image è influenzata non solo da componenti riferibili alle caratteristiche sociali, economiche, culturali e politiche del Paese, ma include anche connotazioni affettive, relative ai significati simbolici ed emozionali di tale Paese, ed anche normative, perché derivanti dal consenso/dissenso verso la politica, lo stile di vita o le azioni da esso poste in atto. Da aggiungere che alla formazione dell’immagine del Paese concorrono gli stereotipi (ossia i preconcetti radicati) diffusi a livello internazionale nei suoi confronti.
Con gli italici il perimetro della comunità nazionale si allarga notevolmente, riconoscendo il valore assunto da comunità di pensiero, di sentimenti, di destino non solo per nazionalità, ma per ibridazioni e contaminazioni linguistiche, gastronomiche, sportive, in cui il “made in Italy” non è soltanto un’etichetta, ma “il” modo per mantenere sempre vivi i legami.
Coloro che hanno l’Italia nel cuore ne riconoscono lo straordinario ed unico mix fatto di bellezze artistiche e naturali, tradizioni, creatività, food, fashion, design e, per dirla in una unica e sentita parola: autenticità.