Branded World

Branding per Start-up e Young/New Brand: MoMo (prima puntata)

Branding e start-up: un anello mancante?

Mettetevi comodi…l’argomento richiede un po’ più di spazio del solito! Ma vale la pena prendersi un po’ di minuti di lettura, in un mondo in cui – molti o pochi – sono imprenditori, creativi o, ancor meglio, sturtupper!

 

Esiste un “gap” tra Branding e Start-up. Probabilmente perché tale area di studio è ancora poco esplorata. Ricca la letteratura sulle start-up: sulle loro origini; sulle specificità della new/young entrepreneurship; sulle dimensioni "seminali" delle loro attività nei primi stadi di vita, definite da etichette quali pre-seed, micro-seed, seed, post-seed; sulla loro dinamica di cambiamento intensissima, cambiano business model alla velocità del corpo di un infante nei primi mesi di vita; e su tanto altro ancora (Institute of Entrepreneurship Development-IED). 

 

Davvero difficile invece trovare qualcosa sul marketing e ancora di più (diciamolo impossibile!) sul branding. E ciononostante, bisogna essere onesti, i loro brand-name – corporate o anche solo di prodotto- sono quasi sempre incomprensibili, spesso addirittura impronunciabili. Il che, per chi deve iniziare a farsi conoscere, nel B-t-C o nel B-t-B non rileva, non è proprio consigliabile.

 

E’ come se tali piccole e giovani imprese non riuscissero a esprimere il proprio fabbisogno di branding. Troppo spesso “trattato in modo semplificato e sbrigativo” o volto ad appagare l'ego dei fondatori e non a costituire il "seme" (quello si) del posizionamento di mercato e della comunicazione della nascente azienda. Peraltro, “creatività”, “innovazione” e “investimenti” sono notoriamente a rischio di riconoscimento e affermazione (memorizzazione) proprio da parte del mercato, anche per imprese e brand noti e affermati. Figurarsi per una impresa nascente.

 

Del resto, la specificità negli approcci al brand per le giovani imprese potrebbe risiedere proprio nella capacità di re-interpretare il brand building partendo per l’appunto dall’imprenditore per poi passare all’imprenditorialità (!), considerandone però le fasi principali che dalla brand creation conducono al brand management: a) brand vision e positioning, b) elementi identitari per significare il brand, c) piano di attività e iniziative di marketing, gestendo oggigiorno un numero crescente di canali per replicare l’effetto che aveva uno spot televisivo negli anni ’80 e ’90 e comunicando con un numero di tribù diverse affinché tutto ciò si traduca in qualcosa di più grande! L’“output” e il successo, dipendono certamente, e in larga misura, dal settore in cui la nuova impresa intende competere, ma anche da obiettivi e aspettative secondo la visione imprenditoriale.

 

 

Brand creation: imprenditorialità, imprenditore e start-up

Le piccole imprese ragionano in termini di imprenditorialità quale (Wennekers, Thurik 1999): manifesta capacità e volontà degli individui, da soli o in team, all'interno e all'esterno delle organizzazioni esistenti, di creare nuove opportunità economiche (nuovi prodotti, nuovi metodi di produzione, nuovi schemi organizzativi e nuove combinazioni prodotto-mercato) e di introdurre le proprie idee sul mercato, nonostante incertezza e altri ostacoli, prendendo decisioni su ubicazione, forma, impiego delle risorse, relazioni, etc.. Non desta quindi meraviglia lo stretto connubio tra imprenditorialità e imprenditore, riportando la prima immediatamente al secondo: l’“imprenditore”, che non è solo il creatore e attore principale delle idee imprenditoriali, ma è solitamente animato dalle grandi speranze per lo sviluppo, perseguendo il successo e designando il futuro dell’impresa. Del resto, il termine “entrepreneur” deriva dal verbo francese “entreprendre” che significa intraprendere, tentare, contrattare… avventura. E aggiungerei: non fermarsi mai!

Da ciò la riflessione su MoMo: brand giovane per i giovani.

Cosa motiva i giovani ad essere imprenditori, prima fase della brand creation

Simone Frulio, classe ’97, laureato presso l’Università Cattolica di Milano in Lingue, Comunicazione e Media, ha voluto proseguire il suo percorso di studio con un Master in Management del Broadcasting e dello Streaming, ricercando uno stage aziendale che gli consentisse di ottenere i crediti necessari per il suo anelato diploma. Marzo del 2020: era appena scoppiata la Pandemia. Periodo difficile per gli stage…cui si accompagnava la frustrazione derivante da alcune frequenti domande poste al giovane studente durante i colloqui, come: "mi potresti raccontare le precedenti esperienze professionali?... quanta e quale esperienza possiedi?". Difficile poter rispondere, visto che la richiesta di stage era per l’appunto finalizzata ad acquisire esperienza al termine del percorso di studio.

 

E’ proprio qui da ricercare la “reason why”, la visione, la scintilla (come la chiama Simone!): “la non esperienza…di lavoro.” Non avere esperienza di lavoro non vuol dire non avere esperienza di vita o conoscenze. Significa, invece, avere un proprio patrimonio personale senza aver sviluppato vincoli o legami, che spesso limitano la forza delle idee nuove. Ecco la scintilla che ha acceso la miccia: "Manca uno spazio in cui noi giovani possiamo effettivamente fare esperienza e mettere in pratica tutto quello che si è imparato a livello teorico nelle scuole e nelle università. Uno spazio in cui si può creare e sentirsi liberi di esprimere tutto ciò che si ha dentro".

 

Simone è oggi fondatore e direttore creativo della piccola impresa, del brand MoMo By Savigel: un progetto di abbigliamento fondato nel 2020, con il fine di riunire mani, testa e spirito di giovani creativi emergenti del panorama italiano, fornendo loro la possibilità di esprimere - a livello pratico - tutto ciò che avevano appreso a livello teorico. Per creare collezioni e capi unici, i giovani creativi dovevano possedere un unico requisito: non essere professionisti, ma solo giovani che avessero voglia di fare davvero. I giovani “da scoprire” di volta in volta e con cui collaborare, dovevano provenire dalle più diverse discipline per “poter agire” sui diversi progetti legati al settore prescelto: fotografi, stylist, modellisti, designer, graphic-designer, etc. MoMo doveva essere inteso come uno spazio, aperto ai giovani creativi alle prime armi, in cui fare esperienza insieme con strumenti e modalità molto diverse tra loro (es. incontri, brainstorming, masterclass, workshop…insomma uno scambio continuo!). Era fondamentale “portare avanti un progetto che andasse oltre il prodotto-moda”.

 

Focus-target i giovani con una chiara mission - che c'era e c'è tuttora dietro la marca: dare una possibilità ai giovani di emergere, facendolo per davvero e fornendo reali opportunità per essere con/per i giovani.

Cosa fanno i giovani imprenditori, seconda e terza fase: brand creation e brand management

Anche – ma non solo - l’analisi di anteriorità per la registrazione del marchio ha portato a scegliere la denominazione della strat-up MoMo By Savigel.

MoMo, bisillabico, facile da ricordare e pronunciare, che deriva dal fatto che “…da piccolo non riuscivo a pronunciare il mio nome e mi presentavo come Momo, Momo...” “…e poi, i bambini si buttano ingenuamente nelle cose e provano a fare di tutto…”  Un classico nome patronimico connotato dallo spirito fanciullesco che lo caratterizza. Eh sì, come un bambino (imprenditore!), Simone si è lanciato in questa avventura, riportandomi a quella ingenuità, innocenza, spesso incoscienza, voglia di sapere, esperire e fare…tipica dei bambini!

By Savigel, Savigel è il trade-mark dell'azienda familiare – a cui MoMo è legato quale “garante” ed endorser - che da oltre trent’anni si occupa di selezione e commercializzazione di articoli promozionali di varia natura. Il padre ne è fondatore e presidente. Proprio quest’ultimo, in “quel” periodo così critico, ha destinato un piccolo budget a Simone affinché sviluppasse la sua idea, allora embrionale. Le sue parole – da imprenditore (e padre!) - furono chiare: “…ci credi? Bene! Sappi che il rischio è tuo.”

 

Se da un lato ciò mi ha riportato a tante storie inerenti a molte “nuove” aziende divenute di successo come, ad esempio, Amazon.com e Jeff Bezos (non banale la scelta del brand name e la “richiesta” di budget al genitore!), dall’altro lato, proprio il “rischio” me ne ha ricordato alcune “rappresentazioni” di Roger Abravanel in due saggi vicini al tema giovani - Meritocrazia (2008) e Regole (2010). Tra le tante evidenze, quella relativa a come per i giovani fosse importante “cavarsela da soli, impegnarsi, cercare l’eccellenza, e magari fallire!” Proprio perché se uno non fallisce, non ha mai quel beneficio immenso di saper sopravvivere - con le proprie conoscenze, capacità e il patrimonio personale - al fallimento. “…. fallire è una cosa importante, un’esperienza fondamentale, perché se non rischi non saprai mai quanto vali veramente.”

 

Anche la scelta del logotipo ha consentito - oltre che la registrazione, con le necessarie analisi di anteriorità per il rispetto del Codice della proprietà industriale (C.p.i.) - di personalizzare e conferire un supplemento di identità a marca, progetto, prodotti, creando così le associazioni e le sensazioni in grado incidere sulla qualità percepita e sulla fedeltà di giovani-creativi e giovani clienti, anche attraverso comunicazioni e iniziative diverse che si facessero vedere online e “sfruttassero” il branding e il suo logotipo. Si doveva quindi “tradurre” la visione e il nome in un logotipo che avesse una forma leggibile con un font sobrio e giovane e possedesse riferimenti allo “street” (tanto di moda!) ma in modo leggero (i simil-puntini presenti nel logotipo).

 

L’unicità identitaria doveva essere ben riconoscibile per denominazione, rappresentazione grafica e colori da impiegare (il rosa è il colore di MoMo!).

 

Continuando con il branding…

 

 Le vendite della prima collezione (da settembre 2020) vengono “incanalate” principalmente attraverso l’e-commerce.

 

La comunicazione tutt’oggi è realizzata prevalentemente sui social media, in particolare Instagram e TikTok, con una centralità valoriale di sostenibilità (riciclo, riuso con creatività dei materiali) e inclusività (che parte proprio dai giovani, ma non solo). Inoltre, la moltiplicazione dei canali per raggiungere e parlare con i giovani costringe a osservarli come tribù, tante e diverse, all’interno delle quali “risiedono i giovani creativi”. Al contempo, se inserirsi in contesti di intrattenimento rivolti ai giovani diviene fondamentale, le scelte di branded content, che utilizzino televisione, serie tv, influencer, celebrity e così via, divengono i driver necessari.  Del resto, così come evidenziato nell’ultima edizione del Festival di Sanremo (o l’italiano Red carpet?)

 

Il progetto, che era partito come un'avventura amatoriale da quarantena, nel giro di pochi mesi inizia a concretizzarsi con la realizzazione creativa di capi unici per le celebrtity dei giovani, o che vogliono parlare ai giovani, oppure dal cuore giovane (che vogliono sentirsi e vestirsi da giovani!). I ragazzi di "Amici di Maria De Filippi”; le cantanti Elisa, Madame, Sangiovanni; i protagonisti della serie tv “Mare Fuori”; lo show-man Fiorello; volti della tv come Barbara d'Urso e tanti altri.

 

E come evidenziato da stylist e costumiste di alcune trasmissioni, durante le brevi interviste per cui ringrazio si conferma la coerenza del brand MoMo

 

Diverse le collaborazioni – progetti speciali – con limited edition, legate all’impronta valoriale della start-up, che si estrinseca nella scelta dei partner con cui collaborare (Es: LILT, Fondazione Veronesi, o, in scadenza prossimamente, Fondazione Santo Versace) e nelle modalità in cui si sviluppano queste ultime.

 

Non mancano i “classici eventi” di moda a cui è necessario essere presenti: dalla partecipazione a fiere, F&F (svendite friend & family), nonché l’organizzazione di momenti conviviali in cui presentare le collezioni ed il brand. Rigorosamente con visitatori, partecipanti e clienti giovani!!

 

 

MoMo: output per sviluppo e successo di imprenditore e brand.

L’imprenditore: non solo questione di “ego”. Nel 2021 è stato scelto da Beppe Sala come coordinatore del network tematico “Moda & Tendenze” per la città di Milano. Nel mese di marzo 2022 la rivista Forbes l’ha inserito tra i 100 migliori imprenditori italiani under 30 dell'anno. Quest’anno è stato selezionato tra i 30 membri del #TeamZ dalla rivista Millionaire. Inoltre, è stato eletto nel Consiglio Direttivo del Gruppo Giovani Imprenditori di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, che si affianca come mentor - grazie a Futurely - ai giovani futuri imprenditori che vogliono intraprendere la strada dell’imprenditorialità con giovani imprese e start-up. Infine, da gennaio 2023 il “come-back-home”, divenendo Docente Cultore di Storia e Linguaggi della Pubblicità presso l'Università Cattolica di Milano, proprio quella dove si è laureato.

 

L’azienda MoMo richiede anche un’organizzazione giovane, innovativa e …creativa (anche se questo dovrebbe valere per tutti i brand “dedicati” alla Gen-z!); da 2 (all’inizio) a 5 (oggi) le persone rigorosamente Under-30 che, oltre ad essersi “formati sul campo”, si dividono i compiti, come una vera e propria start-up (visione orizzontale, tutti fanno tutto!). Oltre a Simone, che si occupa della direzione creativa: dal prodotto, alla comunicazione, alle collaborazioni sino ai progetti speciali, Giada Loi è l’Head Designer, funzione-chiave che segue il design dei capi di MoMo fin dalla sua nascita. 

 

Dall’anno del suo lancio, il brand MoMo è riuscito a coinvolgere sui diversi progetti più di un centinaio di giovani creativi. La sperimentazione promessa dal brand per questi ultimi si va sempre più concretizzando. E’ di questi giorni un accordo con una fabbrica di Torino che, invece di buttare le giacche prodotte che hanno qualche difetto o vanno in sovrapproduzione, le donano alla giovane azienda al fine di “lavorarci sopra”, aggiungendo materiali d'archivio e realizzando particolari customizzazioni al fine di farle indossare alle celebrities.

 

Il “classicone” come riconoscimento! L’ultima collezione 2024 di MoMo è stata inserita tra le novità primavera-estate da Vogue Italia e Vanity Fair.

 

Crescita e sviluppo del brand. MoMo ha deciso di creare e applicare nuovi metodi di produzione e nuovi schemi organizzativi, portando una parte di produzione in-house e acquisendo alcuni macchinari per la stampa su abbigliamento, nonché sperimentando una nuova ricerca di materiali e metodi di stampa. Inoltre, si è sviluppato un maggiore orientamento al b2b divenendo “partner” di clienti che si affidano alla creatività di MoMo per sviluppare idee visive, design e anche per lo sviluppo creativo di prodotto (es. merchandising per alcuni artisti e streamer, concept grafici e di prodotto per multinazionali che intendono lavorare con giovani Under30).

Pertanto, la crescente specificità negli approcci al brand - re-interpretando il brand building, rispettando le fasi per la brand creation e valutandone l’output - ci permette di dire: niente di nuovo sotto il sole, purché ci si renda conto che diviene sempre più necessario il branding per Start-up e Young/New Brand.

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