Veronica Vecchi è da qualche settimana Professor of Practice presso SDA Bocconi, dove ha già percorso un significativo tratto della sua strada professionale, con le sue ricerche e l’attività di docenza nel campo del public management. E non solo: costante è stato il suo impegno a supporto di istituzioni pubbliche e private per favorire una nuova visione della partnership e un nuovo modo di essere partner.
Puoi essere definita la knowledge leader del PPP: partnership pubblico-privato. Puoi spiegare in breve perché è così importante, che cosa è cambiato e cosa deve cambiare in questo ambito?
Mi occupo di PPP da vent’anni e considerando che è sempre stato il fil rouge della mia attività di ricerca e formazione in Bocconi, allora forse la risposta è sì. In questi anni ho cercato di generare conoscenza e stimolare le istituzioni pubbliche e gli operatori economici, sia in Italia sia all’estero, a sviluppare un approccio collaborativo per affrontare le grandi sfide economico e sociali. Questa visione oggi sta emergendo in modo vivido per il conseguimento dei macro obiettivi di sviluppo globale, gli SDGs. Ormai tutti gli stakeholder sono consapevoli dell’importanza della collaborazione pubblico-privato a livello macro (di policy), meso (istituzionale) e micro (di progetto). Per scaricare a terra una reale collaborazione, servono però manager, nel pubblico e nel privato, che condividano gli stessi valori e un set di competenze utili a generare un valore condiviso. Il mio ultimo libro, “Public Private Collaboration. Converging towards public value generation” rappresenta il percolato di questa visione e il risultato di dieci anni di riflessioni. L’Osservatorio Masan sul procurement in sanità e InvestinIT Lab sugli investimenti a lungo termine, di cui sono direttore scientifico, nascono con l’obiettivo di creare questa convergenza. Credo quindi che SDA Bocconi abbia fatto davvero molto in questo senso e con un approccio unico, che dobbiamo portare avanti.
Sei stata e sei impegnata, sia a livello nazionale sia internazionale, sui temi dello sviluppo e degli investimenti pubblici. Quali sono a tuo avviso le principali urgenze su cui è importante concentrarsi, nel merito e nel metodo?
Il concetto di partnership può essere declinato in modo specifico agli investimenti pubblici, prevalentemente attraverso il modello delle concessioni. Si tratta di un modello utilizzato da decenni per le infrastrutture economiche, in cui gli investitori e operatori privati sono molto presenti, pensiamo all’energy. Tuttavia, sono modelli contrattuali complessi e in assenza di un regolatore o di un committente pubblico forte o quando è necessario definire meccanismi contrattuali e finanziari peculiari per il contesto o la tipologia dell’investimento, questi contratti non hanno portato i risultati sperati. E ne è scaturita una grande sfiducia, oggi difficile da superare. Sarebbe però sbagliato buttare via questi schemi, come ho recentemente scritto in un commentary per Public Works Policy and Management, una rivista scientifica americana. Infatti, non è la policy (cioè il PPP) a essere sbagliato ma è il modo in cui i contratti sono strutturati e gestiti. Di nuovo, servono più competenze e sensibilità diverse quando pubblico e privato vogliono lavorare assieme. Solo in questo modo si possono strutturare contratti nuovi, in grado di generare valore condiviso. Nel pubblico vi è spesso una grande avversione al rischio, e dominano competenze giuridico-amministrative, che raramente colgono la natura dei contratti di PPP, che è di tipo economico-finanziario (lo ha ricordato anche il Consiglio di Stato!).
Dal 2021 sei Presidente della Società Infrastrutture Milano-Cortina (SIMICO): che sfida è quella del 2026 per l’Italia? Sfida che si incrocia peraltro con i tempi di attuazione del PNRR.
Le Olimpiadi 2026 non sono una grande sfida solo in termini di realizzazione dell’evento ma dovranno essere Olimpiadi sostenibili. Guardando i Giochi dalla prospettiva di SIMICO si tratta quindi di realizzare gli investimenti di nostra competenza e di monitorare il piano complessivo degli investimenti con una grande opportunità: interiorizzare logiche di sostenibilità. Nulla di più bello per me. Sto lavorando, infatti, con l’Amministrazione Delegato e Commissario Luigi Sant’Andrea, peraltro alumnus del nostro master EMMAP, e alcune brillanti dirigenti della società, per mettere a punto un framework di value based procurement process che consentirà di interiorizzare obiettivi di valore per la società (finanziario, sociale, ambientale ed economico) nei modelli di gara, al fine di stimolare una maggior convergenza degli operatori economici su obiettivi di sviluppo sostenibile. Questo dovrebbe consentire di spingere al massimo la capacità del Piano di investimenti di generare valore, che misureremo attraverso il framework del Value for Society, che peraltro è il frutto di alcuni anni di ricerca fatta con il mio team qui in SDA Bocconi. Credo che queste logiche possano essere replicate su scala nazionale e internazionale. Sarebbe un grade risultato e mi piace pensare che l’obiettivo di SIMICO sia anche questo, ovvero essere “committente sofisticato”, per usare una delle espressioni che mi stanno a cuore, e mettere a punto nuovi modelli per un procurement più strategico e capace di conseguire il valore delineato dalle policy. Motivo per cui mi piace considerare questo un progetto di legacy immateriale dei Giochi olimpici, che può stimolare anche una diversa postura per la realizzazione degli investimenti PNRR. L’urgenza sui tempi non ci deve far perdere di vista la qualità degli investimenti, per la società. Le giuste competenze in campo possono fare la differenza.
SDA Bocconi School of Management