Lo sviluppo futuro parte dallo spazio

SDA Bocconi Insight - Scaffale - S. Di Pippo

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Nel giro di non molti anni, il valore complessivo delle attività spaziali a livello mondiale raggiungerà i 500 miliardi di dollari, e secondo alcune stime toccherà entro il 2030 i 640 miliardi. La space economy, intesa come l’insieme delle attività e dell’uso delle risorse spaziali che creano valore e benefici per l’umanità nel corso dell’esplorazione, comprensione, gestione e utilizzo dello spazio, avrà un impatto non solo sugli ambiti direttamente connessi, ma interesserà pressoché ogni aspetto della nostra vita sulla Terra.

A dirlo, e a scriverlo nel recente saggio Space Economy. La nuova frontiera dello sviluppo edito da Egea, è Simonetta Di Pippo, astrofisica di fama internazionale – è stata direttrice dello Human Spaceflight presso l’Agenzia spaziale europea, direttrice dell’Observation of the Universe presso l’Agenzia spaziale italiana, direttrice dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico con sede a Vienna - da qualche mese direttrice del SEE Lab di SDA Bocconi.

Abbiamo contattato l’autrice, impegnata nelle scorse settimane in un tour di presentazioni del libro che l’hanno portata a Roma, Milano, Trieste, Rimini, per farci raccontare qualcosa di più del suo ultimo lavoro.

La Nasa ha di recente annunciato il lancio di Artemis 1, la missione senza equipaggio apripista per il ritorno sulla Luna. Negli ultimi anni, lo spazio è tornato a essere attrattivo non solo per superpotenze come Stati Uniti e Cina, ma anche per diversi soggetti privati. A che cosa si deve questo rinnovato interesse? E quali vantaggi ci si attende dall’esplorazione spaziale?

L’interesse per lo spazio non è mai scemato. L’attrattività crescente si riscontra e si estrinseca grazie a un approccio sistematico all’esplorazione del sistema solare, di cui la missione Artemis 1 è la punta dell’iceberg. Lo spazio, oggi, e l’esplorazione in particolare, data l’importanza che riveste in termini di ricadute e benefici sulla Terra, va preservato come bene comune. Con circa 90 Paesi che hanno avuto almeno un satellite in orbita, le tecnologie sempre più fruibili, e un ritorno alla Luna in cooperazione internazionale, possiamo parlare di «democratizzazione dello spazio».  

Quali prevede possano essere le implicazioni geopolitiche legate alla riscoperta dello spazio?

Lo scorso 5 ottobre abbiamo assistito al lancio della missione Crew5, a bordo di una capsula Dragon e un razzo Falcon9 prodotti dalla Space X di Elon Musk, con a bordo un equipaggio di 4 astronauti alla volta della stazione spaziale internazionale. Due americani, un giapponese, e una russa. Non è che l’ultimo esempio di una collaborazione internazionale nello spazio che supera i limiti e le differenze di posizione sulla Terra. Se applicassimo lo stesso approccio al ritorno alla Luna, dove non ci sono (ancora) confini, potremmo considerarla come un laboratorio per la pace.

Nel libro lei introduce il concetto di «nuova space economy» in opposizione al vecchio paradigma in voga fino a pochi anni fa. Quali sono le principali caratteristiche di questo nuovo approccio allo spazio? E quali le principali differenze con il passato?

La space economy è data dall’insieme del settore spaziale propriamente detto e del suo indotto, ovvero il valore prodotto e il beneficio derivati dall’utilizzo sociale del dato e della infrastruttura spaziale. Assistiamo a una maggiore attitudine al commerciale, e al fiorire di idee, progetti, prodotti e servizi a un ritmo mai registrato prima. Per andare al punto, oggi la space economy funge da spina dorsale, da volano per uno sviluppo accelerato e sostenibile su scala globale, anche grazie all’entrata in scena di attori pubblici e privati sempre più numerosi. La nostra società è ormai spaziale.

Un capitolo del suo libro è dedicato al tema della sostenibilità della space economy. Quali sono i principali rischi in tal senso? E quali strategie devono essere adottate per limitarli?

La sostenibilità a lungo termine delle attività e dell’ambiente spaziali è il perno intorno al quale ruota la possibilità per la space economy di fiorire come auspichiamo. Le orbite, soprattutto quelle tra 300 e 1000 km sopra le nostre teste, sono congestionate e piene di detriti. Ripulire le orbite ed evitare collisioni diviene quindi obbligatorio su scala globale, così come coordinare il traffico alla stregua di quanto si fa nel settore dell’aviazione. Per mantenere un uso pacifico dello spazio, senza limitare la libertà di accesso, la ricetta è sempre la stessa: diplomazia e collaborazione.

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