Vigilanza 2.0: cos’è e come funziona il “Minority Report” dell’INPS

Best Project di EMMAP 9 - Executive Master in Management delle Amministrazioni Pubbliche

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Milano, 14 novembre 2019
Che cosa c’entra Steven Spielberg con l’INPS e la lotta all’evasione contributiva? La domanda sembra senza risposta, almeno finché non si fa la conoscenza del Progetto Vigilanza 2.0, che ha mosso i primi passi nelle aule di EMMAP - Executive Master in Management delle Amministrazioni Pubbliche. Nel presentarlo, il suo ideatore Antonello Lilla, Dirigente Area Vigilanza documentale, Analisi del rischio e Prevenzione frodi dell’Inps e partecipante alla nona edizione di EMMAP, non esita a citare Minority Report, il film del celebre regista americano ambientato in un futuro in cui i crimini vengono sventati... in anticipo. Al netto del côté fantascientifico e sostituendo le facoltà paranormali dei “Precog” con un sistema avanzato di analisi dei big data, il parallelismo è suggestivo: prevenire l’evasione contributiva è più efficace e meno costoso che contrastarla una volta che si è verificata. Lilla ci ha spiegato come questa semplice constatazione si è trasformata in una realtà di successo.

Partiamo dall’inizio: cosa c’è alla base del progetto “Vigilanza 2.0”?

È un progetto che si fonda su una considerazione elementare: in tema di evasione c’è una grossa differenza tra quanto viene accertato e quanto viene effettivamente riscosso. Ma spesso si confonde il fine con il mezzo, molte risorse vengono consumate per effettuare accertamenti ma il gap tra le due misure resta molto grande. Inoltre, essendo l’Inps un ente che deve erogare prestazioni economiche a fronte degli incassi – non degli accertamenti - è più vantaggioso concentrarsi sulle minori uscite piuttosto che sul recupero di quanto erogato indebitamente, attività, quest’ultima, che dà scarni risultati rispetto alle risorse impiegate. In parole semplici: conviene non spendere 30 milioni in prestazioni non spettanti piuttosto che accertarne 100 di evasione.

E come si passa dall’intuizione all’azione?

Con l’aiuto di analisti, informatici e statistici abbiamo messo a punto “Frozen”, una piattaforma che, sulla base delle serie storiche di dati che l’Inps riceve, crea modelli di riferimento con i quali confrontare le singole denunce contributive. Una sorta di benchmark che serve a creare un indice di rischio: le dichiarazioni che superano una certa soglia vengono “congelate”, appunto, cioè isolate dal flusso automatico e sottoposte a controlli specifici, rapidi e – cosa più importante – preventivi, cioè prima che venga erogata la prestazione. Un’analisi predittiva basata sui big data e sulla modellizzazione di comportamenti contributivi che ha anche una funzione di “nudging”, ovvero aumenta la compliance delle aziende e previene ulteriori infrazioni. Tutto ciò ovviamente non è affidato solo alla decisione di una macchina: il sistema segnala le potenziali violazioni, ma l’intervento è sempre frutto di una valutazione “umana”.

Qual è stato il contributo di EMMAP a questo progetto e in che modo ne è stato l’incubatore?

La partecipazione al Master e l’appoggio di SDA Bocconi, con il tutoring di Raffaella Saporito, è stato fondamentale sotto due aspetti. Innanzitutto per il metodo di lavoro, per come utilizzare le informazioni e inserirle in un quadro generale e coerente. Dal punto di vista dei contenuti, invece, si è rivelata preziosa la conoscenza dei processi decisionali, elemento importante all’interno dell’organizzazione, e dell’economia comportamentale, necessaria per programmare e orientare i sistemi di intelligenza artificiale verso lo stimolo della compliance invece che la semplice sorveglianza/sanzione. Infine SDA Bocconi, in particolare con il riconoscimento “Best Project” a Vigilanza 2.0, è stata un’ottima cassa di risonanza per comunicare all’esterno l’efficacia del progetto.

Come è stato accolto Vigilanza 2.0 dall’amministrazione? Ci sono state resistenze?

Per l’amministrazione e per il rapporto col contribuente questo progetto ha rappresentato una vera rivoluzione culturale, ancor più che tecnologica. E come tutte le rivoluzione culturali, all’inizio ha incontrato le sue resistenze. Certo, i successi economici sono accolti subito bene, ma non è sempre così immediato il cambio di mentalità che il processo richiede. Passare da una visione esclusivamente sanzionatoria per privilegiare la prevenzione e il nudging non è facile. Però adesso, alla luce dei risultati, ci si chiede: perché non ci abbiamo pensato prima?

È un modello esportabile in altre amministrazioni pubbliche?

Decisamente sì. È un modello scalabile e ormai trasferibile quasi automaticamente a tutte le amministrazioni che si occupano di riscossione. Mi piace paragonare la piattaforma Frozen a una consolle di videogiochi che analizza e dà punteggi: dietro c’è un algoritmo che attinge a un database. Più è ambio il database – con informazioni provenienti da fonti diverse – più il punteggio sarà affidabile.
Dirò di più: con lo sviluppo attuale del sistema noi siamo in grado di prevedere con circa 30 giorni di anticipo una possibile evasione. Un tempo sufficiente per mettere in campo le prime misure dissuasive. Un esempio? Con un semplice invio sperimentale di 150 PEC abbiamo incassato in 3 mesi circa un milione di euro da aziende che non avevano mai versato un euro di contributi. Se si moltiplica questo effetto per i 109 miliardi di evasione fiscale e contributiva calcolata si possono immaginare le potenzialità del sistema su vasta scala.

 

SDA Bocconi School of Management

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