Sotto la lente

La ricerca e la formazione manageriale a un bivio: una rivoluzione scientifica innescata dalla rivoluzione tecnologica

Il management è una disciplina giovane. Ha avuto origine negli anni '20 e si è sviluppata soprattutto dopo la guerra, quando la crescita delle grandi imprese ha reso necessaria una migliore comprensione di come progettare, gestire e prendere decisioni all'interno di organizzazioni complesse.

 

Le discipline giovani soffrono della mancanza di paradigmi, ovvero di basi solide su cui costruire nuove conoscenze, e di un linguaggio comune tra studiosi e professionisti. Sebbene lo studio delle organizzazioni e delle strategie aziendali abbia raggiunto traguardi significativi, oggi si trova a un punto di svolta critico.


Da un lato, le aziende leader cercano interpretazioni e indicazioni più solide rispetto alle analisi descrittive che dominano la ricerca manageriale odierna. Dall'altro, l’intelligenza artificiale impone un cambio di prospettiva.

 

Questo riporta in primo piano uno dei temi fondanti della ricerca di management: il processo decisionale. Prendere decisioni è certamente un’arte, basata su intuizione, istinto ed esperienza. Ma lo è anche la scienza, così come le arti, dalla musica alla pittura. Gli scienziati hanno intuizioni, ma le sottopongono a protocolli strutturati che definiscono teorie ed esperimenti chiari, in modo che altri possano valutarli e comprenderli. Allo stesso modo, Bach ha composto Das Wohltemperirte Clavier per codificare il paradigma delle 48 tonalità musicali, ponendo le basi per la musica successiva.

 

Il punto cieco della ricerca in management è che i suoi paradigmi più noti e insegnati, il modello delle cinque forze di Porter e la Resource-Based View, risalgono al secolo scorso. Essi enfatizzano rispettivamente l’importanza di competitor, clienti, fornitori, nuovi entranti e prodotti sostitutivi, e la necessità di identificare le risorse non imitabili di un’organizzazione.

 

Facendo un passo indietro, la gestione strategica ruota attorno a due domande fondamentali:

 

  • come raggiungere nel modo più efficiente un obiettivo ben definito;
  • se valga la pena investire risorse in un obiettivo che, al momento della decisione, non può essere descritto con precisione.

 

È la seconda domanda a spostare il confine della disciplina e a generare il maggior valore.

 

La buona notizia è che le discipline analitiche, unite all’AI, offrono una base solida per comprendere i processi di acquisizione e trattamento delle informazioni. L’attuale enfasi sull’analisi dei dati è solo una parte del quadro. Il problema più generale è come costruire e testare modelli di ragionamento – ossia teorie – per capire come utilizzare l’informazione nel processo decisionale. Le teorie, infatti, individuano le cause del successo di un modello di business o di un’opportunità e ne valutano la plausibilità (credenze a priori). Per esempio, i fondatori di PayPal avevano intuito che la sicurezza fosse un fattore chiave per aprire il mondo dei pagamenti elettronici, mentre Leonardo Del Vecchio aveva compreso che il design fosse essenziale per creare un nuovo mercato per gli occhiali di moda. Successivamente, i decision-maker strategici testano le loro teorie: Del Vecchio si alleò con le case di moda per verificare se Luxottica fosse in grado di produrre un buon design e se questo avrebbe effettivamente generato domanda.

 

Il vero problema è che non solo i prompt con cui istruiamo i modelli di ragionamento dell’AI fanno la differenza, ma che la fanno ancora di più quando la domanda è più profonda. L’AI e una persona comune darebbero risposte simili a una domanda semplice, ma l’AI offrirebbe una risposta migliore a una domanda meglio formulata e più sofisticata.

 

Questo ci porta a concepire il management strategico come una disciplina di “AI-prompts.” Lungi dall’essere un ridimensionamento, si tratta di un’evoluzione fondamentale. Non parliamo dei semplici prompt che scriviamo nelle chatbot, ma di “super-prompts,” ovvero modelli avanzati di AI agentica che si basano su quadri teorici, conoscenza fenomenologica dei problemi e discipline di fondo – come la matematica, la teoria (non solo la pratica) della statistica, l’economia, le scienze cognitive e l’informatica. Gli studiosi di management strategico devono acquisire queste competenze per guidare i modelli di AI agentica proprio come i piloti di Formula Uno che, pur non sviluppando direttamente le tecnologie delle loro auto, le conoscono abbastanza da poter suggerire modifiche e migliorare le loro prestazioni.

 

In questo spirito, l’ION Management Science Lab dell’Università Bocconi, dedicato allo sviluppo delle scienze manageriali nella direzione qui delineata, ospiterà la 2ª Bayesian Entrepreneurship Conference il 20-21 marzo 2025, un evento chiave per gli studiosi di strategia e imprenditorialità. Gli interventi chiave e i paper della conferenza mirano a costruire un paradigma interdisciplinare che connetta la scienza del management, la formazione manageriale e la pratica aziendale. La conferenza vedrà come keynote speaker Itzhak Gilboa (HEC Paris), uno dei massimi esperti in scienze decisionali, e Riccardo Zecchina (Università Bocconi), pioniere del machine larning e della fisica statistica.

 

Per saperne di più:

 

Agrawal, A., Camuffo, A., Gambardella, A., Gans, J., Scott, E., & Stern, S. (2025), Bayesian Entrepreneurship, MIT Press.

Camuffo, A., Gambardella, A., & Pignataro, A. (2024). “Theory-Driven Strategic Management Decisions.Strategy Science, 9(4), 382–396. DOI: https://doi.org/10.1287/stsc.2024.0173.

Camuffo, A., Gambardella, A., Messinese, D., Novelli, E., Paolucci, E., & Spina, C. (2024). “A scientific approach to entrepreneurial decision‐making: Large‐scale replication and extension.Strategic Management Journal, 45(6), 1209–1237. DOI: https://doi.org/10.1002/smj.3580.

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