- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 26 nov 2024
- 12 giorni
- Class
- Italiano
Sviluppare la mentalità del progetto e acquisire le metodologie fondamentali per impostarli e gestirli e per guidare il team di progetto verso il risultato atteso.
Come far diventare “forte” una piccola impresa per meglio resistere alle turbolenze che i mercati possono subire a causa di fenomeni imprevedibili e ineluttabili? Il tema mi è caro da molti anni, ben prima che il flagello della pandemia si abbattesse sulle economie mondiali ma diventa, più che mai, cruciale oggi. L’esperienza che vi voglio raccontare è il percorso compiuto da un concessionario di veicoli industriali operante in provincia di Salerno: la Mecar S.p.A. Il caso è estremamente interessante. Può aiutare a riflettere e trarre suggerimenti dai passaggi chiave che hanno consentito l’evoluzione da azienda puramente commerciale, dal mio punto di vista strutturalmente debole poiché dipendente da un unico fornitore molto potente in un contesto iper-competitivo, ad impresa che progressivamente ha incorporato degli elementi di valore che vengono percepiti come tali dai clienti e permettono di fare la differenza sul mercato. A maggior ragione l’analisi merita di essere fatta per capire come reagire in un settore che riporta cali nelle vendite oscillanti tra il 20 e il 30% a fine giugno e una fortissima incertezza sui mesi a venire anche per l’assenza di una netta politica di sostegno economico al comparto. Fatemi però prima descrivere brevemente cosa intendo per imprenditore “debole” e “forte”. In aula spiego spesso che nel mondo delle piccole e medie imprese operano molteplici figure che pur essendo giuridicamente e sociologicamente considerate imprenditori, lo sono solo parzialmente: sono sicuramente datori di lavoro, coordinano diversi fattori produttivi, rischiano in proprio investendo capitale, conoscenze e tempo, ma non presidiano tutte e tre le aree, quella del prodotto, del mercato e della tecnologia, in cui si concretizza l’idea imprenditoriale. In questo sono sicuramente più deboli soprattutto quanto a capacità di perseguire nel medio-lungo periodo l’obiettivo per cui qualunque azienda viene fondata e cioè la massimizzazione del profitto. Queste figure, sono il terzista (che produce su disegno e marchio altrui), il titolare di un’azienda commerciale (come per esempio un concessionario) e l’inventore (concentrato sulle soluzioni tecnologiche ma non sull’industrializzazione e sullo sviluppo della parte commerciale). L’imprenditore forte, invece, controlla, direttamente o indirettamente, quelle tre componenti: progetta il prodotto o il servizio, lo realizza mediante l’impiego di determinati mezzi di produzione e ne cura la vendita sul mercato. Vediamo come si applicano al caso queste definizioni.
Manager per gli imprenditori e imprenditore per i manager
Mecar S.p.A. è guidata da Gianandrea Ferrajoli, un giovane (a brevissimo quarantenne) esponente della terza generazione di una famiglia di Sant’Egidio del Monte Albino che a partire dal 1952 ha investito, con Fiat e Iveco, nella distribuzione di veicoli commerciali e industriali in Campania. Il suo è un curriculum fatto di molte partenze, per formarsi e lavorare nel mondo delle banche d’investimento (tra Roma, Londra, Parigi e New York), e di un ritorno decisivo: quello nel 2009 a Salerno per prendere gradualmente le redini del concessionario del papà Giuseppe. Proprio per la sua storia professionale, i colleghi imprenditori lo definiscono un manager (usa l’inglese tanto quanto l’italiano e mastica con grande confidenza i numeri dei bilanci e gli indici finanziari) mentre, per i manager dei gruppi multinazionali con cui si confronta, è innanzitutto un imprenditore capace di grande visione.
Ma di quale visione è stato portatore? Quali sono state le mosse che hanno permesso al titolare di un concessionario di Nocera Superiore di evolvere? Cosa si può imparare da questo caso anche non essendo distributori di camion e furgoni?
Provo a spiegarvelo in tre passaggi, sintetizzando in poche righe gli sforzi compiuti da questo imprenditore nell’ultimo decennio.
Occorre riconoscere il valore delle proprie origini
Seguendo queste tre direttive (visione di lungo periodo, ampliamento dei servizi e dei prodotti offerti, investimento sull’organizzazione) la Mecar ha subito una progressiva metamorfosi. L’impresa di oggi appare molto diversa dal concessionario di dieci anni fa: arricchita in termini di capacità di offerta e allargata geograficamente è passata da 19 milioni di euro nel 2010 ai circa 80 milioni del 2019. L’azienda si è rafforzata: come una persona giovane in ottimo stato di salute può affrontare meglio il virus e l’eventuale flessione di fatturato del 2020. Però tutto questo non basta. Di strada ne è stata fatta e se ne potrà fare ancora ma per preservare i risultati raggiunti e migliorare cogliendo le opportunità che si presenteranno anche e soprattutto a causa di questa crisi, permettetemi di dire che sarà fondamentale un ulteriore passaggio: riconoscere definitivamente il valore delle proprie origini. Sfrutto questo caso specifico per rivolgermi qui in chiusura a tutti i successori che si trovano alla guida dell’azienda di famiglia su un tema più personale. Non cadete nel tranello di pensare che il legame profondo con la vostra storia vi renda meno contemporanei, meno moderni, meno aperti e quindi limitati. Pensatevi come eredi perché ciò vi darà la lucidità e l’equilibrio necessari proprio per affrontare un periodo così incerto senza perdervi. Sforzatevi di tenere insieme in modo proficuo la tradizione e il futuro, le fondamenta e i piani a venire: imprenditorialità e managerialità, economia reale e finanza, gasolio e idrogeno, concessionario e start-up digitali, Sant’Egidio del Monte Albino e New York, Giuseppe e Gianandrea…. anche in questo starà la vostra forza.