Il Meglio del Piccolo

La giusta dimensione

Nel fine settimana appena trascorso ho avuto l’opportunità di confrontarmi con una cinquantina di imprenditori e manager provenienti da tutta Italia, isole comprese, venuti a frequentare in SDA Bocconi il nostro corso General Management per le Piccole Imprese. Le loro storie hanno rivelato una vitalità e un dinamismo incredibile. Aziende vincenti nei settori più disparati, guidate da persone (in molti casi giovani) che hanno deciso di bloccare le proprie agende e trascorrere numerose giornate a Milano per migliorarsi e confrontarsi con il team di docenti impegnati in questo programma. In questa edizione del corso, in particolare, la dimensione media delle aziende presenti, per fatturato e numero dei dipendenti, è davvero piccola: sotto i 5 milioni e sotto i 50 dipendenti. Per me queste persone costituiscono indubitabilmente la colonna portante della nostra economia eppure nelle conversazioni con alcuni di loro ho registrato, in filigrana, qualche perplessità: “Sono molto piccolo: sarò all’altezza di questo corso di management in SDA Bocconi? Ho solo una decina di dipendenti, mi sono formato da autodidatta, ho improvvisato tutto o quasi tutto fin qui e quindi mi sento un po’ sbagliato, da correggere. Devo crescere, devo per forza crescere per superare questi miei limiti…..”

Dati questi dubbi, ho voluto mettere subito le cose in chiaro. Ripropongo qui per punti quanto condiviso con loro in aula.

  1. L’obiettivo di una impresa (di qualsiasi azienda, micro, piccola, media o grande) è quello sacrosanto di massimizzare il profitto ovvero la differenza tra i ricavi e i costi nel medio/lungo termine. Da qualche tempo abbiamo aggiunto, giustamente, la sottolineatura di farlo in modo sostenibile. Dietro questo obiettivo c’è il fine fondamentale della continuità dell’impresa, della sua durata e tenuta nel tempo. I modi, le “strade” per conseguire la creazione di profitto sono plurime, le strategie per arrivarci infinite come anche le combinazioni organizzative per tradurre in pratica il proprio posizionamento strategico. Massimizzare il profitto non equivale per forza a massimizzare il fatturato o a incrementare i volumi o il numero dei collaboratori. Può accadere purtroppo che la dimensione d’affari salga, è ben evidente in certi casi, portando con sé un assorbimento di risorse e dunque una crescita di costi più che proporzionale a quella dei ricavi, cosa che andrà logicamente a penalizzare gli utili. Il ragionamento non può non essere chiaro.
  2. Con ciò non si vuole sostenere come ideale la “decrescita felice”. Pur dedicando la mia vita professionale a supportare le PMI italiane non me la sento di teorizzare in assoluto, in ogni situazione, che “piccolo è bello”. Piuttosto vale la pena pensare che “piccolo non sia sempre bello” ma “grande non sia sempre necessario”. La coerenza realizzata tra strategia e organizzazione propone molti casi di successo, che vanno riconosciuti come tali, con varie dimensioni aziendali e questo permette di concludere che la dimensione d'azienda è una variabile gestionale che, al pari di altre, non è mai variabile indipendente. Sì, avete capito bene, la dimensione è una variabile che va ponderata, caso per caso, in funzione della propria strategia e della situazione contingente di mercato e di settore. La tanto osannata crescita non è sempre un must a dispetto di chi, essendo a mio avviso rimasto un po’ indietro, continua a predicarla.
  3. A sostegno di questa tesi mi hanno particolarmente colpito le dichiarazioni recenti di Luca de Meo, il ceo del gruppo Reanult, uno dei manager più potenti del settore automotive che è riuscito a portare dei risultati di bilancio nel 2023 molto positivi nonostante il livello di iper-competizione in cui si trova ad operare. In una sua intervista a Le Figaro della scorsa settimana, il manager alla guida del colosso francese, ha proposto un punto di vista estremamente interessante e nuovo per il suo settore dichiarando di non essere interessato a fusioni e acquisizioni per crescere ulteriormente: “Le dimensioni di un’azienda non sono più la chiave di successo nell’industria automobilistica. Quando la domanda è volatile e le tecnologie si evolvono è meglio essere agili e concentrati sull’innovazione”. Insomma grande sembrerebbe “non essere più bello” nel settore che, da H. Ford in avanti, ha fatto del gigantismo e delle conseguenti economie di scala la sua principale fonte di vantaggio competitivo. L'elefante non riesce a scattare quando ce ne sarebbe bisogno. Affermazioni che non possono non far riflettere!
  4. Prima di ribadire la regola generale sulla dimensione, dopo le affermazioni del top manager di Renault, vi voglio offrire un secondo spunto. La scorsa settimana mi sono confrontata con un giovanissimo e talentuoso imprenditore di 25 anni che sta operando con successo nel settore delle coperture e delle case in legno. A tema c’era il futuro della sua azienda passata negli ultimi cinque anni da 1 a 12 milioni di euro di fatturato. Riflettendo sulle dinamiche in essere e sul futuro della bioedilizia, nonché sugli elementi di forza della sua formula imprenditoriale, il giovane è arrivato a convincermi che la dimensione che deve raggiungere nei prossimi anni per avere una posizione di rilievo nel  settore sia nell’intorno dei 30 milioni. La crescita è dettata nel suo caso dalla tipologia del cliente che vuole servire, dalla necessità di ottenere determinate certificazioni e da quella di uscire dai confini locali. Le motivazioni sostenute per giustificare questa voglia di crescere sono state molte, tutte comprensibili, chiare, ben argomentate su base oggettiva. Non velleità o mondane ambizioni personali ma reali necessità dell'azienda per acquisire maggior forza.
  5. Crescere quindi è necessario o no? Qual è il principio da affermare? Quello del top manager o quello opposto del giovane imprenditore? Ritengo abbiano ragione entrambi. Entrambi, su scala e con esigenze molto diverse, hanno innescato una riflessione sulle dimensioni giuste per competere senza cadere negli estremi opposti e stereotipati della crescita fine a sé stessa o dell’azienda bonsai. Utilissimo il loro approccio: delineare e ipotizzare, sulla base di un ragionamento con argomentazioni oggettive, logiche e razionali, la dimensione adeguata per competere nel proprio mercato di riferimento, garantendo così la continuità all’impresa. Un esercizio da fare mettendolo possibilmente nero su bianco in un piano strategico. Questa è la vera risposta da dare al tema della crescita.

 

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