#ABOUTLEADERSHIP

Lo sguardo che costruisce

Nel pieno della trasformazione digitale e con l’intelligenza artificiale che entra sempre più profondamente nelle nostre vite e nei nostri luoghi di lavoro, si moltiplicano le riflessioni sull’importanza del pensiero critico come competenza distintiva dell’essere umano. In un mondo in cui le macchine sono sempre più capaci di analizzare dati, automatizzare decisioni e perfino generare contenuti, ciò che ci rende davvero insostituibili è la capacità di riflettere, interpretare, valutare il senso delle informazioni in modo contestuale, etico e umano.

 

Ma cosa significa davvero sviluppare pensiero critico oggi? E siamo sicuri di interpretarlo nel modo più utile ed efficace?

 

Quando si parla di pensiero critico, il pensiero corre spesso all’idea di saper individuare problemi, evidenziare contraddizioni, mettere in discussione ciò che appare ovvio. In contesti educativi e professionali, sviluppare il pensiero critico è spesso sinonimo di affinare la capacità di “smontare” ragionamenti, identificare errori logici o processuali, riconoscere falle nei sistemi. Ma questa visione – per quanto utile – è parziale. E rischia di trasformare il pensiero critico in un’arte della critica fine a se stessa, piuttosto che in una leva evolutiva.

C'è un’altra via, meno intuitiva e molto più trasformativa: sviluppare la capacità di notare ciò che funziona, anche – e soprattutto – quando le cose sembrano andare male.
Questa forma di pensiero critico, più generativa che distruttiva, non ignora le difficoltà ma si allena a riconoscere risorse nascoste, segnali di vitalità, pratiche virtuose che spesso passano inosservate perché sommerse dal rumore del problema.

Non si tratta di adottare un pensiero “positivo” ingenuo o di negare i problemi. Al contrario, si tratta di allenare lo sguardo ad accogliere la complessità: ogni situazione contiene elementi disfunzionali e altri che invece reggono, rispondono, funzionano. Notare questi elementi non solo cambia il tono della conversazione, ma orienta l’azione verso soluzioni più efficaci, sostenibili e condivise.

Numerosi studi in ambito psicologico e organizzativo mostrano che un approccio orientato alle risorse – come quello sviluppato dalla psicologia positiva – favorisce la motivazione, l’engagement e la fiducia nelle capacità individuali e collettive. In pratica: riconoscere ciò che funziona attivi circuiti di apprendimento più efficaci rispetto al concentrarsi esclusivamente su ciò che non va. Anche nei contesti organizzativi, il leader o il team che riesce a “vedere il buono” – pur in mezzo al caos – crea un ambiente più propenso alla collaborazione, alla responsabilità diffusa e all’innovazione. Il pensiero critico, in questa prospettiva, non è la capacità di dire sempre “no”, ma il coraggio di dire “qui c’è qualcosa che funziona, partiamo da lì”. È un pensiero che costruisce, non solo che smonta.

 

In tempi di crisi, cambiamento e incertezza, questa forma di pensiero critico può fare la differenza. Perché dove tutti vedono ostacoli, chi sa notare anche una sola leva funzionante ha già cominciato a costruire la soluzione.

SHARE SU