Rapporto OASI: 21 febbraio 2020, il giorno che cambiò la sanità italiana

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Nei mesi drammatici del COVID, il sistema ha dimostrato capacità di cambiamento, di adattamento e di digitalizzazione che non devono essere perduti. Gli autori suggeriscono di utilizzare i fondi di Next generation EU per investimenti in conto capitale, fissando al contempo un valore soglia minimo, ad esempio il 7,5% del PIL, per il finanziamento del SSN

 

Dopo 10 anni di tagli finanziari e di personale, il Servizio sanitario nazionale, nel 2020, ha visto aumentare in modo significativo sia la spesa corrente sia il numero di dipendenti. La spesa corrente è cresciuta in un anno di circa 5 miliardi di euro (+4,7%), e da marzo a ottobre si sono registrate 36.000 assunzioni, ovvero i due terzi del personale perso negli ultimi dieci anni.

 

Lo shock, che ha seguito l’individuazione del Paziente Uno di COVID a Codogno il 21 febbraio 2020, potrebbe paradossalmente cambiare il sistema per il meglio, ma solo se sarà governato correttamente, secondo il Rapporto OASI 2020 (Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario Italiano del CERGAS SDA Bocconi), coordinato da Francesco Longo e Alberto Ricci, presentato oggi in Università.

 

L’aumento di spesa è stato attuato accumulando debito, generando purtroppo un quadro di incertezza sull’ammontare e sulla stabilità dell’aumento della spesa pubblica per il SSN di medio periodo. Per evitare che la spesa corrente sfugga di mano, “le risorse europee dovranno essere destinate agli investimenti in conto capitale”, afferma Francesco Longo. “Allo stesso tempo, alla luce dell’esperienza del COVID, sarebbe importante definire un valore soglia minimo, ad esempio il 7,5% del PIL, sotto il quale il finanziamento del SSN non debba mai scendere”.

 

“Le epidemie, nella storia, si sono sempre esaurite, e anche il COVID”, afferma Alberto Ricci, “lascerà il campo alle emergenze demografiche ed epidemiologiche di sempre: invecchiamento della popolazione, cronicità, disabilità, fragilità. Si tratta di tendenze che sono comprensibilmente passate in secondo piano, ma che l’epidemia ha accentuato”.

 

L’obiettivo urgente, secondo i curatori del Rapporto OASI, è la ristrutturazione del SSN in cinque anni, riorientandolo alla cronicità. Si dovrà investire in una capacità erogativa proporzionata ai bisogni ordinari, ma dotata di elevata flessibilità. Bisogna cioè evitare di investire in capacità produttiva di riserva che sia utilizzabile solo per gestire ondate epidemiche straordinarie.

 

Perché gli sforzi esercitati dal personale sanitario e dai manager in questi mesi non vadano perduti non appena rientrata l’emergenza, il Rapporto OASI suggerisce inoltre altre priorità strategiche, tra le quali:

 

  • L’evoluzione delle politiche per il personale verso logiche di maggiore valorizzazione dei contributi dei professionisti e di attenzione alla motivazione. “È necessario interrompere la stagione della proletarizzazione dei professionisti del SSN, rilanciando stipendi, percorsi di crescita professionale e motivazione”, scrivono.

 

  • Il ribilanciamento dello skill mix, con il trasferimento di alcuni compiti e funzioni di carattere gestionale, amministrativo e di case management dal personale medico (che costa 2,5-3 volte di più) al personale infermieristico, generando un percorso di upgrading dei ruoli di tutti.

 

  • L’investimento in digital health: il 30% delle risorse per investimenti dovrebbero essere destinate alla digitalizzazione.

 

  • La diversificazione delle logiche di approvvigionamento. La pandemia ha mostrato con maggior evidenza i punti deboli di politiche di procurement orientate al massimo risparmio possibile.

 

  • Il rinnovamento infrastrutturale mirato della rete di offerta.

 

“Con la pandemia il SSN ha imparato a trasformare un reparto da una specialità all’altra in poco tempo, a riutilizzare come terapie intensive le sale operatorie, a suddividere i percorsi dei pazienti tra sporco e pulito, ad attivare le ricette dematerializzate, a spostare in digitale alcune visite specialistiche. Questa capacità di riorientare repentinamente i servizi, purtroppo vissuta in un contesto drammatico e a costo di enormi sforzi del personale del SSN, è una grande risorsa che il sistema ha mostrato di possedere e che non deve perdere”, conclude Longo.

 

 

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