Attenzione alle esigenze degli investitori

Allfunds Academy - Lab2: Investor-centricity

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L’attenzione alle esigenze degli investitori è uno degli elementi centrali della business transformation. Le aziende del settore dell’asset/ wealth management devono quindi approfittare delle nuove possibilità offerte dalla tecnologia e dalle tecniche di mercati per trasformare in opportunità le sfide regolamentari e modificare i modelli di business nel senso della sostenibilità. In tale contesto il 29 e 30 gennaio del 2019 si è svolto il secondo “laboratorio” dell’Allfunds Education Lab, parte integrante di Allfunds Academy, dedicato all’esplorazione della “business transformation” dei player che operano nella catena del valore dell’asset/ wealth management.

“L’investor-centricity è una parte essenziale dei modelli di business di qualsiasi azienda. E’ quindi cruciale conoscere i modi per ascoltare il cliente, e studiarlo con fonti di dati tradizionali ed alternative, al fine di innovare in maniera sostenibile” ha affermato Licia Megliani, Country Head di Allfunds Bank all’apertura dei lavori.

Antonella Carù (Professore ordinario del Dipartimento di Marketing Università Bocconi), ha aperto i lavori del Lab notando che “l’ascolto del cliente è un’attività cruciale e difficile per tutte le aziende. Per ascoltare occorre innanzitutto studiare la customer value chain ed entrare nel dettaglio della sequenza valori – benefici – attributi”. Ma come rendere nuova e moderna la tradizionale attenzione dedicata dal marketing alla centralità del cliente? Non si può fare a meno dell’apporto fornito dalle nuove tecnologie, in particolare quelle legate al trattamento dei dati. La seconda e la terza sessione del Lab hanno visto l’intervento di Ruben Nieto Martin-Vares, di Allfunds Bank, e Ian Webster, di Neudata, concentrando l’attenzione sul contributo che gli algoritmi e la raccolta dei dati possono dare alla creazione di valore per il cliente. Nieto Martin-Vares, parafrasando Copernico, ha sostenuto che “l’investitore e non il prodotto è al centro dell’universo”, e ha poi presentato alcune nuove applicazioni tecnologiche distinguendole tra incrementali e radicali, e tra interne all’azienda e aperte ai clienti. Il blockchain è l’esempio di una tecnologia radicale e aperta, mentre il quantum computing è radicale ma interna all’azienda. Le fonti di dati alternative, utilizzate sino a questo punto soprattutto dagli asset manager, possono consentire l’utilizzo sistematico di informazioni rilevanti per i prezzi ma trascurate dalla maggior parte degli investitori, conferendo un vantaggio per chi abbraccia sin da subito le nuove possibilità.

Il Lab è proseguito nella quarta sessione con il CEO Forum, una roundtable volta a discutere i cambiamenti nel business model dei wealth manager. Marco Mazzucchelli di Kredietbank Luxembourg, Paolo Molesini di Fideuram - Intesa Sanpaolo Private Banking e Gian Maria Mossa di Banca Generali hanno evidenziato il ruolo centrale dei banker nell’ambito delle aziende di wealth management e la necessità di utilizzare la tecnologia per aumentarne le potenzialità. Mazzucchelli ha illustrato “l’importanza di ulteriori e continui aumenti di efficienza per affrontare uno scenario di stabilizzazione degli asset under management e degli utili, dopo la forte crescita degli ultimi anni, anche legata al decennio positivo dei mercati azionari”. Molesini ha evidenziato che “la nuova frontiera per il Wealth Management consiste nel far evolvere il nostro modello di servizio al cliente da una consulenza soltanto finanziaria ad una vera consulenza patrimoniale. Questo significa considerare tutte le componenti della ricchezza (mobiliare, immobiliare, imprenditoriale), ragionando a livello di nucleo famigliare in ottica di lungo periodo, anche transgenerazionale. Una simile evoluzione richiede un ulteriore rafforzamento della professionalità dei banker e servizi che vanno aldilà delle sole soluzioni di investimento”.

La prima giornata si è conclusa con l’Inno Dinner Lab, condotto da Nadia Linciano di Consob, ha ripreso proprio il tema dell’educazione finanziaria, già affrontato nel primo Lab. Linciano ha evidenziato le carenze degli italiani nel campo dell’educazione finanziaria: secondo alcuni studi la conoscenza degli italiani si colloca molto al di sotto del livello medio che si trova in campo internazionale. In secondo luogo, ha ricordato come lo studio annuale della Consob evidenzia la presenza di una eterogeneità tra le opinioni dei banker in merito ai desideri e ai bisogni dei clienti e la realtà dichiarati dagli investitori 2 stessi. Si tratta di un elemento pericoloso per l’industria del wealth management perché mostra che il meccanismo di ascolto della clientela, ricordato all’inizio della prima sessione della giornata, deve essere largamente migliorato.

Il Lab è continuato nella seconda giornata con l’intervento di Andrea Beltratti di SDA Bocconi, che ha introdotto la finanza comportamentale, avviando un dibattito sulla sua rilevanza per l’asset/ wealth management. Lo speaker ha enfatizzato l’approccio elaborato nel tempo da Kahneman, che descrive lo schema di ragionamento degli individui come l’interazione tra due sistemi, il Sistema Veloce, prevalentemente intuitivo e che utilizza spesso euristiche per risolvere problemi complessi, e il Sistema Lento, che richiede l’allocazione di risorse per elaborare ragionamenti complessi ed intervenire quando è concreta la probabilità di errore da parte del Sistema Veloce. Beltratti ha sostenuto che “la finanza comportamentale offre una chiave interpretativa per comprendere davvero quello che viene captato dall’ascolto dei clienti, e consente ai consulenti di interpretare i bisogni per offrire i prodotti servizi necessari a mettere davvero l’investitore al centro del modello di business”.

La seconda sessione della seconda giornata ha visto la partecipazione della Professoressa Tali Sharot, di University College London, Direttore dell’Affective Brain Lab. La ricercatrice ha offerto una panoramica dei suoi studi, condotti in modo prevalente utilizzando la tecnica della Risonanza Magnetica funzionale, che consente di misurare il funzionamento delle varie aree cerebrali quando il soggetto è sottoposto a vari stimoli. Tra i tanti argomenti toccati, vale la pena ricordare quello del rischio, paradossale, di irrilevanza della tanta informazione disponibile a causa del bias di pregiudizio, secondo cui gli individui sono soprattutto alla ricerca dell’informazione coerente con le loro scelte e decisioni, ignorando l’informazione che non è coerente con le scelte già fatte. Ha anche descritto la tendenza a vedere il “bicchiere mezzo pieno”, un bias verso l’ottimismo che nella maggior parte dei casi aiuta l’individuo a programmare le proprie azioni e a cercare i miglioramenti. Il pomeriggio del secondo giorno ha compreso l’intervento di Francesco Adria di Consob, che ha trattato le relazioni tra asset manager e wealth manager nel contesto della nuova Direttiva MiFID II. Un ampio dibattito con gli operatori presenti in sala ha consentito di chiarire alcuni dubbi interpretativi e soprattutto di rappresentare al regolatore le difficoltà incontrate dall’industria privata nell’ottemperare alle nuove norme e anche alcuni limiti, imprevedibili, associati alla nuova regolamentazione. Una seconda roundtable su ESG investing ha completato il Lab. Andrea Beltratti ha moderato Federica Loconsolo di Etica SGR e Marcello Matranga di Robeco. Loconsolo, nel parlare dei “falsi miti di ESG investing”, ha ricordato che “non è vero che: (a) gli SRI hanno performance inferiori rispetto agli investimenti “tradizionali”, (b) i portafogli SRI sono meno diversificati dei tradizionali e (c) che SRI vuol dire beneficenza”. Matranga ha spiegato che “tre approcci utilizzati nell’industria riguardano esclusione, integrazione, impatto. L’esclusione, l’approccio tradizionalmente usato, è il più facile perché consiste nel non inserire in portafoglio titoli con caratteristiche incoerenti con l’impostazione ESG. L’esclusione deve riflettere il sistema di valori degli investitori, e può variare in base alla geografia di riferimento, ad esempio le aziende che producono armi e cibo geneticamente modificato sono escluse da società di asset management europee ma non da quelle statunitensi.

L’impatto è la metrica più complessa perché vuole appunto valutare l’influenza sociale di una azienda sugli stakeholder”. Andrea Beltratti ha chiuso i lavori ringraziando Allfunds Bank per avere reso possibile l’Academy e notando che “l’ampia panoramica dei temi trattati consente materiale di riflessione per gli operatori che hanno partecipato al dibattito, ed auspicabilmente fornirà utili spunti di riflessione per il miglioramento dell’operatività all’interno dell’azienda”.

 

SDA Bocconi School of Management

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