Un “doppio binario” per le carriere del futuro

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Si dice che un’immagine valga più di mille parole. Forse non è il caso dell’incontro con Mauro Ghilardi, responsabile Risorse Umane del Gruppo Ferrovie dello Stato, nell’ambito delle HR Series di EMF - Executive Master in Finance, dove le parole hanno avuto un alto peso specifico e una grande forza comunicativa. Tuttavia c’è un’immagine che riassume con particolare efficacia il pensiero di Ghilardi sullo sviluppo di un percorso professionale e sul valore “educativo” delle esperienze acquisite. È contenuta in una slide con la quale il CHRO di FS riassume la propria carriera e rappresenta due curve di apprendimento, professionale e personale. Due curve che naturalmente crescono entrambe col tempo ma con un andamento – èd è questo l’aspetto interessante – non parallelo. Mentre il professional learning progredisce “a scalini”, in alcuni casi addirittura con brevi momenti di contrazione, scandito da eventi puntuali che Ghilardi chiama “wake-up call” o “tuffi nel nuovo” e che spesso rappresentano la rampa per un salto di livello, la curva del personal learning è più armonica, sale progressivamente e senza strappi. Nel corso della sua carriera, i momenti di ripensamento o di crisi sono stati “compensati”, se così si può dire, da un apprendimento continuo, che non si è interrotto neanche nelle difficoltà. Anzi, che dalle difficoltà ha tratto spunti di crescita e nuova energia.

È una storia individuale ma si presta a riflessioni generali. E Ghilardi parte dalla sua esperienza, dalle sfide che si è trovato ad affrontare, dalle crisi superate e dai successi conquistati, per tracciare la sua idea di crescita professionale e umana. E lo fa dalla sua posizione attuale di grande responsabilità, ai vertici dell’organizzazione del personale di un gruppo con più di 80mila dipendenti che offre un servizio, quello della mobilità, strategico per l’economia e lo sviluppo sociale del nostro paese e di tutta l’Europa, dove si trova a competere con colossi come Deutsche Bahn e SNCF. Un gruppo che ha varato un piano industriale decennale 2016-2026 fondato su 5 pilastri: soluzioni di trasporto passeggeri integrate e intermodali, logistica integrata (nascita dell’hub Mercitalia) e, conseguentemente, infrastrutture integrate (anche a seguito dell’acquisizione di ANAS), sviluppo internazionale, con investimenti in tutti i continenti, e centralità del cliente attraverso l’utilizzo del dato digitale.

Un “ferroviere” atipico

Da un osservatorio di questo tipo, da una rete che lo stesso Ghilardi definisce «il più grande robot d’Italia», dove la partita del futuro si gioca sulla capacità di innovazione tecnologica e logistica e su grandi investimenti in infrastrutture, ci si aspetterebbe un’apologia delle competenze “hard”, dure e solide come l’acciaio dei binari. Invece quella che emerge dalle parole del manager di FS è un’enfasi dell’importanza delle soft skill, «le uniche che non invecchiano». E, si potrebbe aggiungere, che sono spendibili in molti ruoli diversi e in qualsiasi settore industriale. Sono proprio le soft skill a costruire la curva del personal learning in qualsiasi carriera. E anche a fungere da “ammortizzatori” negli incidenti di percorso che inevitabilmente accadono. Sensibilità relazionale, capacità di gestire i conflitti, di imparare dagli altri e dai propri errori, capacità di leadership, acume politico, resilienza: sono tutte doti – ricorda Ghilardi – che si apprendono e si potenziano sul campo. «Le crisi sono occasioni formidabili per imparare. A un certo punto della mia carriera, nell’azienda dove lavoravo è arrivato nuovo CEO che ha voluto rinnovare tutto il board, di cui io facevo parte. Dall’oggi al domani ho dovuto trovare un nuovo lavoro e spostare la famiglia (mi trovavo a New York). Da un’esperienza di quel tipo, che può anche essere traumatica, ho portato a casa una lezione importante: mai considerarsi arrivati definitivamente, al riparo da ogni intemperie; bisogna sempre essere pronti al cambiamento. Quello che conta è la propria “spendibilità” sul mercato, l’employability, una qualità da coltivare costantemente. Non è un messaggio di sfiducia, anzi è un invito a investire costantemente su se stessi».

Il lavoro del futuro sarà “soffice”

Inevitabile a questo punto che il discorso arrivi al nodo cruciale: il futuro del lavoro. Ghilardi parte da un dato semplice quanto destabilizzante: secondo una ricerca della Oxford University, nei prossimi 25 anni il 47% dei lavori che conosciamo oggi scomparirà. Ma aggiunge: «la maggior parte delle persone che commentano questo dato sostengono che la perdita sarà più che compensata dai nuovi lavori che nasceranno. Tra dieci anni ci ritroveremo qui per capire se sta andando davvero così, ma intanto registriamo con piacere questo ottimismo. Quello di cui possiamo essere sicuri è che nel frattempo il nostro modo di lavorare cambierà drasticamente. Ciò vale soprattutto per il middle management, molte funzioni del quale saranno presto sostituite da sistemi automatizzati».

Sono previsioni che segnano un altro punto a favore delle soft skill. Lo sostiene autorevolmente anche il World Economic Forum, come ricorda Ghilardi. Secondo l’organizzazione economica, nella “Quarta rivoluzione industriale”, quella digitale, prevarranno competenze lavorative nuove. Solo nel quinquennio 2015-2020 cambierà più di un terzo dei requisiti richiesti ai lavoratori. Ecco quale sarà, sempre secondo il WEF, la top ten delle capacità richieste nel 2020:
1)    risoluzione di problemi complessi,
2)    pensiero critico,
3)    creatività,
4)    people management,
5)    coordinamento con gli altri,
6)    intelligenza emotive,
7)    capacità valutativa e decisionale,
8)    orientamento al servizio,
9)    negoziazione,
10)  flessibilità cognitiva.

Un raffronto con la situazione del 2015 – continua Ghilardi – ci dà anche una rappresentazione dinamica. La creatività, ad esempio, sale dal 10° al 3° posto: «una caratteristica sempre più necessaria per trovare soluzioni a problemi inesplorati e complessi». Perde rilevanza, invece, la capacità di negoziazione (dal 5° al 9° posto), surrogata nella maggior parte dei casi dall’utilizzo dei big data nei processi decisionali.

Qualità che si imparano e si allenano

Tutti dati suffragati dall’esperienza personale di Ghilardi in qualità di responsabile HR: «la parte più spiacevole del mio lavoro è quella di dover risolvere a volte dei rapporti di lavoro. Se passo in rassegna mentalmente i miei quasi 30 anni di carriera non trovo nemmeno un licenziamento che sia stato determinato da incompetenza tecnica. Tutti hanno avuto alla base una carenza di soft skill: non è capace di lavorare in team, non collabora, non sa gestire i conflitti, non riesce a farsi rispettare dai collaboratori e così via. Insomma, caratteristiche tutt’altro che tecniche».

A questo punto diventa fondamentale – ribadisce Ghilardi – una formazione che si concentri attivamente anche su questi aspetti e che, pur fornendo solide competenze specialistiche, miri alla persona nel complesso, in tutte le sue dimensioni relazionali e organizzative. Una formazione che caratterizza nettamente la parte iniziale della carriera, come un master, ma che continua anche dopo, sul campo, attraverso il coaching e il mentoring. «Sulle skill tecniche diventerà sempre più difficile competere con la computerization», conclude Mauro Ghilardi. «La partita del lavoro si può vincerla solo restando umani».

SDA Bocconi Schoool of Management

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