- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 27 nov 2024
- 2 giorni
- Class
- Italiano
Il corso punta a potenziare le competenze manageriali e definire le logiche e gli strumenti fondamentali a supporto del cambiamento “agile” dei modelli organizzativi.
È un’impresa tutt’affatto banale scrivere qualcosa di davvero nuovo sulla valutazione della performance individuale nelle amministrazioni pubbliche. Un po’ perché è un tema ormai vecchio di quasi 40 anni (per quanto ciclicamente affrontato con grande enfasi e aspettativa da ogni nuova/o inquilina/o di Palazzo Vidoni). Un perché tutto quello che si poteva fare in termini di indicazioni e raccomandazioni è stato scritto. La palla è da un pezzo nel campo degli enti e delle loro pratiche. E, come sappiamo da almeno 20 anni, l’implementazione di tali riforme è avvenuta a macchia di leopardo.
Con questo pregiudizio ho affrontato la lettura delle “Nuove indicazioni in materia di misurazione e di valutazione della performance individuale” che il Ministro Zangrillo ha rivolto a tutte le amministrazioni pubbliche. E, invece, qualche significativo e apprezzabile elemento di novità c’è. Per quanto restino sullo sfondo i soliti nodi irrisolti.
Un primo aspetto da cogliere con interesse è la riaffermazione della collocazione dei SMVP (Sistemi di Misurazione e Valutazione della Performance) nell’ambito della gestione delle risorse umane. Ovvio? Per nulla.
È dagli anni ’90 che ci trasciniamo un equivoco di fondo, che riaffiora in tutte le elucubrazioni un po’ nevrotiche rispetto al collegamento tra performance individuale e organizzativa.
Se l’obiettivo di misurare e valutare è funzionale al controllo della gestione (e, quindi, a conoscere cosa funziona e cosa no per riaggiustare il tiro delle scelte di allocazione o di gestione, ma anche un po’ per rendere conto esternamente dell’utilizzo delle risorse e del valore generato) le logiche, gli strumenti e gli oggetti occorre che siano riorientati a questo fine. Se, al contrario, ci interessa avere un sistema di feedback individuale funzionale a favorire lo sviluppo delle persone nell’organizzazione, le logiche, gli strumenti e oggetti sono in larga misura diversi. Eppure, il modello che ci ritroviamo oggi – a colpi di riforme stratificate negli anni – fatica a scindere gli oggetti (performance organizzativa e individuale) e soprattutto confonde le finalità, al punto che da sempre l’unico vero sostanziale scopo dei SMVP è stato (e temo resti) quello di produrre la pezza d’appoggio amministrativa per poter erogare i premi, a pioggia o no che sia (per gli appassionati del tema, un piccolo excursus della storia della retribuzione di risultato nella PA italiana mischiato all’imminente Festival di Sanremo lo si può trovare qui e così rispolveriamo anche quanto la narrazione del merito sia tutt’altro che nuova).
In coerenza con questa strategia, il Ministro indica la via mettendo al centro il ruolo della dirigenza e della sua funzione chiave nella gestione delle persone, e pone come cruciale il tema della leadership, secondo aspetto di rilevante interesse di questa direttiva. Che per la prima volta sia scritto nero su bianco in un documento a firma del Ministro resta un fatto culturalmente e simbolicamente importante, tanto più in un contesto culturale in cui la (piccola) parte più retriva e sbeffeggiatrice verso il management e la leadership (considerate al meglio “cialtronate”) si annida proprio tra i più blasonati vertici del mandarinato a livello centrale (e, talvolta, anche locale). Ora, però, a voler essere seri, occorrerebbe non già limitarsi a dire che è un’area di competenze cruciale, su cui fare valutazione e formazione, ma occorrerebbe anche mettere in circolo più risorse (che pur ci sono, copiose come mai prima) e strumenti di accompagnamento: perché, che ci si creda o no, non mancano gli enti e i dirigenti (o aspiranti tali) che stanno provando a segnare un cambio di passo proprio sulle competenze di public leadership, anche pagando di tasca propria l’investimento.
Un terzo elemento di novità è il suggerimento dei sistemi di feedback 360°. Anche qui, occorre riconoscere che c’è chi si era già portato avanti (ne abbiamo raccontato di recente qui).
I sistemi di feedback 360° hanno grandi potenzialità, se usati e gestiti con la giusta consapevolezza organizzativa, rispetto alla frequenza di somministrazione e alle implicazioni amministrative collegate (ad esempio, ancorare il premio a questo tipo di esiti può essere controverso, sotto vari profili). Ma per prepararsi a un 360° occorre abbandonare il feticcio dell’oggettività dalla valutazione,
brandito per anni come argomento per sabotare i SMVP (sacrificando sempre quanto di più rilevante c’era da osservare, sull’altare di quanto più facilmente e a basso costo rilevabile). Infatti, il 360° è una specie di esercizio pirandelliano che aiuta a vedersi con gli occhi di altri. Ed è proprio dalla rilevazione delle differenze emergenti (tra come mi vedo e como sono vista, tra come mi vedono i miei collaboratori e come, invece, i miei colleghi) e soprattutto dalla loro sapiente lettura ed interpretazione accompagnata, che possono sorgere gli apprendimenti più trasformativi, la benzina per alimentare un cambio di passo nell’esercizio del ruolo dirigenziale. In un sistema amministrativo dove le valutazioni annuali sono ancora chiamate ‘pagelline’ e sono ricevute dal valutato via email senza alcun colloquio di feedback, non solo siamo lontani anni luce dalle raccomandate performance interview trimestrali (sento già levarsi le voci di quanti dicono che non hanno tempo per “queste cose”), ma il rischio è che quanto di pur giusto è stato raccomandato, rimanga una buona intenzione.
In conclusione, la visione è chiara ed è molto interessante. Ora occorre passare a piano per l’esecuzione. Perché, come dice la frase spesso attribuita a Thomas Edison “vision without execution is just hallucination”.