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Dipendenti pubblici motivati? Ecco come

Di questi tempi si osserva un (auspicato) vivace dibattito sulle competenze dei dipendenti pubblici come variabile chiave, da mantenere e sviluppare. Ma non è il solo ingrediente per sostenere le performance nella PA: l’altra variabile critica è la motivazione. Un dipendente molto competente, ma scarsamente motivato produce meno di un collega un po’ meno preparato, ma più volenteroso. Ma quale motivazione? Come si osserva? E, soprattutto, come si sostiene nella PA? Chi pensa che sia solo una questione di soldi e carriera, sarà deluso.

Perché è diversa la motivazione nel pubblico

Esiste un profilo motivazionale più coerente con le sfide tipiche degli enti che offrono servizi pubblici? La risposta è convintamente sì. Oltre trent’anni di studi sulla Public Service Motivation, filone nato per cercare di spiegare perché gli incentivi fossero meno efficaci a stimolare la produttività nel settore pubblico rispetto al privato, hanno mostrato che la ragione di questa scarsa efficacia non è solo nei limiti di implementazione e nella natura degli incentivi: a giocare un ruolo centrale è quello che potremmo chiamare “spirito di servizio”, inteso come un mix di valori, significati, rappresentazione dei beneficiari del servizio stesso, ma anche di sé e della propria autonomia e capacità di fare la differenza col contributo del proprio lavoro. I dipendenti pubblici il cui profilo motivazionale è più vicino a quello appena descritto in genere hanno scelto il lavoro pubblico non per la sicurezza del posto fisso, ma per i contenuti del lavoro e hanno statisticamente performance migliori. Sono però anche quelli che peggio tollerano gli aspetti più autoreferenziali della farraginosità burocratica, stando a quanto emerso in uno studio di Giorgio Giacomelli. Come sostenere la motivazione al servizio pubblico? Per rilanciare le performance nel settore pubblico, occorre non solo investire sulle competenze, ma anche curare la motivazione. Come? In un articolo apparso qualche anno fa sulla rivista Public Administration Review si individuano cinque buone pratiche da tenere a mente.

Sostenere la motivazione al servizio pubblico in 5 step

STEP 1 – Selezionare i migliori anche sulla base anche del profilo motivazionale

 

In primo luogo occorre attrarre persone col profilo motivazionale coerente, utilizzando in maniera adeguata la comunicazione e l’employer branding, ovvero la reputazione delle amministrazioni pubbliche come datori di lavoro. Ma occorre anche valutare la motivazione in fase di selezione, utilizzando gli strumenti di volta in volta più adatti: dai test, alle interviste di selezione, ai “critical incidents”. Queste misure sono volte a scoraggiare le candidature di persone con profili non coerenti «Candidates with high needs for security or money might be screened out if these are their primary needs in the absence of strong public service motivation». Domanda chiave 1: questo candidato cerca la sicurezza del posto fisso o è desideroso di portare il proprio contributo?

 

STEP 2 – Costruire un ambiente di lavoro stimolante

 

Una volta attratte e selezionate le persone giuste, occorre che il luogo di lavoro sappia sostenere la motivazione a servire il pubblico. Lo strumenti principe è la comunicazione costante e i sistemi di misurazione delle performance, sia individuali e sia organizzativi, non tanto orientati a distribuire i premi di risultato, quanto a dare conto del valore prodotto dall’azione amministrativa, per sostenere un clima di fiducia interna ed esterna. Un posto di lavoro motivante è un luogo dove l’autonomia e l’iniziativa dei singoli nell’identificare strade per soddisfare i bisogni collettivi sono incoraggiate e dove i dipendenti hanno lo spazio di potersi impegnare per quello in cui credono. A questo scopo, occorre sorvegliare che le attività più routinarie o più stressanti siano alternate con contenuti di lavoro più gratificanti. Domanda chiave 2: di cosa sono piene le giornate dei nostri collaboratori? Come imparano a migliorare?

 

STEP 3 – Disegnare posizioni di lavoro interessanti

 

La differenza la fa anche il disegno della singola posizione di lavoro (job design): per mantenere alta la motivazione, occorre assicurare che i dipendenti non perdano il contatto con l’utenza e la percezione dell’impatto generato. Si parla a riguardo di “relational job design”, ovvero disegnare contenuti di lavoro che permettano ai dipendenti di entrare in contatto con l’utenza e con chi ha tratto valore dalla loro azione, rompendo le rigide barriere tra back office e front office. Il disegno della posizione di lavoro incide e trasforma la percezione del dipendente su di sé (“self-persuasion”), sulla rappresentazione narrativa del valore generato dalla propria azione e sul significato del proprio lavoro. Domanda chiave 3: che storia si raccontano i miei dipendenti sul senso del loro lavoro?

 

STEP 4 – Investire sui neo-assunti

 

Se gli step 2 e 3 sono fondamentali per tutti, ancora di più lo sono nei confronti dei neo-assunti: la fase di ingresso in una nuova organizzazione è cruciale. Pertanto, i messaggi che sono veicolati in questo momento di imprinting organizzativo, sia con le dichiarazioni, sia nei fatti, hanno un effetto di lungo periodo. A questo scopo, disegnare percorsi di on-boarding e di mentoring per i più giovani, selezionando i mentor tra i dipendenti senior più motivati e competenti, assicura che anche le nuove leve entrino nello spirito del servizio pubblico. Domanda chiave 4: chi si occupa dell’accoglienza ed integrazione dei nuovi assunti?

 

 

STEP 5 – Capi credibili che sanno comunicare il senso della meta

 

Esiste un corpo crescente di letteratura che converge nel dire che la motivazione dei dipendenti è in larga misura il prodotto dello stile di leadership dei capi. Se la motivazione è motus ad ationem, tale movimento ha bisogno di una meta: saperla definire in maniera efficace, precisa, visionaria, ispirante è il principale compito dei capi. Ma se questo è vero anche nel privato, nel pubblico c’è un pezzo in più: ad impattare sulla motivazione a servire il pubblico vi è anche la coerenza che i capi dimostrano con le proprie dichiarazioni ed azioni concrete rispetto all’etica pubblica e alla difesa dei valori fondanti la stessa esistenza delle istituzioni pubbliche, come la difesa del bene comune al di sopra degli interessi particolari. Domanda chiave 5: in cosa credono i capi del nostro ente? Quali valori difendono col loro agire quotidiano?

Confronta le tue risposte

Chi alle domande chiave sopra proposte ha dato una o più delle seguenti risposte, potrebbe abitare un ente con un problema di motivazione…

 

Domanda 1: Non lo so, non me lo sono mai chiesto

Domanda 2: Non lo so, non ne ho idea

Domanda 3: Potessi tornare indietro farei altri, ma almeno ho la garanzia del posto fisso… di ‘sti tempi…

Domanda 4: Nessuno

Domanda 5: Credono che l’importante sia difendersi, individualmente e come categoria.  

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