
- Data inizio
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- 5 mag 2025
- 6 giorni
- Class
- Italiano
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Un elevato investimento in CSR a livello centrale e la collaborazione con attivisti e ONG a livello locale possono prevenire comportamenti opportunistici nelle sussidiarie
Sostenibilità e responsabilità sociale sono ormai vere e proprie parole d’ordine per le aziende multinazionali. Attraverso campagne di comunicazione, report, loghi e marchi dedicati, sono sempre più numerose le grandi aziende che cercano di dare una connotazione «sociale» ai propri brand. È una strategia che paga: gli investimenti in iniziative di responsabilità sociale possono apportare un contributo positivo ai risultati aziendali.
Per poter trarre un beneficio dal proprio impegno in questo ambito, tuttavia, alle parole devono seguire i fatti: le azioni e le policy improntate alla responsabilità sociale d’impresa (CSR) devono essere fatte proprie da tutte le sussidiarie parte del gruppo. Garantire un’adesione coerente e sistematica alle politiche di CSR stabilite al vertice all’interno di un gruppo multinazionale implica affrontare una serie di ostacoli. In genere, la performance delle sussidiarie viene valutata sulla base di indicatori strettamente finanziari. Ciò crea però il rischio di un disallineamento rispetto agli obiettivi aziendali di CSR: i manager delle sussidiarie potrebbero infatti essere spinti a porvi una minore attenzione per poter abbassare i costi o ottenere nuovi contratti.
Comportamenti opportunistici da parte delle singole sussidiarie rischiano di avere un profondo impatto sull’azienda nel suo complesso. I consumatori finali attribuiranno infatti la responsabilità di eventuali scandali non alle sussidiarie, ma al brand nel suo complesso, con un danno reputazionale notevole. In questo ambito, si viene quindi a creare una peculiare forma di interdipendenza tra il comportamento delle singole sussidiarie. Per assicurare un’adesione responsabile e coerente alle politiche di CSR del gruppo, diventa fondamentale che il top management sia in grado di introdurre meccanismi di coordinamento e controllo efficaci.
Per individuare la strategia ottimale per il coordinamento delle iniziative di CSR in un gruppo multinazionale, è stato elaborato un modello teorico articolato come gioco in tre fasi.
Nella prima fase, il vertice del gruppo stabilisce quanto investire nello sviluppare un brand «socialmente responsabile» a livello globale, nell’ottica di massimizzare il risultato aziendale. Questi investimenti si tradurranno in iniziative ad elevata visibilità pubblica. Nella seconda fase, i manager delle singole sussidiarie scelgono se comportarsi o meno in maniera responsabile, nella prospettiva di massimizzare i profitti della sussidiaria. Un comportamento irresponsabile garantirà risultati migliori alla sussidiaria, ma aumenterà il rischio di un danno al brand aziendale nel caso in cui dovesse venire alla luce. Nella terza fase, il gruppo raccoglie i benefici dei propri investimenti in CSR, che dipenderanno non solo dal livello di investimento iniziale, ma anche dal comportamento più o meno responsabile delle singole sussidiarie e dagli eventuali danni al brand che ne deriveranno.
Per incentivare le singole sussidiarie a un comportamento responsabile, il vertice aziendale potrà adottare, a seconda delle circostanze, due diverse strategie: introdurre forme di controllo verticale, attraverso contratti ad hoc, direttive e meccanismi di monitoring; o in alternativa investire in iniziative di CSR più di quanto sarebbe ottimale se tutte le sussidiarie si comportassero spontaneamente in modo responsabile. Un investimento elevato in CSR implica infatti un incremento del costo opportunità di comportamenti irresponsabili da parte delle sussidiarie, contribuendo quindi a prevenirli.
Un vincolo importante al perseguimento di una strategia di CSR è rappresentato dall’ampiezza del network delle sussidiarie. Mentre in un network piccolo le sussidiarie tenderanno a comportarsi responsabilmente di propria iniziativa, in un network di dimensioni intermedie la strategia migliore per il vertice sarà quella di un sovrainvestimento in CSR; oltre una certa soglia, tuttavia, tale strategia diventerà troppo costosa e sarà preferibile introdurre forme di controllo. Infine, in un network molto ampio le iniziative di CSR aziendale non potranno essere profittevoli a causa dei costi eccessivi di coordinamento e controllo.
Una strategia alternativa a quella del sovrainvestimento in CSR può essere quella di coinvolgere mass media, attivisti e ONG a livello locale. La presenza di forme di partnership e iniziative con soggetti esterni implicherà infatti una maggiore probabilità che eventuali comportamenti irresponsabili della sussidiaria vengano alla luce. Questo maggior rischio di essere scoperti tenderà, oltre una certa soglia, a indurre il management della sussidiaria a scegliere autonomamente la strada del comportamento responsabile.
Un’ulteriore strategia potrà essere quella di porre a capo delle sussidiarie manager «altruisti» - manager, cioè, che nell’impostare l’attività di filiale non si limitino a considerare la massimizzazione del profitto, ma tengano conto anche di aspetti di responsabilità sociale. La presenza di manager altruisti implicherà dei costi supplementari, legati alle iniziative responsabili che essi promuoveranno al di fuori delle politiche di CSR promosse dal vertice aziendale. Assumere manager altruisti sarà una strategia preferibile al sovrainvestimento in CSR nel caso in cui il costo dell’altruismo non sia eccessivo e in aziende con network di dimensioni intermedie.
Infine, va considerato l’impatto delle differenze nazionali sulle politiche di CSR: in paesi diversi possono esservi rischi e sensibilità differenti rispetto alle politiche di responsabilità sociale. In presenza di simili eterogeneità nazionali tra le sussidiarie, un investimento elevato in CSR può essere meno efficiente come meccanismo di coordinamento; al contrario, può essere opportuno adottare una strategia di CSR differenziata a seconda dei diversi paesi.
Investire in iniziative di CSR può essere anche un modo per incrementare i profitti aziendali. Tuttavia, nelle grandi aziende multinazionali, solo un comportamento coerente da parte di tutte le sussidiarie renderà possibile costruire un vero brand «socialmente responsabile» a livello globale. Specialmente all’interno di gruppi molto grandi e internazionalizzati, i vertici aziendali non possono aspettarsi che i manager locali aderiscano spontaneamente alle loro politiche di CSR. Si renderanno quindi necessari meccanismi di coordinamento e controllo efficaci, che garantiscano l’adesione alle scelte del vertice aziendale da parte di tutte le filiali, prevenendo comportamenti opportunistici.
A differenza di quanto si potrebbe pensare, un investimento sostanzioso in campagne di CSR da parte del vertice aziendale può non essere semplicemente un’iniziativa simbolica: a date condizioni, esso potrà rendere troppo rischiosi atteggiamenti opportunistici e quindi incentivare effettivamente comportamenti responsabili da parte delle sussidiarie. Anche il coinvolgimento di attivisti e ONG a livello locale o il reclutamento di manager propensi all’altruismo possono, in determinati casi, rappresentare efficaci meccanismi di controllo all’interno dell’azienda. In ultima analisi, il top management non può considerare la performance economica e quella sociale dell’impresa come compartimenti stagni: al contrario, deve sempre tener conto del complesso intreccio che sussiste tra i due ambiti.