Teoria in pratica

Il debito pubblico fa male all’innovazione

Un accresciuto indebitamento e un elevato rapporto debito/PIL implicano un appesantimento del costo del capitale, specie per le aziende ad alta intensità di Ricerca e Sviluppo

Il contesto

A partire dalla Grande Crisi del 2007-2008, in molti Paesi si è registrato un incremento massiccio del debito pubblico. Con ogni probabilità, i sostanziosi programmi di investimento varati per contrastare gli effetti della pandemia da Covid-19 porteranno a un’ulteriore, significativa crescita dell’indebitamento pubblico. A fronte di un possibile stimolo alla domanda nel breve periodo, l’incremento del debito viene da molti considerata una minaccia alle prospettive di crescita di lungo termine. Nel corso del tempo, infatti, il processo di consolidamento del debito potrebbe comportare un aumento della pressione fiscale o tassi di inflazione più elevati; inoltre, la necessità di ripristinare l’equilibrio di bilancio potrebbe associarsi a una maggiore incertezza e a crescenti tensioni e instabilità di natura politica.

 

Sull’impatto negativo del debito pubblico nel lungo periodo vi è un consenso abbastanza ampio tra gli economisti. Al contrario, quale sia il meccanismo concreto attraverso cui l’indebitamento impatta sull’economia reale è una questione ancora relativamente poco studiata.

 

Un fattore che potrebbe risultare critico è quello del costo del capitale: si può immaginare che livelli più alti di debito pubblico generino una maggiore incertezza, e quindi una minore propensione al rischio, tra gli investitori. Ciò si tradurrebbe in una maggiore difficoltà per le imprese a reperire capitali – e quindi nella necessità di garantire un premio al rischio più elevato per gli investitori. Questo effetto non sarebbe uniforme tra tutte le imprese, ma andrebbe a colpire specialmente quelle più innovative. Nel lungo periodo, si avrebbe così una minore propensione all’innovazione nel settore privato, con ricadute negative sulla crescita aggregata.

 

La ricerca

Per verificare l’impatto dei livelli del debito sul costo del capitale e sulla crescita economica, è stato condotto uno studio su circa 6000 imprese quotate negli Stati Uniti nel periodo 1975-2013. L’analisi si è concentrata anzitutto sul premio al rischio pagato agli investitori rispettivamente dalle imprese innovative e da quelle tradizionali. I dati dimostrano non solo che chi innova di più è costretto a garantire un maggior ritorno ai propri finanziatori (con un costo del capitale annuo in media del 7,5 per cento superiore alle imprese tradizionali), ma anche che il premio al rischio da corrispondere da parte delle imprese innovative aumenta nelle fasi di crescita del debito pubblico.

 

Alla radice di questa dinamica c’è l’incertezza che si associa a più elevati livelli di government spending. Un aumento dell’indebitamento alimenta infatti preoccupazioni riguardo alla pressione fiscale negli anni a venire e a possibili incrementi nei tassi di interesse, rendendo di conseguenza meno prevedibili i flussi di cassa futuri. Questo impatta particolarmente su imprese e progetti incentrati sull’innovazione, che fondano il proprio valore su rendite monopolistiche temporanee, volatili e intangibili, come quelle legate ai brevetti. In un contesto di incertezza, le preferenze tanto degli investitori quanto dei manager tenderanno quindi a riorientarsi verso iniziative più tradizionali incentrate su asset tangibili, percepiti come meno rischiosi.

 

L’analisi empirica consente inoltre di quantificare il costo di un incremento del debito pubblico per le imprese innovative e per l’economia nel suo complesso. Dallo studio risulta infatti che la variabile fiscale è di per sé sufficiente a spiegare ben un terzo del premio al rischio supplementare (pari a un 2,5 per cento in termini assoluti) che le imprese propense all’innovazione sono costrette a corrispondere in più rispetto a quelle tradizionali. A fronte di un incremento del debito pubblico dal 60 al 100 per cento, un progetto di innovazione o ricerca dovrà garantire un ritorno atteso superiore in media di 1,6 per cento su un orizzonte di cinque anni affinché sia giustificabile agli occhi di un manager.

 

Anche se potrebbe sembrare una differenza non poi così rilevante, in realtà l’impatto che un simile innalzamento dell’asticella per investire in innovazione comporta a livello aggregato è sostanziale: la perdita di crescita complessiva derivante dalla mancata innovazione è infatti stimabile in un 4 per cento del prodotto interno lordo, sempre su un orizzonte di cinque anni. Un accresciuto debito pubblico quindi non solo ha effettivamente delle ricadute negative sui livelli di innovazione, e sull’economia nazionale nel suo complesso, ma tali ricadute risultano ingenti da un punto di vista quantitativo.

 

Conclusioni e implicazioni

Per quanto possa apparire un valido mezzo per contrastare shock esogeni nel breve periodo, il ricorso alla spesa pubblica da parte dei governi dovrebbe essere attentamente ponderato. Le ricadute sul sistema economico nazionale nel lungo periodo, infatti, sono sostanziali, andando a colpire in particolare i livelli di innovazione.

 

Un ruolo determinante lo ha l’incertezza che un maggiore indebitamento crea intorno alle politiche fiscali future: le preoccupazioni riguardo a un possibile incremento della pressione fiscale domani inducono infatti gli investitori a chiedere un più elevato premio al rischio oggi. Ciò è vero in particolare per quelle iniziative e quei progetti che vengono percepiti come particolarmente rischiosi – è il caso di quelli a più alta intensità di innovazione e di ricerca e sviluppo.

 

Per prevenire questo tipo di dinamica, i governi devono approfittare delle fasi espansive dell’economia per portare avanti piani di riduzione del debito pubblico. Un elemento altrettanto importante riguarda la promozione di una politica fiscale convincente, che appaia solida e certa agli investitori anche nel lungo periodo. Attraverso queste iniziative di «austerità prudenziale», i governi più avveduti saranno in grado di affrontare improvvise le crisi future con un maggior margine di manovra, e minori ricadute sui processi di innovazione, rispetto a quelli oberati da un indebitamento fuori controllo.

 

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