Sotto la lente

Come usare i social per investire in startup

Il 78% delle startup, secondo le stime metodologicamente più affidabili, fallisce prima del quinto anno di vita e persino i venture capitalist più esperti perdono denaro su oltre metà delle nuove imprese su cui investono. Più che “investire”, in queste condizioni, si dovrebbe forse scrivere “puntare” se anche Bill Maris, managing partner di Google Ventures, paragona l’attività di investimento in startup all’acquisto di un biglietto della lotteria.

 

Una nuova metodologia, sviluppata in SDA Bocconi e basata sull’analisi dei social media con l’utilizzo di strumenti di machine learning, promette oggi di migliorare la “mira” di chi investe nelle startup. La metodologia ha già dimostrato di saper individuare, già al momento del loro lancio, le imprese più promettenti con una precisione che supera quella degli investitori professionali.

 

La maggior parte dei fallimenti è dovuta a una cattiva comprensione del mercato e ad un’errata interpretazione delle sue esigenze da parte degli startupper. Il profilo più tipico è quello dell’innovatore talmente concentrato sulle qualità tecniche della soluzione ideata, da non venire neppure sfiorato dal dubbio che il mercato potrebbe non essere interessato al suo prodotto.

 

Valutare quanto un fondatore o un gruppo di fondatori comprendano il mercato, tuttavia, è un’impresa difficile e la letteratura scientifica e le analisi degli investitori si sono perciò incentrati sulle caratteristiche di queste persone, sia in termini di esperienze pregresse e di competenze, sia in termini psicologici. Tali sforzi si sono però rivelati infruttuosi, come dimostra il fatto che la precisione con cui gli investitori individuano le imprese più promettenti non è migliorata con il tempo.

 

Un altro scoglio concettuale è l’identificazione degli individui che compongono il mercato potenziale di un prodotto che ancora non esiste.

 

La nuova metodologia si basa sull’idea che un imprenditore che abbia la stessa “mentalità” del suo mercato avrà maggiori possibilità di comprenderne le necessità e di cogliere le opportunità che tali esigenze comportano. I social media, e nello specifico l’ex Twitter, si sono rivelati il luogo dove è possibile identificare un mercato potenziale e misurare la somiglianza di “mentalità” tra un imprenditore e il suo mercato attraverso un nuovo strumento di machine learning (il campo più avanzato dell’intelligenza artificiale).

 

Nell’analisi di 1.800 startup avviate negli Stati Uniti nel 2014 e 2015, per ogni loro ambito sono stati individuati degli account Twitter “esemplari”, ovvero caratterizzati dal fatto di trattare con continuità i temi al centro dell’attività della nuova impresa. Per imprese nel campo del fitness, per esempio, gli account possono essere quelle delle riviste di fitness più diffuse o di grandi catene di palestre. I friends di almeno un certo numero di questi account sono assimilati al mercato potenziale della startup.

 

Per valutare le somiglianze di mentalità tra l’imprenditore e il suo mercato, da una parte, si calcola quanti suoi friends siano anche friends delle persone individuate come membri del suo mercato potenziale (friend similarity) e, dall’altro, attraverso lo strumento di machine learning, quanto il linguaggio usato dall’imprenditore sia simile a quello usato dalle persone del suo mercato potenziale (linguistic similarity).

 

Le imprese individuate secondo questi criteri hanno ottenuto, negli anni successivi, risultati migliori delle imprese effettivamente selezionate dai venture capitalist in termini di redditività, di rendimento dell’investimento e di durata.

 

In primo luogo, le imprese effettivamente finanziate dai venture capitalist hanno registrato un numero maggiore di fallimenti rispetto a quelle individuate dai due criteri di somiglianza. Il 23% delle imprese top-30 per gli investitori è fallito nei primi cinque anni di attività, contro il 10% delle top-30 per linguistic similarity e nessuna di quelle individuate per friend similarity.

 

In termini di rendimento dell’investimento, le top-10 per linguistic similarity hanno reso, in otto anni, 2,2 miliardi di dollari, rispetto ai 420 milioni di dollari delle top-10 delle scelte effettive degli investitori.

 

Se adottata dagli investitori professionali, dunque, la nuova metodologia consentirebbe di individuare le startup con le potenzialità maggiori in una fase precocissima del loro sviluppo, rendendo l’investimento in startup un’attività sempre più distinguibile dal gioco d’azzardo.

 

Pubblicato originariamente su Fortune Italia

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