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- 19 mag 2025
- 5 giorni
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- Italiano
Comprendere a fondo e implementare con efficacia la nuova dimensione della sostenibilità aziendale e saper realizzare un piano strategico guidato da criteri ESG.
Da qualche tempo la classifica dei principali produttori automobilistici mondiali è cambiata. O meglio, Volkswagen, Toyota e il gruppo Renault-Nissan-Mitsubishi Alliance restano in cima se guardiamo ai veicoli venduti. Se invece guardiamo alla capitalizzazione di borsa, la classifica è guidata da Tesla, che a oggi vale circa 675 miliardi di euro, oltre il doppio dei tre leader di vendite messi insieme. In quinta posizione, con una capitalizzazione di 75 miliardi di euro, troviamo un altro produttore di veicoli elettrici, la cinese NIO, che vale più di Daimler, General Motors (GM) e BMW. Molte altre aziende dell’elettrico hanno raggiunto negli ultimi mesi capitalizzazioni stellari, come Rivian (pick-up elettrici, valutata 25 miliardi di euro in un collocamento privato), Nikola (camion elettrici, 8 miliardi di euro in borsa) e Arrival (bus elettrici, 14 miliardi).
È ormai certo che il futuro della mobilità sarà elettrico. La sostenibilità lo impone e l’efficienza dei veicoli a batteria è progredita più rapidamente di quanto si pensasse. GM ha annunciato pochi giorni fa che venderà solo veicoli elettrici entro il 2035. Volkswagen offrirà la versione elettrica di tutti i suoi modelli entro il 2030. Daimler avrà almeno una versione ibrida o elettrica per ogni modello entro la fine del 2022. Agli investimenti delle imprese si accompagna la spinta dei governi. Non è un caso che l’annuncio di GM sia arrivato pochi giorni dopo l’ingresso in carica di Joe Biden, che ha promesso un nuovo programma federale di incentivi per i veicoli elettrici. Gli Stati Uniti si aggiungono all’Europa, che ha adottato una regolazione stringente sulle emissioni di carbonio delle automobili, che obbligherà i produttori ad abbandonare progressivamente i veicoli a combustione. Il governo cinese ha deciso che le vendite locali di veicoli elettrici dovranno arrivare al 20 per cento del mercato (circa 5 milioni di unità) già nel 2025.
Ciò nonostante, le capitalizzazioni di Tesla e delle sue sorelle lasciano stupefatti. Il settore automobilistico soffre da sempre di margini bassi, costi fissi elevati e capacità produttiva in eccesso. Perciò, molti investitori temono di trovarsi davanti a una nuova bolla speculativa, la «Electric Vehicle Bubble», una replica su scala minore della «Internet Bubble. A partire dal 1995, il prezzo di borsa di qualunque impresa avesse un tenue legame con internet prese a salire senza sosta, fino a toccare valori inverosimili nel marzo 2000, momento in cui la bolla scoppiò disastrosamente nei mercati finanziari.
L’esperienza ci insegna a non azzardare previsioni su cosa accadrà in borsa. Possiamo invece tentare di capire le implicazioni economiche della transizione verso la mobilità sostenibile. I veicoli a batteria sono più semplici da sviluppare e produrre di quelli tradizionali. Bisogna quindi attendersi l’ingresso di molti nuovi produttori. Solo in Cina, ci sono oltre 400 start-up che intendono produrre veicoli elettrici. Inoltre, i tempi di ricarica delle batterie sono più lunghi del rifornimento tradizionale. Una soluzione sarebbe ricaricare i veicoli nei garage di casa durante la notte, ma molti automobilisti parcheggiano i veicoli in strada, e ricaricare ogni notte tutti i veicoli di un intero Paese sarebbe un problema in un futuro sostenibile in cui l’elettricità venisse dal solare, che di notte non è disponibile.
Tuttavia, le caratteristiche dei veicoli elettrici offrono anche grandi opportunità di innovazione. Consideriamo NIO, il produttore cinese salito al quinto posto nelle capitalizzazioni di borsa. È una start-up fondata nel 2014, che ha iniziato la produzione nel 2018, e ha venduto nel 2020 solo 43.000 automobili, lo 0,5 per cento delle vendite di una Daimler o di una General Motors. Il nome cinese dell’azienda, Weilai, significa «cielo azzurro in arrivo», un’allusione a un mondo senza inquinamento. Il design delle automobili NIO è palesemente ispirato a Tesla. Simile è anche il posizionamento strategico, nel segmento premium. Quello che differenzia NIO è che offre ai clienti un servizio di sostituzione delle batterie in stazioni stradali automatizzate, una tecnologia sperimentata ma poi scartata da Tesla qualche anno fa. L’inserimento nel veicolo NIO di una batteria carica richiede solo tre minuti. ll cliente acquista il veicolo ma non la batteria, con un risparmio del 25 per cento sul prezzo finale, e sottoscrive un abbonamento a circa 200 euro al mese per il servizio di sostituzione.
L’innovazione di NIO avrà successo? La borsa dice sì. Better Place, una start-up che anni fa tentò di introdurre una soluzione simile in Israele, fallì rapidamente. Ma non possiamo non accorgerci che la formula dell’abbonamento avvicina NIO ad altre aziende di successo – da Spotify a Netflix – che hanno proposto ai clienti modi innovativi di fruire servizi e contenuti.
L’abbonamento è solo uno dei nuovi modelli di business che possono sorgere intorno ai veicoli elettrici, creando fonti di valore. I veicoli elettrici avranno nuove filiere produttive, nuovi servizi a bordo, nuove modalità di vendita e parteciperanno negli anni a venire a un sistema di mobilità radicalmente diverso da quello attuale. L’Italia, che è uno dei grandi mercati dell’automobile, ma per il momento non ha una presenza importante nella filiera dei veicoli elettrici, avrà bisogno di investimenti. La fusione fra FCA e Peugeot-Citroën potrebbe essere una svolta, perché permetterà di trasferire agli stabilimenti italiani di FCA la piattaforma elettrica sviluppata dal partner francese.
La mobilità è solo un esempio delle trasformazioni innescate dalla sostenibilità. Le aziende alimentari stanno sperimentando alternative vegane alla carne. Le acciaierie stanno cercando di usare l’idrogeno al posto del carbone negli altiforni. I brand della moda stanno provando a convincere i loro fornitori a rispettare la sicurezza e i diritti dei lavoratori. Queste trasformazioni generano sempre valore, anche se con tempi e modalità imprevedibili. Anche all’epoca dell’«Internet Bubble», gli investitori ebbero ragione nello scommettere che internet avrebbe rivoluzionato l’economia. Sbagliarono, semmai, nel capire in quali titoli investire. Di molte aziende internet di allora oggi non rimane più traccia. Ma altre sono diventate i giganti dei loro settori, come Amazon, che oggi ha una capitalizzazione quaranta volte più alta di quella, apparentemente folle, che toccò al culmine della bolla.