Sotto la lente

Mercati volontari del carbonio e green coins

Le aziende con un impatto ambientale minimo tendono a beneficiarne sia in termini di valore del brand, sia di costi di finanziamento. I consumatori apprezzano le aziende sensibili all’ambiente, mentre le agenzie di rating assegnano loro punteggi più alti. Alla luce di tutto ciò, non sorprende che nel 2023 Microsoft abbia annunciato l’obiettivo di diventare carbon negative entro il 2030. Lo stesso anno, Delta Air Lines ha dichiarato di essere diventata completamente carbon neutral nel marzo 2020.  

 

Come possono le aziende con un core business ad alte emissioni fissare obiettivi tanto ambiziosi? Da una parte si tratta di limitare le proprie emissioni. Dall’altra parte, invece, si tratta di impegnare miliardi di dollari in «progetti verdi» (green projects) che aiutano l’ambiente compensando le emissioni (investendo in fonti di energia rinnovabili o nella riforestazione, per esempio) o sequestrandole (immagazzinando CO2 nel sottosuolo). Questi progetti sono spesso realizzati da terze parti in località lontane dalla sede centrale dell’azienda. Un’azienda statunitense potrebbe, per esempio, finanziare un piano di riforestazione in un’area remota dell’Asia.  

 

La crescente domanda di progetti verdi da parte delle aziende ha creato un nuovo mercato privato che sfrutta gli strumenti innovativi sviluppati nel contesto della finanza decentralizzata (DeFi). In particolare, sono molti gli operatori che offrono «gettoni verdi» (green coins), ossia token basati su una blockchain e sostenuti da progetti verdi. Alcuni di questi operatori sono note istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite, che utilizzano la loro piattaforma di compensazione delle emissioni di carbonio per finanziare numerosi progetti legati all’ambiente.  

 

Altri operatori sono invece completamente privati. ForestCoin, per esempio, tramite la sua app, permette agli utenti di finanziare progetti di micro-riforestazione. Ecco come funziona: gli utenti creano gettoni piantando alberi e confermandone la posizione attraverso il proprio smartphone; ogni gettone è associato a una quantità stimata di riduzione di CO2; questi gettoni possono quindi essere scambiati in borsa e venduti alle aziende, che in questo modo possono raggiungere l’obiettivo di emissioni zero.  

 

Non c’è dubbio che questa innovazione sia fonte di opportunità. La monetizzazione dei benefici dell’assorbimento di CO2 facilita l’inclusione di un ampio pubblico nella transizione verde, il che spiega la straordinaria crescita registrata da questo mercato. Nel 2021, infatti, il mercato volontario del carbonio è cresciuto a un ritmo record, fino a raggiungere i 2 miliardi di dollari, quattro volte il suo valore nel 2020 

 

Tuttavia, ci sono ragioni per essere preoccupati. Come si distinguono i veri progetti verdi da quelli falsi? Come si certificano i progetti che riducono le emissioni di CO2? E come si fa ad essere certi che lo stesso progetto non venga riutilizzato per vendere altri crediti senza alcun beneficio aggiuntivo per l’ambiente? Senza fiducia, questo mercato rischia di cessare la sua crescita.  

 

Una strada potrebbe essere quella di lasciare che sia il settore privato a occuparsi della questione. Il programma Verified Carbon Standard di Verra (precedentemente noto come Voluntary Carbon Standard) è il programma di accreditamento dei gas serra (GHG) più diffuso al mondo. Gold Standard è un altro grande attore sostenuto da istituzioni note come il WWF, le Nazioni Unite e altre ONG.   

 

Un’altra possibilità consiste nella selezione di partecipanti verificati. Nell’ottobre 2023, la Borsa di Tokyo (TSE) ha iniziato a scambiare crediti di emissioni di carbonio certificati dal governo, mentre un numero crescente di Paesi asiatici ha utilizzato meccanismi di mercato per raggiungere gli obiettivi climatici nazionali. La TSE ha registrato 188 aziende, istituzioni finanziarie e governi locali per scambiare i cosiddetti J-credits guadagnati attraverso attività locali che riducono le emissioni. Tuttavia, entrambe le soluzioni potrebbero rivelarsi insufficienti.  

 

In primo luogo, nei mercati in cui la domanda di progetti verdi è in crescita, che cosa impedisce alle entità private di abbassare i propri standard di verifica per massimizzare i profitti? Questa domanda è estremamente rilevante per la sostenibilità dei mercati sopra citati. Negli ultimi mesi, i mercati volontari del carbonio hanno iniziato a soffrire a causa del numero di aziende che hanno ridotto gli acquisti (tra le altre, il gigante alimentare Nestlé e la casa di moda Gucci). Nello stesso tempo, alcuni studi hanno mostrato che diversi progetti di protezione delle foreste non hanno raggiunto i risultati promessi in termini di emissioni. A fine maggio 2023, negli Stati Uniti, Delta Air Lines è stata oggetto di una proposta di class action dopo essersi definita come «la prima compagnia aerea al mondo a emissioni zero». Senza standard accurati e validati dall’esterno, la sfiducia tenderà a prevalere e la decentralizzazione dei progetti verdi correrà il rischio di fallire.   

 

Ed ecco una seconda questione non indifferente. Supponiamo che i progetti verdi siano certificati da autorità governative affidabili. In assenza di standard globali comuni, che cosa impedirebbe ai diversi Paesi di attrarre più fondi allentando gli standard di verifica dei progetti verdi realizzati sul loro territorio? Poiché le emissioni di CO2 sono un problema globale, anche gli standard di verifica dovrebbero essere globali. Monitorare la creazione e il commercio di moneta sostenuta da progetti verdi in tutto il mondo è una priorità assoluta per l’economia globale.  

 

In un recente studio intitolato «Green Coins», in collaborazione con N. Guinez, T. Nguyen e C. Tebaldi, affrontiamo questi problemi cercando di fare luce sul funzionamento opaco dei mercati volontari. Proponiamo quindi la creazione di una «Global Green Central Bank» (GGCB), ovvero un’istituzione incaricata di verificare i nuovi progetti verdi utilizzati per creare green coins. Analogamente a quanto fanno le comuni banche centrali con la liquidità, la GGCB, controllando l’offerta di green coins disponibili sui mercati privati, potrebbe stabilizzare il prezzo di mercato delle emissioni di CO2. Nel contesto di un modello di equilibrio generale, un sistema di questo tipo permetterebbe di superare le inefficienze del mercato, dovute per esempio alle frizioni creditizie.  

 

L’impostazione sopra descritta può avere un’applicazione realistica perché presuppone che emissioni e green coins siano «registrate» su una blockchain sicura con criteri ambientali prestabiliti dalla GGCB e verificabili in modo decentralizzato sulla blockchain. Mentre molte banche centrali in tutto il mondo stanno lavorando all’adozione della Central Bank Digital Currency (CBDC), noi proponiamo un modo alternativo di sfruttare gli strumenti FinTech. In particolare, crediamo che le blockchain possano essere utilizzate per scambiare in modo sicuro una global green digital currency (GGDC), ovvero una moneta digitale verde globale sostenuta da progetti verdi certificati. In questo modo, le aziende verdi sarebbero coinvolte nel processo di transizione e potrebbero monetizzare le ricadute positive dei loro investimenti ecologici. Allo stesso tempo, le imprese «brown», meno ecologiche, avrebbero la possibilità di acquistare gettoni verdi certificati e trasmettere in modo credibile il loro impegno verso le best practice ambientali.  

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