
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 15 Mag 2025
- 4,5 giorni
- Class
- Italiano
Acquisire modelli di lettura e analisi del cambiamento in azienda e proporre metodologie di intervento per trasformare le visioni strategiche in risultati concreti.
È fondamentale saper cogliere con tempestività le aspettative degli operatori, anche nelle loro componenti emotive e irrazionali
«Il mercato è soggetto a ondate di sentiment ottimista e pessimista, che sono irragionevoli e tuttavia più che legittime quando non esistono solide basi per calcoli sensati». Così quasi cent’anni fa John Maynard Keynes coglieva l’impatto che emozioni e sentimenti avevano, e tutt’ora hanno, sui mercati.
La dinamica dei prezzi, in effetti, può essere considerata come una manifestazione della psicologia collettiva, con le sue oscillazioni tra ottimismo e pessimismo, tra fiducia incondizionata e sfiducia improvvisa: in corrispondenza dei picchi emotivi si registrano inattese impennate o subitanei crolli dei prezzi.
Molto spesso a motivare le azioni non sono solo informazioni oggettive, ma anche le emozioni – e il modo in cui queste contagiano reciprocamente gli individui. In questa prospettiva, i movimenti di mercato possono essere considerati come il frutto di un cambiamento in quello che la maggior parte degli attori di mercato crede che succederà – un cambiamento motivato da nuove informazioni, non necessariamente verificate o veritiere, e dalle emozioni a esse associate, che tendono a propagarsi nel mercato. I fattori sociali acquisiscono così un’importanza cruciale nello spiegare le dinamiche finanziarie, e la fiducia che gli individui sviluppano a riguardo.
Herding behaviour: è questo il termine con cui viene descritta l’influenza del gruppo sul comportamento dei singoli, specialmente nelle situazioni di incertezza. I comportamenti che si manifestano sui mercati ricordano infatti quelli delle folle: i singoli tendono a conformarsi a quanto fa la massa – anche se questa sbaglia. Di fronte all’incertezza, le persone hanno più paura a decidere da sole, per il timore di sbagliare: preferiscono quindi affidarsi al giudizio del gruppo, che le rassicura rispetto a possibili errori.
Un approccio di questo tipo, tuttavia, può spingere facilmente a valutazioni superficiali e non ottimali. Alcuni studi, per esempio, hanno evidenziato come, seppur in possesso di informazioni complete circa l’andamento del mercato, investitori anche molto esperti tenderanno in ogni caso a seguire le opinioni prevalenti tra gli operatori del settore, anche quando queste non consentano di massimizzare la loro utilità.
Alla radice di simili comportamenti c’è la tendenza ad assimilare in maniera acritica le informazioni provenienti dall’ambiente esterno: la propria rete di contatti, le previsioni degli analisti, i mass media.
Le distorsioni a cui ciò può dar luogo sono innumerevoli. Prendiamo per esempio il caso dei mass media: le informazioni che veicolano possono caratterizzarsi per un ideology bias (il desiderio dell’editore di influenzare l’opinione dei lettori) e uno spin bias (la tendenza a esagerare i fatti, con l’obiettivo di raccontare storie incredibili che facciano parlare di sé). Si tratta di errori pericolosi per i mercati finanziari, che possono influenzare drasticamente la fiducia degli investitori e condizionare di conseguenza l’allocazione dei loro investimenti.
Il risultato dell’influsso di questi condizionamenti esterni sui singoli è l’emergere di un vero e proprio «pensiero di gruppo» (groupthink), che determina effetti apparentemente irrazionali sul mercato dei titoli e dei prezzi. La fiducia (o sfiducia) degli operatori nei confronti di singole aziende, e dei mercati nel loro complesso, può essere quindi letta come il riflesso di processi collettivi che trascendono la cognizione individuale.
L’insieme dei fattori, delle percezioni e delle distorsioni che determinano questa dinamica è molto ampio, il che ne rende una misurazione precisa assai difficile. Tuttavia, la ricerca in materia ha portato a individuare alcuni indicatori, che possono contribuire almeno in parte a valutare l’attuale grado di fiducia sui mercati.
Tramite gli indicatori di sentiment è possibile misurare l’aspettativa positiva o negativa di una determinata tipologia di investitore (gestore professionista, trader, risparmiatore) rispetto alle prospettive del mercato. Le possibili modalità di misurazione del sentiment del mercato sono molteplici. Alcune si basano su sondaggi di opinione: a consumatori, risparmiatori, investitori istituzionali, blogger viene chiesta la loro fiducia o il loro grado di ottimismo circa l’andamento dell’economia o dei mercati finanziari. Di questi indicatori fa parte il Crash Confidence Index, che si basa su interviste relative a un possibile crash dei mercati nei successivi sei mesi. Questo indicatore ha in un certo senso anticipato il crollo del 2008, quando la percentuale degli «ottimisti» è diminuita notevolmente fino ad arrivare ai minimi di gennaio 2009.
La disponibilità di volumi sempre maggiori di dati e di tecnologie per elaborarli ha portato allo sviluppo di indicatori che ricorrono a Internet e ai social media per misurare il sentiment. È possibile, per esempio, analizzare il flusso dei post su Twitter individuandone il sentiment sottostante positivo o negativo (calmo, preoccupato, sicuro, vitale, gentile o felice) per cercare di capire dove andrà il mercato finanziario.
A fianco degli indicatori sulla fiducia dichiarata, c’è poi una seconda categoria di indicatori, più diffusa: quella che si basa sui flussi. Gli esempi sono innumerevoli, e a tratti possono apparire bizzarri. Tra gli indicatori alternativi, per esempio, ha una certa popolarità l’«indice delle gru»: tante più gru di grandi dimensioni sono visibili attorno a noi, tanto più cresceranno l’attività economica e la fiducia. A lungo il grado di fiducia nella City di Londra è stato misurato attraverso un «indice dello champagne»: il consumo delle bollicine in determinati bar veniva visto come una misura attendibile della fiducia degli operatori. Non mancano, ovviamente, indicatori più tradizionali, generalmente legati all’andamento dei corsi azionari sul mercato ancor oggi più influente del mondo: quello statunitense.
Gli indicatori di sentiment possono fornire indicazioni utili riguardo al grado di fiducia sull’andamento e le prospettive dei mercati. Oggi, tuttavia, sembra porsi una questione di fondo complementare: quella della fiducia nel mercato, in quanto tale. In un recente sondaggio, per esempio, oltre la metà degli intervistati di 27 diversi paesi ha dichiarato di ritenere che gli operatori bancari non si farebbero scrupoli ad approfittare di loro se ne avessero l’opportunità. Di fronte a una diffidenza tanto diffusa, rafforzare la fiducia dell’opinione pubblica nel sistema finanziario diventa una questione ineludibile, anche per prevenire comportamenti collettivi irrazionali che potrebbero andare a danno di tutti, come un eccesso di cautela nella gestione dei risparmi.