Molti si arrovellano per trovare risposta alla domanda “Perché proprio l’Italia nell’occhio del ciclone Covid 19”? Domanda intrigante e complessa rispetto alla quale servono certamente conoscenze, osservazioni prolungate e più discipline al lavoro per rintracciare una risposta almeno verosimile. Sollecitata dalle piste di ragionamento degli epidemiologi e degli esperti di prevenzione, mi sembra utile collegare alcune rilevazioni provenienti dall’ Annuario Statistico Commercio Estero e Attività Internazionali delle Imprese (Istat, 2019) con la mappa di diffusione del virus.
Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte – le regioni maggiormente flagellate sin dalla prima ora – sono quelle in cui insiste un tessuto imprenditoriale a grande vocazione internazionale. In generale, nel nostro Paese le vendite sui mercati esteri risultano concentrate territorialmente nel Centro – Nord da dove proviene oltre l’80% delle esportazioni nazionali (2018). Sgranando la fotografia, si osserva che la quota della Lombardia è pari al 27,4%, quella del Veneto e dell’Emilia-Romagna al 13,7% e subito dopo troviamo quella del Piemonte al 10,4%. Altro elemento che appare interessante è la dimensione degli operatori: questo circuito economico è largamente popolato da “microesportatori”: 77.445 operatori hanno un fatturato all’esportazione che non supera i 75 mila euro (con un contributo al valore complessivo delle esportazioni pari allo 0,3%); di contro, 4.651 operatori appartengono alle classi di fatturato esportato superiori a 15 milioni di euro (realizzando il 72,1% delle vendite complessive realizzate dagli operatori sui mercati esteri). Questi dati sembrano suggerire un’ipotesi: questo prezioso modello di impresa ci ha esposti (e ci espone) a rischi sanitari maggiori rispetti agli altri Paesi?