Il Meglio del Piccolo

Imparare da chi è più avanti: focus su Stone Island

In questo inizio d’autunno il cielo appare ancora nuvoloso per il timore, giustificato o meno non fa la differenza, di tornare indietro. L’Italia ora sta meglio ma in gran parte dell’Europa e in molti altri continenti la situazione legata alla pandemia sembra essere ancora piuttosto grave. In un contesto così incerto, per rassicurarsi e trovare qualche spunto, può essere utile guardare a quelli bravi davvero che hanno attraversato anche altre bufere dimostrando di uscirne ancor più forti. Per questo mi piace l’idea di parlarvi di Sportwear Company S.p.A., in arte Stone Island, e del suo “capitano” Carlo Rivetti, di come si è mosso e di come si sta attrezzando per fronteggiare la buriana.

Nella storia della famiglia del fondatore sono rintracciabili i passaggi chiave dell’industria della moda italiana, con i suoi alti e i suoi bassi.

I Rivetti erano originariamente imprenditori nel distretto biellese della lana. A partire dagli anni ’30 si trasformano in produttori di abbigliamento dando vita al Gruppo Finanziario Tessile (GFT). Negli anni ’60, il GFT, ispirandosi a modelli organizzativi americani, in pieno boom economico, sviluppa la confezione di abbigliamento di massa dando vita al celeberrimo marchio Facis diffuso in tutta la penisola. Dopo la durissima crisi petrolifera del 1973, il gruppo sceglie di riorientarsi su una produzione pret a porter griffata iniziando collaborazioni di grande successo con stilisti come Armani, Ungaro e Valentino. All’inizio degli anni ‘80, il GFT decide di espandersi anche nel mondo della moda informale e nell’‘83 acquista il 50%, e dopo qualche anno la totalità, della C.P. Company fondata da Massimo Osti, con sede a Ravarino, in provincia di Modena. Nasce così la Divisione Sportswear all’interno del Gruppo, guidata da Carlo Rivetti che ne diventa l’Amministratore Delegato. Da questo ramo di attività nascono progetti importanti e di grande successo, dal consolidamento del marchio C.P. Company, a Stone Island, marchio creato nel 1982. La crescita elefantiaca porterà il GFT (in concomitanza con un altro momento di crisi internazionale - la guerra del Golfo del 1992) ad avere gravi problemi finanziari e ad entrare in una spirale che porterà alla cessione. Rivetti esce dalla società nel 1993, quattro anni prima del fallimento definitivo del GFT, e rileva le attività di Ravarino. E’ un nuovo inizio: avendo visto fallire il sogno della grande impresa di stampo fordista, Rivetti riparte dalla piccola dimensione. Da allora il fatturato cresce con costanza fino a superare abbondantemente, nel 2019, i 200 milioni di euro. Siamo di fronte ad una storia di successo che attraversa il tempo, la geografia, il genere, le abitudini d’acquisto. E’ intergenerazionale: il marchio che piaceva a quelli che avevano vent’anni negli anni ’80, continua a piacere ai padri ed è stato scoperto dai figli.  E’ internazionale: attira gli italiani ma anche i nostri vicini europei, gli americani, i cinesi. E’ un marchio per uomini ma è apprezzato dal pubblico femminile. Quella mostrina di ispirazione militare con il ricamo della rosa dei venti, segno distintivo di tutti i capi Stone, pensata per un pubblico maschile, attrae anche le fanciulle che amano indossare la felpa del fidanzato, del marito, del fratello maggiore. E’ comprato in tanti modi diversi: dai collezionisti che conservano capi vintage ai giovanissimi re-seller che acquistano e rivendono senza troppi romanticismi; si trova nei negozi di abbigliamento multimarca, in quelli di bandiera, nelle vetrine on-line globali ma non è dappertutto.

Così Stone Island attraversa un arco temporale di quasi quarant’anni superando indenne le crisi.

Qual è allora il segreto di questa azienda che sembra muoversi come una nave rompighiaccio nei mari artici?

Proviamo a capirlo distillando le mosse decisive per poi generalizzarle e renderle edibili anche a imprenditori che operano in settori completamente diversi da quello della moda.  Le riassumerei in tre parole facili da scrivere o da dichiarare ma più difficili da attuare e mantenere: originalità, focalizzazione, controllo. Le stesse che ha usato “capitan” Rivetti nel raccontare la sua esperienza nel nostro corso per PMI in SDA Bocconi.

  1. Siate originali. Seguite una rotta diversa, addirittura opposta a quella battuta dalla maggioranza e andate diritti per la vostra strada, credendoci fino in fondo. Le scelte che rendono unica Stone Island sono state tante. Ne elenco alcune a partire dalla prima. Rivetti ebbe l’idea dirompente di passare dall’abbigliamento formale (quello che aveva fatto la fortuna dell’azienda della sua famiglia - il classico vestito grigio da uomo) a quello informale (felpa, giubbotto e pantalone) guardando a come si vestivano i suoi figli e immaginando che, abituati a indossare scarpe da tennis, avrebbero scelto anche da adulti un abbigliamento più casual. La teorizzazione dell’abbigliamento informale arrivò anche perché in quegli anni la filiale tedesca di IBM aveva chiuso chiedendo ai suoi programmatori di lavorare da casa solo su chiamata. Rivetti si immaginò che il modo di vestirsi di quei professionisti, che non avrebbero più avuto l’esigenza di andare in ufficio, sarebbe cambiato drasticamente. Qualche anno dopo Stone Island decise, in totale controtendenza, di rinunziare allo stilista “star”. L’ufficio stile dal 2008 è costituito da un gruppo multiculturale di ragazzi sotto i trent’anni, non famosi, che Carlo seleziona personalmente, spesso tra i neo-diplomati di un corso di moda al Politecnico in cui lui stesso insegna. Stone Island, mosca bianca del settore, non sfila da dieci anni, ben prima che il Covid -19 costringesse ad una riflessione sui tempi e sulle prassi costosissime della moda. Stone Island non partecipa alla Milano Fashion Week mentre negli ultimi anni ha sempre aperto i battenti del suo showroom di via Savona durante il Salone del Mobile: “ci sentiamo più un’azienda di design industriale che un’impresa di moda: noi facciamo ricerca e sviluppo più che stile”. Non investe risorse importanti in pubblicità come fanno tutti (unica eccezione la “Gazzetta dello Sport”) o in testimonial: “Abbiamo molti testimoni involontari. Calciatori fortissimi che scelgono di vestirsi Stone Island e, involontariamente, ci danno una grande visibilità”. Laddove tutti seguono l’onda, Stone traccia la sua rotta.
  2. Siate focalizzati. Soprattutto in periodi difficili conviene concentrarsi sulla propria formula imprenditoriale credendoci fino in fondo. Mantenere la rotta percorrendola con convinzione. Focus sul prodotto, sul marchio dedicandogli “soldi, testa e cuore”, integrità, onestà, rispetto del proprio DNA: non voler per forza piacere a tutti e correre dietro al mercato, non cambiare lingua a seconda dei momenti. La collezione non viene modificata per soddisfare i gusti dei clienti in giro per il mondo, il prodotto e l’identità non si toccano, mentre, al contrario di altre aziende del settore, “pensiamo a negozi diversi a Milano o alle Hawaii per seguire attitudini di acquisto che sappiamo essere differenti”. La concentrazione sul prodotto e sui mercati è evidente: 350 capi prodotti per ogni collezione contro i 1200 di alcuni competitors con l’85 per cento del fatturato ottenuto in soli quattro mercati..
  3. Mantenete il controllo. Il terzo requisito è quello del controllo, a tutti i livelli: proprietario, manageriale, operativo. Nel 2017 la famiglia ha ceduto il 30% del capitale ad un fondo d'investimento di Singapore. La cessione è avvenuta solo dopo avere avuto garanzie circa la possibilità di poter mantenere un orientamento di lungo periodo e piena autonomia nelle scelte strategiche e organizzative. Senza queste condizioni l’operazione non sarebbe stata conclusa. Il controllo è una componente imprescindibile nel rapporto con i manager: in Stone vengono assegnate deleghe importanti, in primis al Direttore Generale, proprio per monitorare ambiti aziendali che l’imprenditore ha deciso di non seguire più, concentrandosi sul prodotto. Il controllo viene addirittura teorizzato come pilastro organizzativo. Poiché molte attività sono state terziarizzate, i collaboratori interni all’azienda sono soprattutto operai specializzati nel controllo delle diverse fasi del processo produttivo. Il know how del controllo non verrà mai ceduto all’esterno.

Ecco distillati i tratti distintivi da far propri per attraversare le perturbazioni sui mercati: originalità, focus e controllo, tratti rintracciabili anche in una eloquente affermazione di Rivetti.

“Non ho un ufficio, non ho una segretaria e rispondo sempre personalmente a tutte le mail che mi arrivano. Più efficiente di così…..”.  

SHARE SU