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Il valore della pazienza

Segnato dalla velocità, dalla fretta, dalla concitazione dei gesti, dal rapido susseguirsi degli eventi, il nostro sembra essere un tempo inospitale per la pratica della pazienza, scriveva nel 2014 Gabriella Caramore, saggista e conduttrice radiofonica italiana.

 

In un tempo in cui tutto si muove alla massima velocità, sembra quasi assurdo sentirsi dire “ci vuole pazienza”. Eppure proprio la pazienza è stata una delle virtù più menzionate in quest’ultimo anno come capacità essenziale per i leader nella gestione di momenti di crisi e cambiamento. Ecco un’altra delle cose che la pandemia ci ha fatto riscoprire, e che forse assomiglia più ad un’opportunità che ad un ostacolo.

Se ne sente parlare spesso, attraverso articoli e pubblicazioni varie o anche a valle di brevi o lunghi momenti di confronto. Ci vuole pazienza.

Spesso, però, la percezione è che aleggi un modo sbagliato o distorto di pensare alla pazienza. Si crede che essere pazienti voglia dire saper attendere, accettare che la vita faccia il proprio corso e la rappresentazione che deriva da questa concezione è quella di un atteggiamento passivo.

Essere pazienti, invece, presuppone molto di più che un semplice attendere.

 

Partendo dall’etimologia della parola, questa deriva dal latino pati = sopportare, soffrire, tollerare. Paziente è colui che sopporta una situazione sfavorevole, un'avversità, una provocazione, rimandando la reazione immediata ad un momento successivo.

Esistono quindi due condizioni necessarie: l’accettazione della sofferenza rispetto alla situazione attuale e il rimandare una reazione immediata rispetto alla circostanza stessa. Il semplice saper rimandare non basta, altrimenti non si spiegherebbe il famoso detto:

 

La pazienza è la virtù dei forti.

Occorre anche la capacità di saper sopportare ciò che causa fastidio o dolore. È un atteggiamento riflessivo, non passivo. Spesso deriva da una saggezza maturata nel tempo. Saggezza che ci dona la capacità di contemplare, prima ancora di agire. Infatti istintivamente l’uomo evita il sacrificio, la sofferenza, a meno che questa non porti a una grande gloria, a grandi riconoscimenti. Questi fanno certamente sì che la sofferenza sia più digeribile e affrontabile. È quando (apparentemente) non c’è nessuna promessa di grandi riconoscimenti che viene il difficile. È quando la pazienza dobbiamo praticarla sul terreno fatto dalla nostra quotidianità, che siamo messi a dura prova e che mettiamo in discussione la convenienza di questa virtù.

 

Perché, invece, è conveniente allenarla? Qual è l’energia positiva che può scaturire da questa capacità? La pazienza genera consapevolezza e coraggio.

 

La consapevolezza di ciò che ci circonda passa attraverso l’attento studio e analisi di tutto ciò che sta accadendo, di ciò che ai nostri occhi appare immediato e di ciò che, invece, lo è meno.

 

Il coraggio, dall’altra parte, nasce dal trovare in se stessi quelle competenze, attitudini, valori, desideri capaci di farci affrontare le avversità con efficacia.

 

Ecco le basi per generare qualcosa di nuovo, di inaspettato, di positivo per lo sviluppo di noi stessi, delle relazioni in cui siamo immersi al lavoro e a casa, e del contesto in cui operiamo. Ecco ciò che ci può abilitare a fare i conti con le avversità.

Ecco perché la pazienza è una virtù da riscoprire, oggi più che mai.

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