
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 5 Mag 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
Affrontare le sfide attuali della funzione HR a 360 gradi, grazie a strumenti metodologici per attrarre, scegliere e trattenere in azienda i migliori talenti.
Quasi cinquantenne, maschio, laureato in economia o ingegneria in un’università del Nord Italia, con una carriera piuttosto stabile. È l’identikit dell’amministratore delegato nel nostro paese che emerge dalla ricerca “Come si arriva al top? Il DNA delle carriere dei CEO italiani” svolta per SDA Bocconi da Duccio Alberti, Laura Baruffaldi, Simone Panigati e Isabella Pinucci, responsabile dell'Executive Career Development di SDA Bocconi e presentata nell’ambito degli incontri di #MINE. Una fotografia dei vertici delle aziende che consolida molte percezioni diffuse, ma riserva anche alcune sorprese a cominciare dalla suddivisione delle risposte tra i segmenti del campione: imprese piccole (da 50 a 500 dipendenti), medie (fino a 5.000 dipendenti), grandi (fino a 10.000 dipendenti) e top (oltre i 10.000).
Dal momento che non c’è Community senza scambio di opinioni, la presentazione dei risultati della ricerca è stata arricchita dalle opinioni in diretta dei partecipanti – in sala o collegata in streaming – che potevano rispondere a specifiche domande dei ricercatori attraverso un’apposita piattaforma online. Tra queste, ad esempio, un quesito sulla percentuale irrisoria di CEO donne (dal 5% al 9% a seconda dei segmenti): un’imposizione – il cosiddetto “soffitto di cristallo” – o una scelta personale? Oppure quanto premia, per raggiungere il vertice delle aziende, aver avuto carriera relativamente stabile o essere stato un “job hopper”?
In sintesi, i CEO italiani hanno alcune caratteristiche simili al resto del mondo, come l’età media (45.5 anni per le piccole aziende, 54 per le grandi), la scarsa componente femminile o l’importanza di un’esperienza internazionale (53-64% il delta tra aziende piccole e top) come in tutta Europa (ma non negli USA). In altri casi invece si discostano dal trend globale: i CEO nostrani hanno una formazione generalista con lauree per lo più in economia (41-45%) e ingegneria (26-36%) mentre scarseggiano le lauree hi-tech, più diffuse in America e Asia. In queste aree geografiche, inoltre, tra le filiere professionali prevale il percorso Strategia e Tech, mentre da noi i CEO vengono da carriere più tradizionali, soprattutto dalla funzione commerciale (30-35% con l’eccezione del 9% per le top company), dalla finanza (45% nelle top) e dalle operation. Un trend interessante è anche la percentuale di CEO che hanno un MBA (27-30% tra top e piccole aziende, ma la metà nelle grandi), ancora relativamente bassa ma in crescita.
Insomma il CEO italiano è ancora “un uomo d’ordine”, come lo ha efficacemente definito un partecipante: il suo compito è soprattutto il risultato economico e il buon funzionamento dell’organizzazione. “Visione” e innovazione non sono ancora prevalenti nel suo DNA. Ma l’evoluzione della specie avanza.
SDA Bocconi School of Managemet
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