Teoria in pratica

Quattro meccanismi per rendere più efficace la cooperazione allo sviluppo

Nel 2007, con il programma “Delivering as One,” le Nazioni Unite hanno introdotto un approccio innovativo alla cooperazione allo sviluppo: mentre le agenzie ONU, fino ad allora, avevano agito singolarmente e indipendentemente una dall’altra, da allora hanno iniziato a lavorare come team, condividendo strategie e risorse per massimizzare l’impatto e ridurre le duplicazioni.

 

Quando si tratta di affrontare sfide globali come la povertà estrema o il cambiamento climatico, la collaborazione tra agenzie è ormai considerata uno standard e l’efficacia dell’approccio è generalmente riconosciuta. Eppure, Giulia Cappellaro e Valentina Mele, in uno studio rivolto ai manager della cooperazione scritto con Shaz Ansari (Cambridge University), fanno notare che alcune collaborazioni ottengono risultati migliori di altre e le prime sono caratterizzate dall’attivazione di quattro meccanismi capaci, da una parte, di creare un’identità coesa all’interno del gruppo (cluster) di agenzie coinvolte e, dall’altra, a comprendere e adattarsi alla realtà locale, creando rapporti positivi con gli stakeholder.

 

Il contesto

La ricerca si colloca nell’ambito dello studio delle strategie di governance transnazionale per lo sviluppo sostenibile, che Cappellaro e Mele studiano da anni, a partire da un finanziamento di SDA Bocconi School of Management.

 

In un paper precedente, le due autrici hanno analizzato i meccanismi di coordinamento tra headquarters e sedi operative locali delle agenzie, nel caso in cui le agenzie operino in maniera indipendente.

 

Poiché la collaborazione tra agenzie è sempre più diffusa, la domanda che si sono poste ora è: come possono questi cluster di agenzie armonizzare le loro operazioni e adattarsi alle necessità specifiche dei contesti locali?

La ricerca

Attraverso un disegno di ricerca di case-study comparativi, basati su 115 interviste, l’analisi di oltre 700 documenti, e una osservazione diretta, il team ha studiato otto cluster pilota delle Nazioni Unite, attivi dal 2007 al 2015 in Albania, Capo Verde, Mozambico. Pakistan, Ruanda, Tanzania, Uruguay e Vietnam.

 

L’analisi documentale e le interviste agli stakeholder principali, soprattutto quelli all’interno delle agenzie ONU, hanno permesso di identificare i cluster la cui esperienza di collaborazione ha avuto maggiore successo.

 

I risultati hanno dimostrato come i cluster di maggiore successo si distinguano per l’adozione di pratiche innovative, come una pianificazione congiunta che ha sostituito i tradizionali piani individuali delle agenzie o una forte coesione tra le agenzie, che ha consentito di ridurre i costi di transazione per il governo locale, trasferendo il peso del coordinamento al sistema ONU. Inoltre, i cluster più efficaci hanno coinvolto attivamente i governi locali nei processi decisionali, favorendo una maggiore ownership delle iniziative.

 

I risultati evidenziano che, nelle iniziative con risultati migliori, i cluster hanno migliorato l’allineamento con le priorità nazionali e ridotto le duplicazioni, contribuendo anche a una maggiore sostenibilità. In alcuni casi, il cluster ha incrementato i propri sforzi di intrattenere relazioni politiche con i rappresentanti delle istituzioni locali e di collaborazione con stakeholder diversi, ottenendo l’allocazione di risorse extra dai paesi donatori e riuscendo anche a promuovere politiche su temi sensibili come i diritti umani.

 

Nei casi in cui l’implementazione della riforma si è dimostrata più problematica, è mancata invece una coesione interna sufficiente, che ha limitato la capacità di creare strategie congiunte efficaci e di coinvolgere pienamente i governi locali.

Conclusioni e implicazioni

I meccanismi suggeriti ai manager per creare un’identità coesa all’interno del cluster sono:

 

  • Fusione funzionale delle operations
    Questo meccanismo riguarda l'integrazione delle attività gestionali e delle operations delle diverse agenzie all'interno del cluster. Nei casi di successo, le organizzazioni hanno spostato il focus da piani operativi individuali a una pianificazione congiunta, basata su sinergie e obiettivi condivisi.

 

  • Sviluppo di una voce collettiva coesa
    I cluster più efficaci hanno adottato un approccio comunicativo unificato sia internamente che verso l'esterno. Nei casi migliori, le agenzie hanno collaborato per centralizzare la comunicazione con i governi locali e i media, garantendo messaggi coerenti e una maggiore credibilità. Questa unità ha rafforzato il ruolo del cluster come interlocutore delle istituzioni locali, promuovendo fiducia e collaborazione.

 

Quelli legati al contesto locale:

 

  • Condivisione dell'autorità con i soggetti locali
    In alcuni contesti, i cluster hanno coinvolto attivamente i governi locali nei processi decisionali, includendoli per esempio in comitati di gestione e assegnazione delle risorse. Questa condivisione ha reso le iniziative più rilevanti e allineate alle necessità delle comunità e dei loro rappresentanti, aumentandone il senso di ownership.

 

  • Adattamento al contesto locale
    I cluster hanno dimostrato una capacità di calibrare le loro strategie in base alle specificità del contesto locale. In un caso, il cluster ha sfruttato l'esperienza globale delle Nazioni Unite per risolvere problemi locali complessi, come la gestione delle risorse naturali e i diritti umani. In un altro, il cluster ha assorbito i costi amministrativi inevitabilmente legati al maggior grado di coordinamento, riducendo il carico amministrativo per il governo locale e rafforzando la fiducia tra le parti.

 

Poiché la cooperazione internazionale si trova a lavorare anche in paesi governati in modo autoritario o non pienamente efficiente, il contatto con questo tipo di autorità locali è stato spesso sottovalutato, alla stregua di un male necessario e quindi da minimizzare. Lo studio mostra chiaramente che investire in meccanismi di collaborazione strutturata non solo migliora i risultati ma rafforza anche la fiducia tra partner internazionali e locali. Condividendo l’autorità con i soggetti locali e adattando le strategie ai contesti specifici, le collaborazioni più efficaci riducono i costi di transazione, almeno per le istituzioni dei paesi dove si opera, e aumentano l’impatto delle politiche.

 

Giulia Cappellaro, Valentina Mele, Shaz Ansari. “Bridging Global Mandates and Local Realities: Intermediary clusters and interorganizational collaboration for international development.” Organization Studies, 0(0). DOI: https://doi.org/10.1177/01708406241298398.

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