Il Meglio del Piccolo

Come trovare gli introvabili?

Nelle mie aule di imprenditori questo è oggi il tema più spinoso: non trovare personale e non riuscire a trattenerlo. Questa crisi al contrario in qui non manca il lavoro ma mancano i lavoratori attanaglia le PMI italiane costringendolo a rallentare rispetto alle opportunità di mercato.  Il quadro socio economico non aiuta; alcuni fenomeni aggravano la situazione: soprattutto con riferimento all’inserimento dei giovani:

  • La crisi demografica riduce il bacino da cui reclutare i lavoratori;
  • Le insufficienze formative della scuola creano una distanza tra le aspettative dei datori di lavoro e quelle dei potenziali entranti;
  • I giovani esponenti della così detta “società signorile di massa”, essendo coperti economicamente e patrimonialmente dalle generazioni precedenti, in presenza di remunerazioni d’ingresso mediamente basse, diventano piuttosto selettivi;
  • La diffusione di una cultura che esorta alla fuga dal lavoro come fonte di stress e al recupero di tempo da dedicare alla propria vita personale non incentiva nuovi ingressi.

 

Queste oggettive spiegazioni non escludono nessuno e rendono l’attività di inserimento di personale nelle PMI italiane particolarmente complessa. Eppure, come in tutte le salite impervie, c’è qualcuno che arranca meno di altri e tiene meglio il passo verso la vetta.

Gli imprenditori “campioni” nelle relazioni umane si muovono con determinazione non puntando sulla riduzione delle ore o sui buoni carburante ma sulla QUALITA’ del LAVORO, trasformando le loro piccole imprese in luoghi di relazioni e di significato, pieni di senso per chi le vive ogni giorno, ambienti caldi e vivibili che correggono ovvero permettono di reggere insieme le difficoltà.

 

Provo a declinare per punti cosa vedo fare in pratica dagli imprenditori che hanno scelto di lavorare sulla qualità e non sulla quantità del lavoro.

 

  1. Avere un piano strategico chiaro, una visione nitida da proporre ai nuovi potenziali entranti e a chi è già a bordo.
  2. Traferire altrettanto chiaramente i valori che guidano l’agire imprenditoriale e le regole “della casa” che vengono seguite senza tentennamenti.
  3. Creare luoghi di lavoro belli nella forma e sereni nella sostanza, con tempi di lavoro adeguati, senza eccessi né verso l’alto né verso il basso, trovando la giusta via di mezzo tra un ambiente di lavoro totalizzante e uno disimpegnato.
  4. Mostrare un orientamento di lungo periodo e trasmettere una prospettiva di lungo termine anche nelle relazioni con i dipendenti che non sono considerati passeggeri di un taxi da scaricare dopo un breve tragitto ma compagni di viaggio.
  5. Coinvolgere i collaboratori su progetti sfidanti che creano discontinuità rispetto alla routine e li portano ogni tanto a cambiare il passo.
  6. Implicare i dipendenti nelle scelte aziendali per quando possibile dando loro vera delega, facendoli partecipare alle decisioni strategiche e organizzative.
  7. Concedere momenti formativi ogni anno per permettere un continuo miglioramento delle competenze.
  8. Introdurre un welfare aziendale che non consista solo in buoni Amazon e carburante ma che sostenga davvero la persona e la famiglia per esempio attraverso la flessibilità degli orari di lavoro o lo smart working come strumento a supporto delle necessità del dipendente, organizzandolo per obiettivi e puntando sulla sua responsabilità, evitando che il lavoro da remoto porti però ad inaridire le relazioni e i contatti tra i lavoratori.
  9. Agire secondo equità nelle ricompense (fisse, variabili o di carriera) a fronte dei reali contributi espressi dai dipendenti. In questo senso essere giusti ma anche riconoscenti dei diversi meriti.
  10. Ultimo ma non ultimo, diventare personalmente un modello di riferimento positivo per i propri collaboratori, soprattutto per i più giovani che purtroppo con sempre maggiore frequenza arrivano da percorsi scolastici deboli, da sentieri di carriera discontinui e magari da legami educativi fragili. L’imprenditore oggi più che mai deve farsi carico di questi deficit e colmarli con impegno costante diventando un vero educatore nel senso etimologico del termine: ex ducere ovvero estrarre, provare a tirare fuori il meglio dalle sue persone. Una attività molto onerosa, non esente da rischi e delusioni, che però, se ben condotta, porta ad esiti sorprendenti come riscontro nelle aziende in cui il titolare si fa carico con responsabilità e positività di questo ruolo, facendo crescere i suoi collaboratori “al” lavoro. Un modo di interpretare il ruolo imprenditoriale che è il portato, al fondo, di una visione opposta a quella di coloro che teorizzano come ideale la liberazione dell’uomo “dal” lavoro, per esonerarlo dalla fatica e dall’oppressione, renderlo disponibile al consumo e dunque, solo così, finalmente felice.

 

Mi fermo qui nell’elenco delle cose da fare ma conto sui vostri suggerimenti pratici e sulle soluzioni che avete trovato per attirare e trattenere le persone nelle vostre aziende, migliorando la qualità del lavoro, rendendolo pieno di senso e di significato. La strada giusta e l’unica da percorrere, secondo me, per le soddisfazioni che vedo ottenere da chi la segue con convinzione.

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