Il Meglio del Piccolo

A-zienda come A-more

Carissimi,

vi lascio con un’ultima riflessione prima della pausa estiva, sul rapporto di amore assoluto che gli imprenditori di successo hanno nei confronti della propria azienda. Ad ispirarmi su questo tema è stata la figura di Wanda Ferragamo che ha sempre praticato questo legame e ne ha fatto il motore principale dei suoi risultati aziendali. Prima e sopra tutto il resto.

 

La fine degli impegni universitari mi ha permesso di avere piu' tempo e di imbattermi in un breve documentario del 2023 (Illuminate) sulla vita di Wanda Miletti Ferragamo, vedova del più noto Salvatore, passato alla storia come il calzolaio delle dive di Hollywood. 

 

La storia di questa donna, per chi non la conosce, è davvero particolare. Sposa diciannovenne di un uomo già famoso e molto più grande di lei, si trasferisce per seguire il marito dal nativo paesino in Irpinia ad un maestoso palazzo sulle colline che guardano Firenze. Sono gli anni ’40 e i due sposi vivranno insieme un periodo molto felice allietato dalla nascita di ben sei figli, un tempo in cui, naturalmente, la signora Ferragamo si dedica alla gestione della grande case e all'accudimento dei suoi bambini, consentendo al marito di essere concentrato sugli affari che, già allora, avevano una rilevanza nel mercato d’oltreoceano delle star americane.

L’incanto di questa vita serena si rompe improvvisamente nel 1960 con la prematura scomparsa di Salvatore Ferragamo. Wanda resta vedova a soli 39 anni. Il futuro di questa donna sembra già indirizzato nelle parole che le maestranze spendono con lei al funerale del marito: “Coraggio Signora Wanda. Possiamo andare avanti, ce la faremo”. La partecipazione dei collaboratori al suo lutto è solo un innesco. Portati i suoi figli in campagna, Wanda decide di prendersi del tempo per ritirarsi lontano da tutti e pensare. In quei giorni solitari di riflessione, con lo spirito di Salvatore accanto a lei, la forza prevale sulle paure e trova il coraggio per scegliere. Rientrata a Firenze annuncia a tutti di voler proseguire e non cedere l’azienda a chicchesia. Si farà aiutare dalle due figlie più grandi, Fiamma e Giovanna, e dal nipote Jerry che già avevano iniziato a operare al fianco del fondatore. Da quel momento in avanti la sua presenza coinciderà con un susseguirsi di decisioni e di passi che hanno portato nel tempo Ferragamo ad essere uno dei brand italiani più conosciuti al mondo: da una produzione artigianale alla messa in opera di un processo produttivo industrializzato, dalle calzature alla progressiva estensione della gamma di prodotti passando agli accessori e all’abbigliamento completo, da una decina di negozi a più di 90 paesi serviti e 600 punti vendita per la distribuzione del marchio in tutto il globo, compresa la scelta particolarmente lungimirante di acquistare un terreno di dimensioni triple rispetto al fabbisogno iniziale per insediare il nuovo sito produttivo e il quartier generale della società.

Mi fermo. Non voglio trattare qui il caso Ferragamo che non conosco in modo approfondito e che non ha certamente le caratteristiche tipiche della piccola impresa familiare, non essendo più tale da parecchi anni.

La storia di Wanda Ferragamo è interessante, come figura imprenditoriale, a prescindere dal caso aziendale perché ci interroga su alcune domande. Come può una persona completamente impreparata, senza gli studi giusti e priva dell’esperienza nel prodotto o nel settore, portare avanti l’eredità di una impresa e farla progredire? Come ha potuto una donna, madre di sei figli, sviluppare e gestire mirabilmente una realtà sempre più complessa e articolata su scala globale?

Le risposte a queste domande si trovano nelle parole di Wanda Ferragamo in una sua intervista ripresa nel documentario: “Due cose sono state fondamentali per fare la mia scelta: i valori che mi guidavano e le persone rimaste fedeli a Salvatore che mi hanno supportato”. E poi: “Scrivo sempre la parola Azienda con la A maiuscola come Amore. Per me le due cose si fondono: l’Azienda è famiglia ed è soprattutto Amore”. Infine: “Amiamo quest’azienda in modo totale e ci dedichiamo ogni minuto della giornata”.

Come generalizzare questa esperienza unica e come tale irripetibile? Cosa si può imparare da queste parole e da questa testimonianza di grandissimo successo?

 

  1. La spinta a fare l’imprenditore non è del tutto razionale, è molto più simile ad una vocazione sacerdotale ovvero, anche in senso etimologico, ad una chiamata che spinge la persona a portare avanti una certa avventura. Non è una questione di calcoli, non è una scelta di convenienza quanto, piuttosto, una missione a cui si sceglie di dedicare la propria vita. Una decisione che si asseconda e che traccia il proprio destino.
  2. Partita come una vocazione, il legame con l’Azienda evolve giorno dopo giorno in un rapporto d’Amore, una relazione quasi figliale. E’ proprio questa passione smisurata che consente di reggere sacrifici altrimenti non sopportabili, di tollerare rinunce per altri insostenibili come quelle che un genitore riesce, in modo straordinario, a fare per i suoi figli. L’Azienda entra nella vita, è sempre presente, viene prima di tutto. Andrà fatta crescere, resa nel tempo indipendente ma sarà sempre amata. Come una madre e un padre il figlio.
  3. La gestione di successo di un’azienda implica un mix di coraggio, di spietata determinazione ma anche di prudenza, di equilibrio. Non ci sono segni di follia in questa storia. C’è ardimento sicuro ma anche molta saggezza a partire dal primo passaggio, quello in cui, invece di decidere d’impulso, la Signora Ferragamo lascia i suoi adorati figli per qualche giorno dopo il funerale e si ritira da sola per pensare e riflettere sul dà farsi.
  4. L’imprenditore vede la meta all’orizzonte ma poi ha bisogno di un equipaggio per realizzare la rotta. Se si immagina di gestire un'impresa da soli non si è capito molto. Wanda Ferragamo si esprime sempre al plurale. Non si arriva lontano anche pensando di condurre "la ciurma" in modo aggressivo e solo autoritario. C’è una modalità più efficace, forse più vicino alla natura femminile, che è quella che presuppone cura delle persone e ascolto, non un atteggiamento buonista o falso ma realmente sensibile e attento.
  5. Infine - questa è forse la lezione più preziosa perché meno scontata - l’imprenditore, il vero leader, fa, immagina e realizza un’opera di successo ma non la rivendica, fa parlare di sé ma non da continuo sfogo al suo ego. La Signora Ferragamo ha sempre dichiarato di aver dato vita, in modo ancillare, ai sogni e alle idee di suo marito Salvatore, il genio da cui tutto è iniziato. Se si guarda a quanto da lei compiuto, come già detto non da sola ma con l’aiuto dei figli e dei collaboratori, al viaggio fatto dal suo ingresso in azienda a quando è venuta a mancare nel 2018 a 97 anni, è lampante il suo ruolo di deus ex machina più che di buon discepolo, di locomotiva che apre la strada e non di vagone che segue. Ruolo che, proprio per sua volontà e per il grande riconoscimento che lei aveva del marito, è stato quasi sempre sminuito, mai ostentato o autocelebrato.

 

Capirete e vado a concludere, che questi modi di fare, a mio avviso fondamentali per arrivare a certi risultati, non hanno nulla a che vedere con le formule o le tecniche dell’economia e del management, con i numeri della finanza, che pure sono utili ma per altri scopi. Questi comportamenti, mi rivolgo in particolare ai giovani aspiranti, si imparano anzitutto per assimilazione, osservando piuttosto l’esempio, facendosi ispirare e contagiare dagli Imprenditori, quelli con la I maiuscula, profondamente innamorati delle loro Aziende. 

 

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