Se è vero, come afferma il WWF Living Planet Report 2024, che il 55% del PIL globale (circa 58.000 miliardi di dollari) dipende in modo moderato o elevato dai servizi ecosistemici e che il 72% delle imprese non finanziarie dell'Eurozona subirebbe gravi difficoltà economiche a causa della degradazione degli ecosistemi, come calcola la Banca Centrale Europea, allora distruggere la natura significa distruggere anche l’economia.
Sylvie Goulard, Professor of Practice di Global Affairs (sostenibilità, finanza verde e geopolitica), ha appena pubblicato il rapporto Détruire la nature, c’est détruire l’économie, una collaborazione tra SDA Bocconi School of Management e 2050Now, iniziativa francese che si propone di accompagnare le persone e le aziende nella transizione ecologica, fornendo informazioni, soluzioni e strumenti per agire in favore del clima e della biodiversità.
Il rapporto parte dai significativi progressi delle sei aziende fondatrici di 2050Now (Bouygues, BNPP, Engie, LVMH, SNCF Voyageurs, Veolia) hanno fatto nel corso degli anni nell'affrontare il degrado della natura e il suo impatto sulle loro operazioni per affermare la necessità e la fattibilità di un’azione risoluta, sia a livello globale che locale, collettiva e inclusiva, che coinvolga tutti gli attori pubblici e privati, scienziati, ONG, imprese, media e individui. “Per quanto importanti siano le scienze dure (biologia, botanica, matematica, fisica e chimica), non sono le uniche in grado di fornire soluzioni. L’innovazione richiede anche il coinvolgimento delle scienze sociali,” scrive Goulard.
Anche se alcune perdite di biodiversità non sono né riparabili né reversibili, la convinzione è che non sia troppo tardi per agire, come già sta avvenendo, ma che non abbiamo tempo da perdere. Gli sforzi più produttivi sono quelli mirati alla prevenzione e non alla riparazione e uno degli ambiti su cui agire più in fretta è quello dei sussidi dannosi per l'ambiente, come quelli per combustibili fossili o agricoltura intensiva. Questi, infatti ammontano a 1.800 miliardi di dollari all’anno, contro appena 200 miliardi destinati alle soluzioni basate sulla natura. La loro eliminazione libererebbe una quantità di risorse economiche capace di moltiplicare gli sforzi finalizzati, oggi, alla preservazione della biodiversità.
“L’approccio ‘prima l’ambiente,’ contrariamente a quanto sostengono alcuni, non è punitivo. Sebbene possa significare rinunciare a certi beni o alimenti, spesso superflui o persino dannosi per la salute, in cambio offre benefici personali, tra cui maggiore soddisfazione e un miglior benessere fisico, senza contare i vantaggi per la società. Condividere pone le basi per una più duratura armonia civile. L’approccio è difficile, ma ha senso,” conclude Goulard, “e questo senso intrinseco è forse la sua migliore possibilità di successo.”
SDA Bocconi School of Management