Farmaci di automedicazione: una risorsa da valorizzare nel nuovo assetto del sistema salute

CERGAS SDA Bocconi ha presentato i risultati di uno studio DELPHI sul contributo del farmaco da banco per il servizio sanitario nazionale

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Gli stakeholder a confronto sugli statement emersi dallo studio che evidenziano la necessità di percorsi di cura più integrati e radicati nel territorio in un evento CERGAS SDA Bocconi in collaborazione con ASSOSALUTE-Federchimica.

I farmaci di automedicazione sono una risorsa fondamentale per la salute del cittadino, eppure non ancora sufficientemente sfruttata e valorizzata. Queste le conclusioni dello studio CERGAS SDA Bocconi per ASSOSALUTE, l’Associazione nazionale dei farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, che ha voluto indagare - con uno studio basato su metodo DELPHI - l’opinione di alcune delle figure più rappresentative del mondo sociosanitario per offrire uno spaccato reale del valore attuale e potenziale dei farmaci di automedicazione nel Servizio Sanitario Nazionale, anche alla luce dei cambiamenti dettati dalla pandemia e dalle prospettive e progettualità attese dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

I risultati dello studio, rappresentati da tre statement sui cui vi è stata la piena convergenza del panel expert, sono stati presentati in SDA Bocconi da Monica Otto, coordinatrice del progetto (CERGAS SDA Bocconi) e discussi in una tavola rotonda moderata da Claudio Jommi (Università del Piemonte Orientale e CERGAS SDA Bocconi), cui hanno partecipato Ovidio Brignoli (Vice Presidente SIMG, Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie), Salvatore Butti (Presidente di Federchimica ASSOSALUTE), Carolina Carosio (Presidente Giovani Farmacisti Fenagifar), Marco Cossolo (Presidente Federfarma), Paola Minghetti (Professoressa di Tecnologia e Legislazione Farmaceutica presso la Facoltà di Scienze del Farmaco dell’Università degli Studi di Milano), Fabrizio Ernesto Pregliasco (Virologo, Direttore Sanitario IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano, Università degli Studi di Milano) e Maria Vitale (Cittadinanzattiva). 

Nello studio il valore del farmaco di automedicazione è stato indagato rispetto a tre ambiti: la coerenza con il percorso di cura del paziente, il ruolo del farmaco di automedicazione nella ridefinizione della governance del farmaco e del territorio in coerenza con il PNRR e la digitalizzazione e tracciabilità̀ della «cartella clinica».

La letteratura, a cui SDA Bocconi, peraltro, ha contribuito con un paper specifico per l’Italia, pubblicato a livello internazionale, ha evidenziato il valore economico del ricorso ai farmaci di automedicazione, anche in termini di effetti complessivi sul Servizio Sanitario Nazionale, ma questo è il primo studio ad avere inquadrato il tema nel contesto delle priorità del nostro sistema sanitario” osserva il Professor Claudio Jommi. “Tali priorità – continua – sono rappresentate da un importante e più articolato investimento sul territorio, che richiederà una focalizzazione generale del SSN su malattie più severe, e dalla necessità di leggere il percorso complessivo del paziente, per individuare aree di possibili inefficienze e valutare l’impatto delle terapie su tale percorso. Su entrambi gli aspetti – conclude Jommiil corretto ricorso all’automedicazione e ai farmaci da banco è rilevante in quanto, promuovendo una maggiore auto-gestione consapevole e informata dei disturbi minori da parte dei pazienti/cittadini, permette di liberare risorse e tempo dei professionisti sanitari. Tuttavia, è necessaria una lettura completa del percorso del paziente, ai fini anche di una valutazione dell’impatto dei farmaci di automedicazione sul percorso del paziente stesso.”

La tecnica Delphi scelta per questo studio”, spiega Monica Otto, “è stata identificata in quanto fornisce un percorso strutturato per far convergere le opinioni dei panelist e poiché consente un contributo «paritario» da parte degli attori coinvolti, essendo il parere espresso in cieco, con successivo confronto/mediazione da parte dei ricercatori negli step successivi al primo. Nel caso specifico – conclude – si sono resi necessari due round allo scopo di raggiungere un consenso diffuso rispetto alle affermazioni proposte”. 

I panelist coinvolti nella ricerca concordano sul fatto che il farmaco da banco possa rappresentare un’opportunità, con rifermento sempre alla gestione di disturbi minori, per una maggiore aderenza alla terapia, data la semplicità e rapidità nell’accesso al farmaco e, soprattutto, un ruolo attivo e per questo necessariamente più consapevole del cittadino. Affinché il ricorso ai medicinali di automedicazione sia appropriato occorre, oltre che un primo indirizzo del paziente/cittadino da parte dei professionisti sanitari, una forte sinergia tra i professionisti del territorio, medici di famiglia, farmacisti e infermieri. “La pandemia ha posto l’attenzione sull’importanza delle figure professionali e sanitarie e su quanto sia strategico che tali figure comunichino tra loro e in modo univoco verso il cittadino/paziente”, ha sottolineato la Dott.ssa Carolina Carosio. “Quello che a mio avviso è prioritario e urgente è far tesoro di quanto appreso in questi ultimi anni mettendo a sistema conoscenze e necessità e sviluppando tutti gli opportuni strumenti affinché sul territorio la sinergia tra figure professionali sia realmente potenziata; in primis, la digitalizzazione, che può aiutare in questo senso, e poi anche una maggiore condivisione dei dati relativi all’assunzione di farmaci da parte delle persone, che permetterebbe inoltre di sgravare il lavoro della medicina del territorio e di non sottovalutare alcuni campanelli di allarme rispetto allo stato di salute del paziente”.

In questo senso, un vantaggio attribuito in modo unanime ai farmaci di automedicazione è proprio quello di alleggerire il carico assistenziale dei medici di famiglia, là dove è possibile e opportuno, e rafforzare il ruolo consulenziale della figura del farmacista, a vantaggio di un’assistenza di prossimità e di vera presa in carico sul territorio. “Anche con le patologie minori,” conferma il Dottor Ovidio Brignoli,constato tutti i giorni quanto i cittadini siano in grado di curarsi ‘da soli’: in studio vengono sempre meno giovani ma, in compenso, la richiesta di informazioni passa attraverso strumenti dematerializzati, dalle telefonate alla messaggistica. Ciò evidenzia, ancora una volta, come l’approccio corretto a un uso appropriato dei farmaci da banco passi attraverso, in primis, l’educazione e l’informazione da parte degli operatori sanitari, tenendo conto anche delle evoluzioni tecnologiche e del fatto che il capitolo della digitalizzazione è, a più livelli, intricato e complesso”.

Da qui il richiamo a un’attenzione alla mancata informazione e formazione del cittadino, poiché l’informazione, precisa il Dottor Marco Cossolo,genera consapevolezza, e ne abbiamo bisogno a tutti i livelli per dare risposte concrete sul territorio. E questo vale non solo per la comunicazione col cittadino/paziente, ma anche tra professionisti sanitari. Ciò a partire dallo sviluppo di strumenti che pure a livello normativo sono previsti, come il dossier farmaceutico, ma anche dalla redazione di protocolli di comunicazione condivisi che generino sicurezza e non incertezza”. Più che delle sole informazioni sul singolo farmaco”, evidenzia la Prof.ssa Paola Minghetti, “la società ha bisogno delle basi, di informazioni su patologie e piccoli disturbi, nonché di una maggiore chiarezza in termini di classificazione tra ciò che è farmaco e ciò che non lo è. Ed è, quindi, quanto mai importante che gli operatori sanitari diano una risposta corretta, univoca e coordinata. In questo senso, la farmacia dei servizi e la sempre maggiore propensione verso l’autocura e le evoluzioni demografiche in atto - si pensi alla crescente cronicità -, rendono necessario rivedere anche le competenze del farmacista, tanto che il corso di laurea in farmacia si sta riformando in questa direzione, con l’obiettivo nei prossimi anni di avere un farmacista più aderente alle necessità del cittadino e della comunità”.

Lo studio evidenzia in tal senso l’importanza della consapevolezza e della sicurezza nel processo di cura e il ricorso ai medicinali di automedicazione, parte integrante di un più generale processo di progressiva autonomia delle persone in materia di salute. Più che l’accesso immediato al farmaco, infatti, è l’educazione all’uso che contribuisce all’aderenza al trattamento o comunque al corretto utilizzo. Per questo motivo, sarebbe utile fornire corsi di formazione e pensare ad azioni di educazione del paziente/cittadino, per i quali è visto come fondamentale un ruolo più attivo e sinergico da parte del medico di medicina generale e del farmacista.

Anche se difficile,” ha rimarcato il Professor Fabrizio Ernesto Pregliasco, “è importante riconoscere nella digitalizzazione la leva alla conoscenza epidemiologica che permette di governare meglio la sostenibilità e gestire il tema della scarsità di risorse nel SSN per garantire equità e universalità. In questo senso, il ruolo delle Istituzioni è fondamentale nell’educazione e comunicazione.”

“La raccolta dei dati e l'aspetto educativo”, ha sottolineato la Dott.ssa Maria Vitale, “sono precondizioni necessarie per una presa in carico concreta del cittadino sul territorio, per una collaborazione tra tutti gli attori, e per un ricorso davvero maturo e responsabile all’automedicazione e un suo potenziale ampliamento se ciò si traduce in innovazione su altri fronti a beneficio dei cittadini”

Tenendo conto dei target della Mission 6 dedicata alla salute del PNNR (reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale), un potenziamento dell’automedicazione e quindi del trattamento dei piccoli disturbi di salute attraverso l’uso di farmaci da banco permetterebbe un’ottimizzazione nell’uso delle risorse pubbliche, poiché consentirebbe al medico di medicina generale di concentrare la propria attenzione sull’erogazione di prestazioni per patologie più gravi, per le quali è necessario il suo intervento, e al farmacista di potenziare il proprio ruolo a supporto della gestione del paziente nell’ambito dell’assistenza territoriale.

“Lo studio ha reso evidente come il farmaco da banco possa rappresentare una migliore opportunità di allocazione delle risorse, economiche e soprattutto professionali della sanità pubblica, in un contesto in cui l’emergenza pandemica ha messo in luce gli effetti negativi delle azioni di contenimento della spesa sanitaria e ha evidenziato alcune lacune e debolezze nella gestione territoriale delle patologie,” ha sottolineato Salvatore Butti, Presidente di Federchimica ASSOSALUTE. “Tutto ciò”, ha proseguito il Presidente, “ha tuttavia reso ancora più necessario, come emerge anche dallo studio, il rafforzamento della rete dei soggetti erogatori di prestazioni a livello territoriale. Mai come oggi, dunque, occorre ripensare alla gestione del percorso complessivo del paziente e supportare, ciascuno nel proprio specifico ruolo, farmacisti e medici di famiglia, i primi interlocutori delle persone per quanto concerne la salute, a partire proprio dai piccoli e più comuni disturbi”.

Certamente l’uso dei farmaci da banco deve essere limitato e contestualizzato a certi ambiti di cura, ma è chiaro, come si è visto durante questi anni di pandemia, che il farmaco di automedicazione ha una sua specifica e strategica valenza nella cura di disturbi transitori o lievi, così come nel trattamento di soggetti non colpiti gravemente dal Covid-19. Una valenza importante che “deve sempre e comunque fare i conti con le modalità di comunicazione affinché non sia confusiva” ha ribadito il Prof. Pregliasco, “per evitare che generi aspetti divisivi o estremizzati come accaduto in pandemia”.

Un ultimo punto, emerso dalla discussione negli interventi del Dottor Brignoli e del Dottor Cossolo, è lo sviluppo reale del dossier farmaceutico che, se opportunamente implementato, potrebbe, ad esempio, essere da supporto a medici e farmacisti sul territorio. Il dossier farmaceutico favorirebbe, infatti, il potenziamento della tracciabilità dei dati di assunzione dei farmaci di automedicazione, e ciò consentirebbe, secondo gli esperti intervistati nella ricerca, di ricostruire in maniera puntuale il percorso di cura e di associarlo al singolo paziente/cittadino, facilitando la gestione di quest’ultimo da parte degli operatori sanitari, purché si riesca a trovare una modalità informatica semplice, permettendo, idealmente, una più completa tracciatura dei farmaci che includa, quindi, anche i flussi relativi alla componente privata.

Dal confronto è emerso pertanto come nel parlare del farmaco da banco sia fondamentale adottare un approccio olistico che tenga conto di quanto il paziente fa ma, anche in questo ambito, è necessario un coinvolgimento di tutti gli operatori sanitari, la volontà da parte delle istituzioni e un efficiente e razionale impiego delle risorse economiche e professionali da utilizzare per la realizzazione di piattaforme digitali all’avanguardia. In tal senso, sarebbe auspicabile, come richiesto dagli interlocutori, confrontarsi di nuovo sui temi emersi nel corso della mattinata, “identificando”, ha evidenziato il Professor Jommi, “le azioni prioritarie e concrete. L’implementazione di programmi di informazione da parte degli operatori sanitari omogenee nei confronti dei pazienti-cittadini e il confronto immediato su quali dati sono e saranno disponibili, nonché le loro potenzialità e utilità per il sistema sanitario e i suoi professionisti, sembrano essere le prime concrete urgenze emerse dalla discussione. In termini più generali – conclude Jommi è importante definire in modo condiviso il perimetro di responsabilità del paziente affinché il farmaco da banco trovi una sua valorizzazione nel governo dell’assistenza farmaceutica e sanitaria”.


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