In un mondo sempre più digital-first in cui il cliente è al centro, tutte le funzioni aziendali sono coinvolte nel processo di customer management. La sfida si concentra dunque nell’orchestrare l’azione di tutti per servire il cliente in modo efficace e rilevante secondo il modello della Contactless Signature Experience.
Ma che cosa si intende esattamente con questo concetto? E in che modo questo nuovo paradigma influenza l’esperienza del cliente e l’approccio delle aziende verso i consumatori? Abbiamo rivolto queste domande a Stefania Saviolo in occasione dell’uscita del volume Contactless Signature Experience, uscito di recente per Egea.
Ci può raccontare qualcosa in più della Contactless Signature Experience? Di che cosa si tratta?
Contactless signature experience è il nuovo modello di gestione dell’esperienza del cliente in uno scenario dove, seppur più distanti fisicamente, vogliamo allo stesso tempo una maggiore e più intima connessione valoriale ed emozionale con i brand che scegliamo. Una conferma in tal senso ci arriva anche da alcuni studi di Salesforce, integrati poi nel nostro volume. Le tecnologie contactless consentono di disegnare esperienze di marca rilevanti in un ambiente omnichannel. Nel libro raccontiamo come rendere una esperienza contactless anche signature, cioè firmata, quindi ispirata dai valori, dai codici e dal tono di voce unico della marca. «Tech & Touch»: è la sfida della nuova normalità.
Quali sono i principali trade-off dello scenario contactless?
Abbiamo identificato 4 trade-off: razionalità e emozione, nel necessario bilanciamento tra la volontà di ispirare e far sognare il cliente con la necessità di sicurezza, trasparenza e velocità; centro e periferia, cioè come gestire la marca tra centro e i territori; hardware e software, nell’esigenza di trovare una sintesi virtuosa tra capitale umano e tecnologia; interno ed esterno, per ripensare il perimetro dell’organizzazione rispetto alle nuove competenze e ai processi chiave della trasformazione digitale.
Le imprese devono riuscire a trovare un equilibrio tra questi elementi in funzione dei tre principi ispiratori della signature experience: semplificare (le interfacce e i processi per tutti i clienti), deliziare (creando un legame emotivo) e ispirare (iper-personalizzando le interazioni per i singoli clienti) attraverso punti di contatto fisici, digitali, umani.
Quali, invece, i fattori abilitanti per il successo di una signature contactless experience?
Nell’esperienza dei miei co-autori di JAKALA, sono cinque gli elementi da orchestrare per far evolvere l’intero modello di business (e non solo l’ultimo miglio): la visione strategica, che diventa customer centric e adotta i KPI adeguati; i contenuti, che devono essere signature, coerenti, data-driven; i dati e gli analytics, indispensabili per una chiara data strategy; la tecnologia e gli abilitatori tecnologici ad-tech e mar-tech, che garantiscono una orchestrazione omni-canale dei diversi punti di contatto; l’organizzazione e i processi, dove è centrale andare oltre i silos funzionali e mettere al centro non solo il cliente ma anche le persone che lavorano in azienda, favorendone l’empowerment.
Signature experience di successo hanno in comune la capacità di creare una cultura del cliente e del dato gestendo in modo efficace tecnologie, processi di customer management e organizzazione. Orchestrazione, contaminazione, misurazione (di nuovi KPI) sono le parole chiave di una contactless signature experience.
Il libro è ricco di spunti concreti su come la trasformazione contactless influenzerà i settori moda, lusso, beauty e design, banche e fintech. Ci può raccontare qualche esempio a riguardo?
Personalizzazione data-driven del prodotto, del contenuto e del servizio; interfacce contactless, consegne ibride e consulti virtuali sono i punti di contatto di un approccio omnichannel che vedono avanti i brand del beauty rispetto alla moda e al design arredo, settori in cui la trasformazione digitale è iniziata più tardi. Nel lusso – pensiamo alla manifattura 2.0 o al clienteling 2.0, cioè l’ingaggio personalizzato, il riconoscimento in negozio o un servizio 24/7 su tutti i canali – tale trasformazione non è ulteriormente rimandabile.
Nello stesso tempo non va persa la dimensione fisica che si trasforma però in «phygital», un concetto che ritroviamo anche nel banking. Come emerge da una recente ricerca di Anna Omarini, il new banking è frutto anche dalla collaborazione tra banca e FinTech dove la banca si apre verso l’esterno ma si ha anche una relazione inversa e cioè l’esterno richiede alla banca di aprirsi per via di possibili iniziative di data sharing (leggasi PSD2 e open banking). Nuove tecnologie contactless sono utilizzate per accogliere, rassicurare, ingaggiare il cliente omnichannel come beacon technology, tablet e tavoli touch screen in filiale, software per il riconoscimento facciale e applicazioni di realtà aumentata per i pagamenti virtuali.
SDA Bocconi School of Management