Gli impatti della pandemia nel breve e medio periodo

REInnovation Lab Webinar Series

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“Che cosa fare per consentire all’Europa di dare una risposta comune alla crisi economica causata dal Covid-19? Migliorare la narrativa e discutere in modo più pacato e preciso degli strumenti disponibili”. Questo il messaggio costruttivo che Daniel Gros, Ph.D. in Economia all’Università di Chicago e Direttore del CEPS (Centre for European Policy Studies) ha lanciato ai partecipanti alla REInnovation Lab Webinar Series, una serie di Forum finalizzata a comprendere le implicazioni economiche di breve e medio periodo della pandemia. 

Il REInnovation Lab, una piattaforma di ricerca e formazione nata per iniziativa di SDA Bocconi School of Management e Assoimmobiliare, finanziata dai principali player internazionali dell’industria del real estate come BNP Paribas RE Italy, CBRE, Colliers International, Cushman&Wakefield, Deloitte, Duff&Phelps, Generali Real Estate, GVA Redilco, JLL, PWC, e Sigest, ha l’obiettivo di contribuire all’evoluzione del settore creando un «laboratorio» di conoscenza indipendente in grado di rielaborare i dati primari e le esperienze dei diversi player dell’industria trasformandoli in strumenti operativi. La serie su “gli impatti della pandemia nel breve e medio periodo” ha l’obiettivo di raccogliere e dibattere ”in tempo reale”  le opinioni di accademici, policy-maker e Chief in merito alle dinamiche e alle interrelazioni dal punto di vista economico, strategico e finanziario con particolare focus sugli impatti nel real estate. La formula di discussione moderata con l’obiettivo di trattare precisi pilastri dello specifico special seminar, prevede una struttura fortemente interattiva di dibattito. 

Sollecitato da Andrea Beltratti, Full Professor nel Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, Ph.D. a Yale, e Direttore assieme ad Alessia Bezzecchi, Associate Professor of Practice Corporate Finance e Real Estate SDA Bocconi,  del REInnovation Lab, il Prof. Gros ha cercato di offrire una visione costruttiva nell’ambito di un dialogo schietto, senza risparmiare riflessioni originali e persino provocatorie, specialmente dal punto di vista italiano, sostenendo “la scarsa utilità delle proposte relative ai Corona-bond”. “Quello che manca in Europa è una narrativa comune, che travalichi le diverse narrative usate da paesi come Italia da una parte e Olanda dall’altra” ha affermato Gros, suggerendo come l’obiettivo comune di costruire in Europa una casa comune e con solide fondamenta, invece di una “casa di carta”, passi da un dialogo più aperto e fiducioso tra le varie parti.  

 

Il Covid-19 e le conseguenze economiche

Gros parte da uno studio svolto assieme al fratello, ricercatore di Fisica: “la teoria dell’herd immunity non può funzionare. Il nostro studio ha dimostrato che l’herd point (comunemente preso come il 66%) non contraddistingue la fine, ma soltanto il massimo dell’infezione, nel caso in esame il virus arriverebbe al 94% della popolazione”.  Ipotizzando una mortalità dell’1%, questo significherebbe perdere 70 milioni di persone intorno al mondo. Non sono necessarie considerazioni etiche particolarmente sofisticate per capire che nessuno sarebbe disposto ad accettare un costo così elevato per far morire il virus. 

Del resto, è molto difficile immaginare che corso prenderà la malattia. Si può cercare di tenerla sotto controllo ma neanche in Asia ci si è liberati dalla necessità di modificare il nostro normale (o ormai…passato?) stile di vita per impedire una diffusione fuori controllo. 

Per quanto riguarda lo scenario economico, previsioni cifrate sono inutili. La situazione attuale è una descrizione da manuale “dell’incertezza knightiana”, in cui l’incapacità di formulare scenari e calcolare probabilità segnala uno di quei momenti in cui il mondo può cambiare in un vero e proprio cambiamento strutturale. Ma chi soffrirà  di più? Gros suggerisce che “l’impatto economico della pandemia potrebbe essere forte ma limitato dal punto di vista temporale, almeno per l’economia europea nel suo complesso”. La sua considerazione, originale e forse persino sorprendente, è basata su una analisi strutturale della situazione economica che fa vedere che più della metà dell’economia potrebbe essere poco impattata dal lock-down. 

Il settore pubblico in molti paesi europei pesa per il 50% del prodotto interno lordo, e convenzionalmente le regole contabili prescrivono che il suo contributo al PIL sia misurato dalla somma dei salari pagati ai dipendenti pubblici. La stabilità dei salari, sino a che sarà possibile mantenerla, assicura quindi che questa parte del PIL potrebbe non muoversi neanche nel breve periodo. Altri settori potrebbero essere ugualmente resistenti. L’istruzione ad esempio ha immediatamente cambiato la sua tecnologia produttiva utilizzando in maniera originale tutte le nuove piattaforme di apprendimento a distanza, in formato sincrono e asincrono.  Il settore IT & comunicazione addirittura potrebbe essere notevolmente rafforzato: le persone, chiuse in casa, hanno aumentato in modo esponenziale l’utilizzo dei canali di comunicazione, che consentono di attenuare l’impatto negativo del “distanziamento sociale”.

Gros sostiene che persino il real estate, per quanto riguarda il contributo al PIL convenzionalmente misurato, potrebbe essere influenzato in maniera limitata dalla situazione economica: in contabilità nazionale infatti il valore di flusso di prodotto attribuibile al real estate è pari al valore degli affitti, o effettivamente pagati dagli affittuari o teoricamente imputati ai proprietari. Nell’ambito della discussione con i partecipanti, Gros ricorda però che negli Stati Uniti sono iniziate le discussioni in merito alla possibilità di moratorie dal pagamento degli affitti, particolarmente nel settore del commercial real estate, a causa della difficile situazione economica e della carenza di “flussi di cassa”. La Presidente di Assoimmobiliare e Amministratore Delegato di Morgan Stanley Real Estate SGR, Silvia Rovere, risponde alla domanda formulata da Gros stesso per notare come in Italia il problema potenziale potrebbe essere più ampio a causa del coinvolgimento del settore residenziale, particolarmente per le famiglie mono-reddito e quelle fortemente impattate dal lock-down.  

Un settore particolarmente importante è naturalmente quello industriale nel suo complesso. Molti partecipanti all’incontro sono preoccupati per le interrelazioni esistenti in una supply-chain sempre più variegata. Gros riconosce che l’offerta produttiva europea risentirà in maniera negativa dello shock alla produttività, ma è maggiormente preoccupato del calo della domanda aggregata causato dal lock-down. Peraltro, anche dal punto di vista della domanda ci sono notizie confortanti: “metà del consumo aggregato comprende beni di prima necessità, incomprimibili nel breve periodo, e la metà della metà riguarda beni durevoli, incomprimibili nel lungo periodo per il mantenimento del nostro standard di vita.”  Anche in risposta a una domanda di Piero Cocco-Ordini, Managing Director di BNP Paribas Real estate, Gros afferma che il settore industriale potrebbe mostrare quello che gli economisti definiscono “una V”, ovverosia quella che Lucio Battisti comprendeva nelle “discese ardite e le risalite” vale a dire una caduta forte seguita da una ripresa altrettanto forte che riporta il prodotto al livello pre-Covid-19. Ma quale è il ruolo dei Governi nella gestione dell’emergenza sanitaria ed economica? 

 

Il ruolo della policy

La risposta di Gros mischia la “saggezza convenzionale” proveniente da Yale e Chicago: “i Governi devono fare tre cose, vale a dire (a) mantenere il potere acquisto della popolazione, (b) riscostruire rapidamente la liquidità delle imprese e (c) lasciare fallire le imprese inefficienti”.  

 

Il sostegno della liquidità è compito sia della Banca Centrale Europea, che, dopo un errore di comunicazione iniziale da parte della neo-Presidente Lagarde, è intervenuta sostenendo i mercati obbligazionari, sia dei singoli Governi nazionali. Ed è proprio a causa di  questo ruolo dei Governi nazionali che l’impatto del Covid-19, per sua natura simmetrico, rischia di diventare asimmetrico: “i Governi nazionali hanno una diversa forza economica, misurata sia in termini di spazio fiscale, vale a dire di possibilità di aumentare la spesa pubblica e ridurre le tasse per sostenere il potere di acquisto, sia in termini di efficienza operativa, vale a dire di mettere a terra le decisioni prese per assicurare sia il reddito delle persone sia la liquidità delle imprese”. In Svizzera e in Germania, nota Gros, molte imprese hanno già ottenuto i fondi pubblici di sostegno.

Il moderatore Beltratti stimola il relatore sulla suggestione relativa al fallimento delle imprese. “L’Europa moderna non è abituata a far fallire le aziende. Il tentativo di difendere le aziende è da sempre sinonimo del tentativo di difendere le persone. Una crisi come quella attuale è il momento migliore per cercare di cambiare una impostazione così radicata? E se anche fosse una rivoluzione utile per migliorare il tasso di crescita di lungo periodo, siamo politicamente e socialmente preparati?”.  

   

Il ruolo dell’Europa

L’Europa non ha dato prova di compattezza nel gestire le crisi del debito, almeno inizialmente. Beltratti ricorda come la risposta europea alla crisi greca, annunciata nel novembre del 2010, abbia richiesto due mesi di riflessione con una impostazione iniziale poi rinnegata dal corso della storia, vale a dire intervenendo a sostegno della Grecia mediante una serie di aiuti bilaterali, che sconfessavano addirittura l’identità economica dell’Europa. La storia si sta ripetendo? L’Europa può aiutare i Governi nazionali ad aumentare la loro forza finanziaria e ad essere più efficienti? 

La risposta di Gros è scettica: “L’Europa sta reagendo, ma si è persa in discussioni inutili. Sono state buone le decisioni prese, ad esempio l’aumento dei fondi a disposizione della BEI (la Banca Europea per gli Investimenti) di cui l’Italia è da sempre uno dei principali beneficiari, e il nuovo sistema SURE quale strumento di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di shock al reddito dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Altre discussioni però sono controproducenti perché i paesi non condividono l’impostazione degli strumenti che potrebbero essere introdotti”. Ma a quali discussioni si riferisce Gros?

“All’uso del fondo salva-Stati (il MES), ai Corona-bond e agli Euro-bond. Il MES è nato per dare prestiti a basso costo a paesi che non hanno accesso al mercato dei capitali, ma l’Italia non si trova in questa situazione e può finanziarsi a tassi molto contenuti. Inoltre, i finanziamenti ottenuti dal MES avrebbero un ruolo senior rispetto ad altri, potenzialmente rendendo junior i BTP e creando il rischio di destabilizzazione. I Corona-bond sono teoricamente uno strumento attraente, ma difficilmente attuabili, perché i Trattati richiederebbero unanimità ogni anno per le decisioni in merito alle spese. Inoltre, il debito europeo scompare dalle statistiche nazionali, ma la realtà economica è che alla fine sarà ribaltato  pro-rata in ogni paese. Gli investitori se ne rendono conto quando giudicano la capacità di ogni paese di pagare il suo debito.  Infine, gli Eurobond possono persino rendere il debito nazionale esistente meno sicuro e con tassi più alti, quindi sarebbe economicamente sbagliato emetterli ora “.

 

 

Le narrative europee

Beltratti ricorda la crescente importanza della narrativa. Secondo Harari, i CEO sono coloro che riescono a dare un’identità all’azienda, facendo in modo che dipendenti e clienti pensino alla stessa come entità diversa dalla somma delle persone che in essa lavorano. Il premio Nobel per l’Economia Robert Shiller ha pubblicato recentemente “Narrative economics”, che mostra come condensare idee e dibattiti in visioni può modificare il comportamento della collettività. Qual è la narrativa europea secondo Gros?

Gros ritiene che in questo momento ci siano due narrative contrapposte: “La narrativa italiana si concentra sui nuovi strumenti finanziari per superare la crisi, come appunto i Covid-bond. La narrativa nord-europea si focalizza sull’importanza di essere stata formica in passato per essere cicala nel momento del bisogno. Alcuni paesi nordeuropei non pensano di avere necessariamente bisogno dell’Europa, e ritengono che la narrativa italiana (e franco-spagnola) sia scorretta perché afferma di poter risolvere il problema economico facendo sempre più debito”. L’impatto economico della narrativa nord-europea è chiaro: si teme che alcuni paesi intendano sfruttare il momento di emergenza economica per introdurre degli strumenti che si riveleranno dannosi nel lungo periodo. Allo stesso tempo, l’impatto sociale della narrativa italiana è altrettanto evidente: focalizzarsi sui Corona-bond rischia di acuire il sentimento di sfiducia verso l’Europa nel caso in cui i partner decidessero di rifiutarne l’introduzione.

“Sono stupito sia dall’insistenza italiana, sia dalla cocciutaggine olandese sul tema dei Corona-bond: introdotti o non introdotti, non potrebbero modificare in maniera radicale né la situazione dell’Italia né di quella dell’Europa” chiude Gros invitando tutti a riflettere in termini di economia politica “A mio modo di vedere, sarebbe più sensato, e politicamente più accettabile per tutti un trasferimento verso i paesi colpiti maggiormente dalla crisi. Un modo semplice di attuare un tale trasferimento sarebbe sospendere temporaneamente i trasferimenti dell’Italia verso l’Unione Europea (che ammontano a 15 miliardo all’anno). Ma a Bruxelles non si affronta il tema perché l’Italia non lo chiede”. Un paradossale errore di comunicazione o una presa in giro da parte del NordEuropa? Certamente, partner che discutono tra di loro “in buona fede” dovrebbero avere l’incentivo ad esaminare tutte le possibilità per raggiungere nel modo migliore possibili gli obiettivi comuni.

  

I rischi per la casa europea  

Mario Abbadessa, Senior Managing Director e Country Head Hines Italia  pone una domanda a bruciapelo: “Un atteggiamento “olandese” potrebbe innescare un euro breakup con danni per tutti?”. Andrea Beltratti rilancia: “Nel 2011-2012 gli investitori internazionali, data la carente risposta della policy, si convinsero ad un certo punto della possibilità di scenario di frantumazione dell’euro, con conseguenze devastanti per gli asset di tutti i paesi europei. La percezione di una risposta lenta da parte della politica non ha sino a questo momento prodotto simili timori, almeno per quanto riguarda le quotazioni di bond e stock. Ma quanto potrà durare, in assenza di una forte risposta comune? Non rischiamo di far uscire il genio dalla lampada e di essere incapaci poi di farcelo rientrare?”.

Gros ammette la preoccupazione: “Si tratta di uno scenario addirittura probabile. Le difficoltà economiche e politiche italiane non sono in questo momento un elemento rilevante per i tedeschi, che magari vorranno intervenire successivamente, quando si sentiranno direttamente minacciati. Peraltro, in Italia c’è abbastanza  risparmio per finanziare la spesa pubblica, e la posizione finanziaria netta verso l’estero è positiva in presenza di un attivo commerciale che sfiora il 3% del prodotto interno lordo. Se i risparmiatori italiani decidessero ad un certo punto di non fidarsi più dei titoli pubblici italiani, perché se ne dovrebbero fidare i risparmiatori o contribuenti degli altri paesi?”.

E conclude, rispondendo a Alberto Agazzi, CEO e General Manager Generali Real Estate Italia SGR, che parla di potenziale frantumazione dell’Europa nel caso in cui paesi come l’Italia possano stringere alleanze più forti con la Cina e gli Stati Uniti, affermando di “pensare alla situazione europea come a un matrimonio, in cui ci sono momenti facili e difficili, con confronti e discussioni.  Alla fine è sempre meglio arrivare a prendere decisioni per il bene comune, piuttosto che chiedere aiuto da estranei.  Cina e gli Stati Uniti non investiranno risorse rilevanti in Italia, certamente non abbastanza per compensare il costo di una frantumazione della costruzione Europea”.

 

Parte integrante del Real Estate Innovation Lab è la REInnovation Academy, programma di formazione manageriale ed economico-finanziaria per creare professionisti junior in grado di essere direttamente inseriti dalle Aziende Partner del progetto didattico.

 

 

SDA Bocconi School of Management

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