#ValorePubblico

Riaprono le scuole: troppo tardi o troppo presto?

Questa settimana ricomincia la scuola. La grande maggioranza degli studenti in Europa è tornata sui banchi almeno già da una settimana, se non prima, come in molti lander tedeschi e nel Nord Europa, dove la scuola ricomincia ad agosto. L’Italia fa parte del gruppo minoritario di paesi che riprende più tardi. Eppure, per alcuni – si è letto sui giornali alla fine di agosto – è persino troppo presto: la riforma della scuola che barattò l’anticipo del rientro da ottobre a metà settembre in cambio di vacanze di Natale più lunghe avrebbe favorito le settentrionali lobby dello sci contro gli stakeholders di sdraio ed ombrellone del Sud. Di fronte alla prospettiva di vacanze estive addirittura più lunghe, alcuni si sono chiesti: come farebbero i genitori che lavorano? La scuola non è un parcheggio, hanno risposto altri: riaprano le colonie estive.

Ancora una volta, l’aspetto ghiotto del dibattito sulla scuola è che ci aiuta a comprendere come interpretiamo (e disegniamo) i servizi pubblici.

La scuola non è un parcheggio

I parcheggi più efficaci, perché letteralmente tengono il parcheggiato immobile interrottamente per ore sono la TV, i video giochi, il telefonino, l'iPad, etc... La scuola, invece, è un servizio pubblico universale che assicura la prima, grande, sistemica e generalizzata esperienza di apprendimento fuori dalle mura domestiche. È un luogo ed un tempo, che insieme sono un ritmo. Il ritmo di un prezioso pezzo di vita fatto non solo di lezioni, ma di incontri la mattina in autobus, di attività post scuola, di studio al pomeriggio per il compito in classe,... È anche un sistema di relazioni orizzontali (coi compagni) e verticali (con gli insegnanti). È una palestra di costanti esperienze nuove. Non solo quella di incontrare le lettere e i numeri e tutte le infinite e meravigliose cose che con questi due linguaggi si possono fare. Ma anche cibi che a casa non entrano mai o che solo a mensa si è incoraggiati ad assaggiare. Sport visti solo in TV che per alcuni si possono sperimentare solo in palestra. Discorsi assenti in casa e invece possibili per alcuni solo in questo luogo di incontro intergenerazionale che è la scuola. E tante altre cose ancora. I servizi, infatti, non sono solo la sommatoria delle prestazioni degli operatori. Ma, appunto, l'esperienza di chi ne fruisce. E’ lì che si produce valore (pubblico) e che la scuola accade.

Ora, nella vita dei ragazzi non c'è solo la scuola. Per alcuni (meno di quelli che sarebbe auspicabile) c'è lo sport, la vita associativa, le relazioni di quartiere. Attività in genere tutte legate al ritmo della scuola stessa: quando finisce questa, sovente anche tutto il resto si squaglia. Per pochi ci sono anche formidabili opportunità di viaggiare o di lasciare la città e stare a contatto con la natura in posti freschi e rigeneranti. Ma occorre aver presente che non è così per tutti. Quindi, a scuole chiuse i nostri bambini e ragazzi sono meno uguali di quando le scuole sono aperte. E allora la scuola dovrebbe essere aperta sempre? Forse sì, forse no: ma ogni volta che si chiude, occorre considerarne il costo sociale allargato.

I servizi, infatti, non sono solo la sommatoria delle prestazioni degli operatori. Ma, appunto, l'esperienza di chi ne fruisce. E’ lì che si produce valore (pubblico) e che la scuola accade.

La scuola non è un servizio sociale

Alcuni rivendicano che la scuola non è un servizio sociale! Deve occuparsi di insegnare le materie curricolari. Ma gli esiti sembrano controversi anche se prendiamo solo questa dimensione di valore atteso: a giudicare dagli esiti delle ultime prove INVALSI, la metà dei ragazzi che arriva alle superiori non possiede le competenze di base per la comprensione di un testo scritto. Lobby degli sciatori o meno, il divario in punto competenze scolastiche tra nord e sud aumenta (arrivando a 23 punti percentuali): difficile sostenere che il nostro Meridione avrebbe bisogno di vacanze estive ancora più lunghe. Anche la dispersione scolastica è in aumento. E non deve sorprendere le migliori esperienze per contrastarla si radicano in una concezione sociale dei servizi educativi, come mostra il caso dell’Istituto Sperone-Pertini di Palermo, raccontato sui media in queste settimane.

 

Quindi, per quanto la scuola non sia un servizio di welfare, opera nella società, per la società, con cui non può non dialogare o collaborare.

Quanto dovrebbe durare la scuola? E quanto le vacanze?

Non è solo un tema di quante settimane (in Italia non si studia di meno che altrove), ma soprattutto di quale distribuzione nell'anno assicurare. Ora, qualche evidenza i pedagogisti l'hanno accumulata per poter dire che le pause troppo lunghe fanno male all’apprendimento (si chiama learning loss). Più pause infra-annuali un po' più lunghe in cambio di uno stop estivo più corto migliorano la qualità dell'apprendimento. E anche senza essere pedagogisti, è intuitivo il perché. I servizi non sono fatti solo di "cosa" ma anche di "quando", come sa bene chi aspetta 30 minuti al ristorante tra una portata e l'altra: ti passa l'appetito.

Oltre ai benefici in termini di apprendimento, distribuire le vacanze nel corso dell’anno potrebbe conciliare le ragioni del turismo (superare la logica dei picchi guidata dal calendario scolastico), con quelle del portafoglio delle famiglie: distribuire la spesa di baby-sitter e centri estivi nel corso dell’anno, invece di concentrarla in estate renderebbe la gestione economica delle pause più sostenibile. Quanto al rischio di lessare i ragazzi in aule troppo calde in estate, si tratta di una preoccupazione davvero curiosa: quanto saremmo disponibili ad accettare che gli ospedali chiudessero ad agosto, perché fa troppo caldo? O che i tram non partissero più tra le 12 e le 15 per tutta l'estate, perché fa troppo caldo? Se si concorda che tre mesi di pausa sono dannosi ai ragazzi e alla società tutta, occorre attrezzare le scuole come si sono attrezzati gli ospedali, i mezzi pubblici e tutti gli altri servizi che consideriamo necessari per il funzionamento della nostra società. Se tra un super bonus e un PNRR si intervenisse sulle scuole avremmo sgomberato il campo da questo argomento.

 

Quanto saremmo disponibili ad accettare che gli ospedali chiudessero ad agosto, perché fa troppo caldo? O che i tram non partissero più tra le 12 e le 15 per tutta l'estate, perché fa troppo caldo?

La scuola non è un parcheggio, né un servizio sociale, ma resta un servizio pubblico complesso con le sue finalità istituzionali strategiche per la società. Che saranno assolte solo se saremo in grado di ridisegnarne il funzionamento in sintonia con il tempo presente e pensando agli adulti di domani.

Buon inizio a tutte e tutti, in ogni classe!

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