Il 21 e 22 ottobre si è tenuto per la prima volta in Italia, a Milano, ospitato dalla Regione Lombardia, il Global Forum dell’OCSE, un'iniziativa internazionale pensata per favorire la collaborazione e il dialogo tra paesi membri e non su temi di rilevanza globale, quest’anno sul tema “Building Trust and Reinforcing Democracy”.
Il giorno successivo si è riunito sempre a Milano nel campus di SDA Bocconi, il 70° Public Governance Committee (PGC) dell’OCSE: un gruppo di lavoro internazionale che aiuta i governi a migliorare il modo in cui funzionano le amministrazioni pubbliche, al fine di essere più efficienti, trasparenti e in grado di rispondere meglio alle esigenze della società. Per farlo, il PGC offre consulenza e analisi basate su esperienze e buone pratiche raccolte dai paesi membri dell’OCSE. Tratta temi come la gestione delle risorse pubbliche, la lotta alla corruzione, la digitalizzazione dei servizi pubblici e la creazione di politiche inclusive. In sostanza, il PGC fornisce un luogo di confronto dove i governi possono imparare gli uni dagli altri, adottando strategie che migliorino l'efficacia delle loro istituzioni e promuovano la fiducia dei cittadini.
Aver avuto l’onore di ospitare questo meeting che ha visto partecipare i funzionari governativi di più alto livello coinvolti nei temi oggetto di discussione ha permesso a un gruppo di docenti di SDA Bocconi di partecipare ad alcuni momenti del dibattito e di condividere alcune riflessioni.
Da uno scambio informale di opinioni emerge che il principale ostacolo al successo dei programmi di riforma è la mancanza di commitment politico: se per chi guida il tema non è rilevante, difficile che le riforme vadano lontano.
Allo stesso tempo, tra i fattori abilitanti si riscontra un ampio consenso attorno al ruolo del coinvolgimento degli stakeholder, a partire dai dipendenti pubblici. Anche questo non è un risultato sorprendente, alla luce di quanto la letteratura che spiega i processi di cambiamento, nella PA e non.
Quando il dibattito si sposta sugli indicatori di performance dei processi di riforma, la mia attenzione resta incollata ai dati di prima: senza supporto della politica e senza coinvolgimento delle persone, non c’è spazio di cambiamento. Intanto la discussione sugli indicatori prosegue.
Il commitment politico si ottiene quando chi guida capisce che il cambiamento in atto, per quanto non privo di costi figurati e non, può generare un valore concreto e tangibile. Occorre, quindi, avere il tempo e il contesto giusto di capire la posta in gioco, i rischi e le opportunità.
Anche il coinvolgimento delle persone si ottiene in modo simile: i membri di un’organizzazione fanno fatica ad abbracciare un programma di riforma – in genere foriero di nuovi oneri – se non è chiaro l’orizzonte del cambiamento, lo scopo, i vantaggi e il senso di fondo. Perché questo processo di comprensione si attivi, serve anche in questo caso un tempo dedicato a discuterne.