#ValorePubblico

Il valore pubblico dell'innovazione satellitare e l'interesse privato

Si discute in queste ore di una notizia battuta da Bloomberg su un possibile accordo tra il governo italiano e SpaceX, azienda americana leader nell’innovazione tecnologica spaziale fondata nel 2002 da Elon Musk. Il dibattito nostrano è al momento dominato dal tema dell’opportunità politica dell’accordo, visto il probabile ruolo di primo piano di Musk nell’amministrazione americana in corso di insediamento: a tal proposito, si susseguono in queste ore dichiarazioni e smentite.

Ma c’è un fatto che resta rilevante: la sicurezza, l’efficacia e la pervasività delle telecomunicazioni contemporanee che le tecnologie satellitari possono offrire oggi sembra non avere rivali rispetto ai canali di trasmissione tradizionali. L’altro fatto di grande rilievo è che nessun altro soggetto pubblico o privato ha investito in queste tecnologie quanto SpaceX, che oggi ha un vantaggio tecnologico e strategico innegabile.

Pertanto, la questione che si pone non solo al governo italiano, ma all’Europa tutta è: qual è la strategia per cogliere l’opportunità che le tecnologie spaziali offrono, capaci di coniugare sicurezza e sviluppo economico?

 

Ho rivolto questa domanda a Clelia Iacomino, ricercatrice di SDA Bocconi GHNP, che ha recentemente discusso la sua tesi di PhD proprio sul tema del rapporto tra pubblico e privato nell’investimento in tecnologie spaziali.

Clelia, ci spieghi in breve in cosa consistono le tecnologie spaziali che potrebbero essere oggetto di un eventuale accordo tra l’azienda americana e il nostro governo e in che modo potrebbero essere game changer?

Starlink è la più grande rete di satelliti in orbita bassa (LEO) con oltre 12.000 unità autorizzate e piani di espansione fino a 30.000 satelliti, dominando circa il 70% del mercato. Grazie ai bassissimi costi marginali e alle economie di scala, Starlink è in grado di offrire servizi internet a banda larga globale a prezzi competitivi, rendendo difficile la competizione per gli operatori più piccoli. Questo approccio ha rivoluzionato il settore delle comunicazioni satellitari, superando i tradizionali satelliti geostazionari più costosi e ingombranti, e ha reso accessibile Internet anche in aree remote.

 

Oltre a SpaceX, chi sono i grandi player che stanno investendo in queste tecnologie?

Il principale è un’altra azienda americana, Amazon, che punta a lanciare 3.200 satelliti entro il 2025. Altri sono OneWeb, nel Regno Unito, che ha già lanciato oltre 500 satelliti, mentre Hongqing Technology in Cina sta progettando una costellazione di 10.000 satelliti. In Europa, il progetto IRIS² prevede 300 satelliti entro il 2031 e si struttura come una Public-Private Partnership (PPP). Nel frattempo, SpaceX, con un vantaggio competitivo derivante da investimenti pubblici e privati, ha sviluppato soluzioni economiche ed è già attiva sul mercato internazionale anche con accordi con compagnie telefoniche. 

Questo panorama complesso evidenzia una crescente sfida globale tra Paesi ma al tempo stesso anche una crescente necessità di alleanze strategiche e cooperazione.

Cosa stanno facendo i governi europei (o cosa potrebbero fare in più o di diverso) per cogliere l’opportunità? Quali sono le sfide strategiche all’orizzonte?

Le opinioni sugli accordi con aziende americane come SpaceX sono contrastanti. L’Italia, nel 2022, ha siglato un accordo con l’americana Axiom per lo sviluppo di un modulo destinato alla stazione spaziale commerciale, riflettendo una tendenza a collaborare con realtà più dinamiche a causa delle inefficienze delle infrastrutture europee. Imprenditori come Elon Musk attraggono capitali privati, mentre i programmi europei, come IRIS², faticano a coinvolgere il settore privato e hanno tempi di attuazione lunghi. Starlink, intanto, consolida la sua posizione, rischiando di rendere obsoleti i progetti europei.

La sfida riguarda se puntare su accordi bilaterali o su una strategia unitaria europea per rafforzare l’autonomia tecnologica.

E aggiungo, riprendendo la parola, che la lezione di public management in questa storia è che quando il cliente è istituzionale non può mai essere solo un cliente, ma è anche al tempo stesso regolatore e attore strategico, investito della responsabilità di indirizzare la relazione con la parte privata (tanto più se in posizione di lock-in), nell’interesse pubblico.

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