Se da un lato l’imperativo “sburocratizzare” mette più o meno tutti d’accordo, meno esplorata è la diagnosi del problema, che certo affonda le radici ben prima dell’attuale crisi.
Dopo lo slancio riformatore degli anni ’90, le cui parole d’ordine erano, tra le altre, ‘management’, ‘decentramento’, ‘flessibilità’, gli ultimi 10 anni sono stati tempi più bui per la PA. La crisi di finanza pubblica, figlia anche della crisi economica del 2008, e le conseguenti politiche di austerità hanno cambiato il lessico dominante: ‘più controlli’, ‘ri-accentramento’, ‘compressione dello spazio di flessibilità’. Alcuni autorevoli osservatori internazionali hanno non a caso parlato di progressiva affermazione in tutta Europa di uno stato neo-burocratico, come del prodotto delle politiche di austerità.
Si pensi alle politiche degli acquisti pubblici nel nostro Paese. Come ci stanno spiegando i colleghi Niccolò Cusumano e Veronica Vecchi nei contributi offerti anche sulla stampa nazionale, uno degli errori principali che stiamo scontando in questa crisi è il modo in cui sovente è stato gestito il processo di centralizzazione degli acquisti, finalizzato prevalentemente a ridurre i costi, invece che come leva strategica, basata sulla professionalizzazione delle stazioni appaltanti, proattività nella capacità di anticipare i bisogni, orientamento al valore generato dai beni e servizi lungo tutta la catena di fornitura.
In altre parole, abbiamo cercato margini di efficienza nell’accentramento e superfetazione dei controlli, combinata ad un approccio persecutorio nei confronti dell’azione pubblica, che ha ulteriormente rinforzato fenomeni di amministrazione difensiva da parte di dirigenti e funzionati pubblici, ovvero comportamenti volti a tutelare la propria scelta, più che a tutelare, attraverso la scelta stessa, interessi pubblici. Inoltre, le collegate misure di anti-corruzione, invece di puntare sulla motivazione individuale, sull’orgoglio di servire il Pubblico anche attraverso il rinforzo di un’identità individuale e collettiva positiva (come la ricerca più recente sembra indicare), sono state delegate a documenti, regole e - ancora una volta - nuovi controlli, il cui effetto più significativo è il clima di reciproca diffidenza e sfiducia tra PA e operatori privati.