#ValorePubblico

Tutta colpa dei runner. E dei burocrati.

Se il contagio sembra essere responsabilità di quei pochi che invece di rimpinzarsi si concedono una solitaria corsetta, così le difficoltà di gestione dell’emergenza sono chiara colpa dei non meglio definiti ‘burocrati’. Una vecchia abitudine dei tempi di crisi.

Torna di moda il discorso pubblico “anti-burocratico”

Ho fatto un piccolo esperimento. Ho cercato quali e quanti articoli (in lingua italiana) contenevano la parola “burocrazia” nell’ultimo mese (12 marzo – 13 aprile 2020) grazie al supporto di un motore di ricerca specializzato (Factiva). Risultato: 5520 articoli, di cui circa la metà solo nelle principali agenzie di stampa (come ANSA e Adnkronos) e principali testate giornalistiche (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Resto del Carlino, …). Non c’è dubbio che il tema sia legato alla gestione dell’emergenza Covid19, anche perché negli ultimi tempi non si è ovviamente parlato d’altro: oltre la metà degli articoli nel web collegano il tema ‘burocrazia’ al Coronavirus. A guardare la distribuzione, l’interesse per il tema aumenta esponenzialmente dal 24 marzo, più o meno quando si acuisce la polemica sull’indisponibilità dispositivi medici, per raggiungere il picco qualche giorno fa, l’8 aprile, quando i dati sul contagio allentano un po’ e l’attenzione si sposta sulle misure di mitigazione della crisi economica, sull’ allarme delle imprese che si sentono poco supportare nella difficile congiuntura, sulla difficoltà ad accedere alla misure di tutela per i più fragili, tra un “click-day” e l’altro, sui dispositivi resi obbligatori ma, allo stesso tempo, indisponibili. L’impressione è che non ci sia niente di nuovo in questa nuova ondata di insofferenza anti-burocratica, se non la miccia: una straordinaria emergenza sanitaria, già diventata economica e sociale, che acuisce il bisogno di istituzioni pubbliche e ne rende più visibili i limiti. Il resto è ormai un classico: quando i bisogni aumentano, ma le risorse scarseggiano, la tolleranza verso le inadeguatezze delle amministrazioni crolla e alimenta un discorso pubblico di discredito verso una PA incompetente o addirittura malevola e capricciosa.

Quando i bisogni aumentano, ma le risorse scarseggiano, la tolleranza verso le inadeguatezze delle amministrazioni crolla e alimenta un discorso pubblico di discredito verso una PA incompetente o addirittura malevola e capricciosa.

Un abbozzo di diagnosi: la neo-burocrazia figlia delle politiche di austerità

Se da un lato l’imperativo “sburocratizzare” mette più o meno tutti d’accordo, meno esplorata è la diagnosi del problema, che certo affonda le radici ben prima dell’attuale crisi.

Dopo lo slancio riformatore degli anni ’90, le cui parole d’ordine erano, tra le altre, ‘management’, ‘decentramento’, ‘flessibilità’, gli ultimi 10 anni sono stati tempi più bui per la PA. La crisi di finanza pubblica, figlia anche della crisi economica del 2008, e le conseguenti politiche di austerità hanno cambiato il lessico dominante: ‘più controlli’, ‘ri-accentramento’, ‘compressione dello spazio di flessibilità’. Alcuni autorevoli osservatori internazionali hanno non a caso parlato di progressiva affermazione in tutta Europa di uno stato neo-burocratico, come del prodotto delle politiche di austerità.

Si pensi alle politiche degli acquisti pubblici nel nostro Paese. Come ci stanno spiegando i colleghi Niccolò Cusumano e Veronica Vecchi nei contributi offerti anche sulla stampa nazionale, uno degli errori principali che stiamo scontando in questa crisi è il modo in cui sovente è stato gestito il processo di centralizzazione degli acquisti, finalizzato prevalentemente a ridurre i costi, invece che come leva strategica, basata sulla professionalizzazione delle stazioni appaltanti, proattività nella capacità di anticipare i bisogni, orientamento al valore generato dai beni e servizi lungo tutta la catena di fornitura.

In altre parole, abbiamo cercato margini di efficienza nell’accentramento e superfetazione dei controlli, combinata ad un approccio persecutorio nei confronti dell’azione pubblica, che ha ulteriormente rinforzato fenomeni di amministrazione difensiva da parte di dirigenti e funzionati pubblici, ovvero comportamenti volti a tutelare la propria scelta, più che a tutelare, attraverso la scelta stessa, interessi pubblici. Inoltre, le collegate misure di anti-corruzione, invece di puntare sulla motivazione individuale, sull’orgoglio di servire il Pubblico anche attraverso il rinforzo di un’identità individuale e collettiva positiva (come la ricerca più recente sembra indicare), sono state delegate a documenti, regole e - ancora una volta - nuovi controlli, il cui effetto più significativo è il clima di reciproca diffidenza e sfiducia tra PA e operatori privati.

Abbiamo cercato margini di efficienza nell’accentramento e superfetazione dei controlli, combinata ad un approccio persecutorio nei confronti dell’azione pubblica.

Una crisi nella crisi: la scarsa fiducia nelle istituzioni ai tempi del Coronavirus.

Il nostro Paese è tradizionalmente tra quelli con i più bassi livelli di fiducia verso le istituzioni pubbliche da parte dei cittadini (Edelman Trust Barometer 2020), in larga parte anche per ragioni storiche e culturali. Una crisi nella crisi, perché istituzioni più fragili sono anche depauperate della loro legittimazione e più esposte a pulsioni anti-democratiche in momenti extra-ordinari: non stupisce nessuno, infatti, la facilità con cui in queste settimane si è invocata l’efficacia gestionale di regimi politici illiberali (dalla Cina a Singapore). Per questa ragione, guardo con un po’ di sospetto e preoccupazione alla retorica anti-burocratica, soprattutto a quella che tende a contrapporre il Paese ad un presunto Apparato da esso scollegato, gli imprenditori ai burocrati, i lavoratori precari ai tutelati dipendenti pubblici. Ben vengano, invece, analisi puntuali e proposte operative, mosse dall’idea di ridurre la distanza tra il funzionamento delle amministrazioni pubbliche e i bisogni del Paese, per non buttare via il bambino con l’acqua sporca.

 

PS: Sono ben accetti tra i commenti i racconti di controesempi, di storie di successo, di “burocrati” alleati della società, nonostante i limiti e i pochi mezzi.  

Guardo con un po’ di sospetto e preoccupazione alla retorica anti-burocratica, soprattutto quella che tende a contrapporre il Paese ad un presunto Apparato da esso scollegato, gli imprenditori ai burocrati, i lavoratori precari ai tutelati dipendenti pubblici.

SHARE SU