- Data inizio
- Durata
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- 5 Mag 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
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Mentre di PMI si parla poco e male, di sostenibilità si parla molto e sempre in positivo. Proprio per questo bisogna stare attenti e approfondire. In molti casi è una moda, in altri purtroppo solo un escamotage di facciata. Con riferimento al primo aspetto, è indubbio che sia diventato un tema dominante nel dibattitto economico e mediatico con il rischio che, dopo aver toccato il picco, tra qualche anno, sarà superato da nuove questioni che lo soppianteranno. Altrettanto pericoloso l’utilizzo delle pratiche di sostenibilità per riparare o nascondere i danni fatti da attività economiche fuori misura e fuori controllo. In America, non a caso, si usa l’espressione “green washing” per fare riferimento proprio alle situazioni in cui la bandierina ecologica viene messa ad arte per compensare una serie di malefatte ambientali da parte di aziende che così facendo ripuliscono la propria immagine definendosi sostenibili. Un trucco da prestigiatori: si conquista la fiducia dei clienti e in un certo senso li si tranquillizza mostrando una piccola cosa luccicante affinché non si veda tutto ciò che sta dietro.
E in Italia? Nel paese del capitalismo pulviscolare, oltre la moda e la facciata, come siamo messi in materia di sostenibilità? PMI familiari e sostenibilità sono un binomio possibile? Anche sui temi ESG (Environmental, Social e Governance) siamo, come qualcuno ha interesse a far credere, sempre il fanalino di coda?
La mia risposta, dettata dalle moltissime ore che passo a contatto con gli imprenditori alla guida di realtà di minori dimensioni, è che le PMI, intese come modello originale di sviluppo del nostro Paese, sono naturalmente sostenibili. Mi spingerei a dire che le piccole imprese ben gestite, quelle forti per intenderci, non quelle in difficoltà, al limite del fallimento, sono sostenibili ante litteram e lo sono sia a livello economico, sia a livello sociale e sia in termini ambientali. Senza esagerare è possibile affermare che le piccole imprese, sono le migliori interpreti della sostenibilità in tutte le sue declinazioni. Provo a spiegare. Lo sono da un punto di vista economico: prive come sono di aiuti gratuiti dal sistema si sarebbero già estinte da tempo se non fossero in grado di sostenersi. La loro crescita, vincolata dalle possibilità della famiglia e non dalla disponibilità di ingenti risorse pubbliche o dal supporto interessato degli investitori istituzionali, è più spesso un percorso graduale e ben calibrato, meno esposto al rischio di non reggere in assenza di aiuti esterni. L’esatto opposto di quella crescita (innaturale e insostenibile nel lungo termine) che si teorizza nel caso di grandi industrie pubbliche o private ma supportate dallo Stato.
Le piccole imprese sono sostenibili anche da un punto di vista sociale essendo la culla dell’integrazione sociale, nonché mezzo di ridistribuzione di ricchezza e di sviluppo dei territori minori. Le nostre imprese di minori dimensioni, com’è noto, sono per la maggioranza insediate nei piccoli comuni che costituiscono la provincia italiana. E’ lì, in quella provincia che non è degradata come le periferie delle grandi metropoli, che in molti casi, anche per l’assenza ormai di mano d’opera locale, che si compie l’inserimento e la formazione professionale di maestranze non italiane che attraverso il lavoro e le sicurezze che ne conseguono intraprendono un cammino di socializzazione e di vera integrazione per loro e per le loro famiglie.
Le imprese di minori dimensioni sono e saranno sempre più sostenibili anche dal lato ambientale. Piccoli volumi di prodotti di altissima qualità si oppongono ad un’offerta insensata di grandi quantità di beni usa e getta, espressione di una mentalità iper-consumistica che pone seri interrogativi sul tema della conservazione ambientale. Lo spreco, che se non monitorato è in molti casi alla base dei disastri ecologici, non appartiene alla forma mentis del piccolo imprenditore, molto attento ai costi oltre che alla salvaguardia ambientale. C’è inoltre una componente di utilitarismo e pragmatismo che porta oggi il piccolo imprenditore ad essere sensibile agli aspetti della tutela ambientale in senso lato. Spessissimo l’imprenditore, la sua famiglia e i suoi collaboratori abitano nelle vicinanze dell’azienda, di frequente la casa è adiacente allo stabilimento. Chiedetevi perché mai il titolare di un’azienda che vive nel territorio in cui opera, al di là delle sanzioni in cui potrebbe incorrere, può essere così stupido da inquinare l’aria, il suolo e l’acqua di casa con il rischio di nuocere gravemente alla salute sua, dei suoi discendenti e dei suoi dipendenti?
Insomma credo basti ragionare un minimo per capire che il modello della PMI è per sua natura intrinseca più sostenibile di quello della grande impresa. Le piccole imprese non debbono essere considerate limitate in quanto mancanti di ormoni della crescita ma andranno sempre più concepite come una specie a sé che, proprio nella ridotta dimensione, trova una caratteristica favorevole a rispondere ai bisogni del consumatore dell’era post-pandemica, attento come non mai alla propria salute, alla qualità e alla durata dei beni che compra, alla loro manutenzione e riutilizzo, al modo in cui sono prodotti. Proprio per queste sue peculiarità la piccola impresa può traghettarci in un futuro dove il suo DNA si può esprimere in modo nuovo per rispondere al meglio alle variate condizioni ambientali, può essere, per come è fatta, perfettamente coerente alle mutate esigenze del mercato. PMI e sostenibilità non solo è un binomio possibile ma è un abbinamento naturale. Partiamo bene! Basta solo averne consapevolezza e renderlo visibile.