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- 20 Feb 2025
- 12 giorni
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- Italiano
Fissare chiaramente i tuoi obiettivi e affrontare le problematiche specifiche delle PMI, per un migliore coordinamento della tua realtà imprenditoriale.
Il mondo in una tazzina di caffè. Non è un claim pubblicitario, ma una prospettiva diversa da cui è possibile inquadrare le grandi questioni che attraversano il nostro pianeta, la società, l’economia. L’industria del caffè – uno dei prodotti di più largo consumo, la cui catena del valore può avere enormi impatti, positivi o negativi, sull’ambiente e sulla vita delle persone che la compongono – diventa un paradigma per affrontare il principale tra tutti i temi emergenti, quello della sostenibilità. E lo diventa soprattutto se a parlarne è Andrea Illy, Presidente di illycaffè, un’azienda che ha fatto da tempo della sostenibilità un valore fondante della propria mission e della propria strategia operativa.
Illy ha risposto alle domande degli studenti del Full-Time MBA di SDA Bocconi in un incontro organizzato dall’Ethica Club, con la presenza del direttore MBA, Stefano Pogutz. Un’ottima occasione per capire come un prodotto mass-market possa essere riconosciuto quasi come un luxury brand – ma vedremo la particolare accezione che Illy dà a questo termine – affrancandosi dalla dimensione di commodity anche grazie al costante focus sulla sostenibilità in tutti gli anelli della value chain.
Un settore globalizzato da sempre. “L’industria del caffè è strutturalmente internazionale perché le produzioni sono concentrate in precise aree del pianeta e i consumatori sono distribuiti praticamente in tutto il mondo”, ricorda Illy rispondendo a una domanda sulle principali sfide della sostenibilità. “Illycaffè nasce per offrire un caffè di alta qualità, in Italia e nel mondo, e oggi l’idea di qualità non può prescindere da quella di sostenibilità”.
Fino a qualche anno fa l’industria del caffè cresceva su un paradosso, prosegue: il caffè, che nei paesi consumatori è associato all’idea di dinamismo, benessere e successo sociale ed economico, nei paesi produttori era espressione di un’economia di sussistenza. C’era un enorme moltiplicazione del valore lungo la supply chain che solo in minima parte ricadeva sui produttori. Il 1994, con una crisi climatica che mise in ginocchio i produttori e fece schizzare alle stelle il costo del caffè, per Illy fu l’anno della svolta in cui prese il via il programma di sostenibilità con l’approvvigionamento diretto alle fonti e il sostegno dei produttori con progetti specifici nei loro territori. Col tempo il consumatore finale ha riconosciuto questo extra-value e ora è disposto a pagarlo.
Se ne deduce che, per avere futuro, la sostenibilità deve essere anche sostenibilità economica per l’intera filiera produttiva, a partire dai coltivatori.
Ma nell’industria agroalimentare c’è un altro paradosso. L’agricoltura, con l’allevamento, è uno dei settori che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico, con emissioni di gas-serra che arrivano al 23% del totale, ma è anche uno di quelli che soffrono di più per le conseguenze di tale cambiamento. Con le tecniche agricole di oggi si possono produrre enormi quantità, ma a che prezzo per l’ambiente? L’agricoltura intensiva convenzionale consuma enormi quantità di acqua e prevede l’impiego massiccio di pesticidi chimici. Inoltre la monocultura sempre più estesa impoverisce i terreni.
Spinta da una richiesta del mercato sempre più forte – ricorda Illy – la transizione verso metodi di coltivazione integrati o verso l’agricoltura rigenerativa è e sarà sempre più il fenomeno prevalente in questo settore. Così come la riduzione del consumo di proteine animali e una diversa organizzazione della supply chain e della distribuzione (si pensi che il 30% del cibo prodotto viene buttato via).
“Credo che la madre di tutte le questioni ambientali sia la decarbonizzazione”, continua il presidente, “il nostro obiettivo è diventare carbon free in ogni singola fase della value chain (produzione, trasporto, lavorazione, imballaggio, distribuzione)”. Un processo rivoluzionario che richiede la transizione verso un modello rigenerativo: produzione e al tempo stesso conservazione e rigenerazione dell’ambiente. E non solo in agricoltura ma in tutti i settori industriali. È possibile? Illy ne è convinto ma aggiunge, forse a scopo di “deterrenza”: “ricordiamoci che l’homo sapiens ha 200.000 anni ma la natura ne ha 4 miliardi e sa rigenerarsi anche senza di noi”.
Ma come “si mettono a terra” questi valori nell’organizzazione e nelle strategie di una grande azienda? A rispondere è l’imprenditore Illy, che cita Thomas Alva Edison: “La visione senza l’esecuzione è solo un’allucinazione”. In quest’ottica la sostenibilità non è né un ideale astratto né un mero costo. E se il discorso si allarga a tutti i soggetti che orbitano attorno all’azienda, Illy non ha esitazioni: “la contrapposizione tra shareholder economy e stakeholder economy non ha senso!” In altre parole, in un mondo ormai strettamente interconnesso e inevitabilmente “circolare” qualsiasi strategia o azione ha un effetto positivo per gli azionisti solo se ce l’ha su tutti gli altri soggetti coinvolti, dai fornitori ai clienti, dai dipendenti al territorio. Oggi creare un business sostenibile produce valore, anche economico. “La questione”, conclude. “non è capire quanto costa la sostenibilità ma quanto valore distruggo se non sono sostenibile. È un concetto che dovrebbe essere diffuso nelle aziende, nelle università ecc.”
Illy è anche un brand ambasciatore dell’Italian excellence. Il suo presidente non vuole definirlo però un luxury brand, “piuttosto un marchio di alta gamma tipicamente italiana”. Ciò che lo definisce è la dimensione esperienziale ed “estetica”, il rispetto della tradizione e del saper fare tipicamente italiani. “Abbiamo la forza e la consapevolezza delle nostre radici perché non c’è albero che possa crescere robusto senza solide radici”. E l’albero cresce e guarda al futuro, un futuro fatto di innovazione continua – tratto che ha caratterizzato del resto i 90 anni di storia di illycaffè, a partire dal sistema di confezionamento del caffè a pressurizzazione del 1934.
In ultimo, un consiglio alla platea degli studenti e delle studentesse MBA: “assumetevi dei rischi, anche in tempi difficili, e soprattutto non chiedetevi solo che cosa fare ma anche perché lo faccio”. È il presupposto di ogni scelta responsabile e sostenibile. Nel caso di Illy, per mettere nella tazzina un caffè “buono”, in tutti i sensi.
SDA Bocconi School of Management
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