I fondi ministeriali per gli investimenti sanitari sono ormai completamente esauriti (art. 20 L. 67/88). Le misure di contenimento del debito pubblico non consentiranno di utilizzare logiche tradizionali. Questo riaprirà la strada alle partnership pubblico privato?
E’ a questo tema che il decimo congresso annuale della SIAIS ha dedicato la lectio magistralis di avvio, che è stata svolta da Veronica Vecchi, SDA Professor di Public Management and Policy Department, membro tra l’altro del Nucleo di Valutazione degli Investimenti del Ministero della Salute.
Il PPP è stato utilizzato in Italia nel settore sanitario secondo logiche di matching fund, per massimizzare l’impatto dei fondi pubblici, ma senza creare un vero modello di collaborazione pubblico-privato. Ora è necessario sviluppare le competenze nel mercato e nel settore pubblico per utilizzare il PPP in modo più lungimirante, innovativo e sostenibile. The way forward, Veronica Vecchi dice, è il saper concepire e utilizzare il PPP come strumento che a parità di costi, ovviamente se misurati in modo corretto secondo logiche “life cycle”, è in grado di migliorare la qualità dei servizi. Tra l’altro questi contratti, se utilizzati in modo sistematico, hanno importanti benefici anche di tipo macroeconomico: non solo sul debito pubblico, ma anche su PIL, occupazione e gettito fiscale.
Per utilizzare in modo sistematico questi contratti serve chiudere alcuni gap. In particolare, il gap di programmazione, con una pipeline di progetti che in pochi anni possano essere pianificati e avviati, mettendo a sistema le migliori competenze manageriali, pubbliche e private, e contribuendo, quindi, alla generazione di asset su cui sviluppare il mercato. È evidente che per fare questo serve una policy che “sdogani” il PPP come strumento per realizzare e gestire investimenti complessi e non come only game in town per quei progetti che non ricevono la necessaria copertura finanziaria, nazionale e regionale. Senza una policy e soprattutto un forte commitment politico, il PPP rimarrà sempre relegato a qualche sperimentazione locale a opera di qualche manager pubblico o operatore economico coraggioso, con il rischio, quindi, che il modello non diventi scalabile. Sono molti, infatti, oggi gli operatori privati che vorrebbero spingere il PPP a suon di proposte a iniziativa privata, ovvero unsolicited (non sollecitate con bando di gara). Si tratta di una modalità che può aiutare a creare il mercato, ma solo se le proposte fanno riferimento a progettualità ben circoscritte e a forte contenuto tecnico/tecnologico. Su grandi interventi, l’asimmetria informativa è troppo alta e compromette la capacità della proposta privata di rispondere in pieno alle esigenze delle aziende sanitarie, ancora di più in una logica di rete.
SDA Bocconi School of Management