Guriev: "abbattere l’elefante", ovvero la "unfair inequality"e le transizioni democratiche

Full-Time MBA: "Populism and the Economy"

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 Milano, 23 ottobre 2019

Quella nel blocco dei paesi post-sovietici è una tappa obbligata nel viaggio di esplorazione del rapporto tra gli scenari economici e l’affermazione politica del populismo. Pur con notevoli differenze tra loro – al punto che appare improprio parlare di “blocco” – la storia degli ultimi 30 anni di questi Stati ha un importante tratto comune: la transizione verso l’economia di mercato. Un percorso tutt’altro che lineare e indolore.

 

Parte da questa premessa l’intervento di Sergei Guriev – docente di Economia all’Istituto di Studi politici di Parigi e fino a quest’anno Chief Economist della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo – in una delle sessioni del ciclo “Populism and the Economy” per il Full-Time MBA di SDA Bocconi. Come ex Rettore della New Economic School di Mosca, Guriev è uno dei più qualificati osservatori “interni” di questa transizione e delle sue anomalie. Uno sguardo critico e indipendente che lo ha reso poco gradito all’attuale establishment russo.

 

Per capire attuale l’ondata di populismo in Occidente bisogna guardare al suo diretto predecessore, quello nato in diversi paesi dell’Europa dell’Est dopo la caduta della Cortina di ferro”, sostiene Guriev. Ma c’è una sostanziale differenza tra i due: “Se il populismo odierno è originato per lo più dalla crisi economica, quello dell’Est Europa ha una storia più lunga che nasce dalle riforme sbagliate nella fase di transizione e dalla diseguaglianza che hanno prodotto”. Secondo l’economista, le classi dirigenti di molti paesi non hanno saputo (o voluto) accompagnare l’avvento della democrazia con un effettivo sistema di check and balance che garantisse un corretto equilibrio del potere politico, né l’apertura al mercato con politiche redistributive che ripartissero equamente i costi (sottovalutati) della transizione.

 

La prima parola-chiave per capire la difficile transizione post-sovietica è quindi “(unfair) inequality”. “Molti di questi paesi sono passati da una uguaglianza ingiusta, nella quale chi lavora di più non viene pagato di più, a una diseguaglianza ingiusta, cha scarica il peso delle riforme principalmente sui più poveri e meno istruiti”, continua Guriev. Lo conferma la “Curva dell’elefante” di Milanovic che misura l’aumento di reddito delle diverse fasce di popolazione nel periodo 1989-2016: “In Russia, ad esempio, il decile più ricco ha visto il suo reddito raddoppiare mentre tutti gli altri restano al di sotto della crescita media. Oggi la Russia è il paese più diseguale del mondo”. Mentre la componente “fair” della diseguaglianza va nella direzione dell’economia di mercato e della democrazia, quella “unfair”, che produce diseguaglianza delle opportunità, segue la direzione opposta.

 

Questo quadro nasconde anche la seconda parola-chiave: corruzione. “I paesi privi di istituzioni democratiche finiscono per produrre un capitalismo clientelare”. Guriev descrive con precisione questo processo: “è il circolo vizioso degli oligarchi, dove i poteri economici si fondono con quelli politici: i magnati investono i loro profitti in influenze politiche per tagliare fuori dal mercato le aziende senza ‘agganci’ e i politici usano il denaro degli oligarchi per bloccare la competizione politica”. Le ricadute sono pesanti e “sistemiche” perché vengono minati lo sviluppo economico e la fiducia nelle istituzioni. E “molti regimi oligarchici e populisti post-comunisti si trasformano in ‘autocrazie mediatiche’ che per auto-conservarsi usano il denaro e l’informazione invece dell’ideologia e della repressione”.

 

Da questo bilancio poco confortante si può tuttavia imparare qualcosa sul fronte economico e politico: innanzitutto che nelle transizioni economiche “bisogna proteggere i più disagiati perché lo scenario ‘sacrifici a breve termine per guadagni a lungo termine’ non sempre funziona”. In secondo luogo che “per prevenire l’affermarsi del capitalismo clientelare occorre proteggere i meccanismi politici di checks and balances e rinforzare la competizione”. Strategie che rappresentano il miglior vaccino contro la diffusione e il radicamento del populismo.

 

SDA Bocconi School of Management

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