Carlo Messina: nella condivisione dei valori il segreto della leadership

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Persone e valori. Sono sufficienti queste due parole per capire qual è la visione della leadership di Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo. Sicuramente tra le più ricorrenti nel suo intervento tenutosi nell’aula magna dell’Università Bocconi per il ciclo di incontri delle Leader Series EMF – Executive Master in Finance, sono parole che esprimono una concezione profondamente “umanistica” del ruolo del leader all’interno di un’organizzazione. Un approccio al tema niente affatto scontato per una persona che ha costruito il suo successo professionale in ambito finanziario, ma che la dice lunga sulla consapevolezza di avere a che fare con un compito impegnativo e sfaccettato, che richiede, tra l’altro, «partecipazione, capacità di ascolto e di autocritica».

Probabilmente non è casuale che una cultura della leadership di questo tipo nasca e si sviluppi proprio in un contesto, come quello bancario, in cui l’investimento sul capitale umano pone sfide sempre più alte e impegnative. Un mondo che – ricorda Messina sollecitato da Andrea Beltratti, Academic Director di EMF, a immaginare il futuro prossimo delle banche – è destinato a vedere, da una parte, la riduzione di alcuni ruoli operativi e, dall’altra, la nascita e lo sviluppo di figure sempre più capaci di relazioni di valore con i clienti e gli altri stakeholder. «Inevitabilmente le banche saranno sempre più aziende digitali. È un processo già avviato ma che ha ancora amplissimi margini di sviluppo con l’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale. Ciò avrà sicuramente una ricaduta organizzativa importante soprattutto sulla dimensione retail. Ma il fattore umano diverrà sempre più importante in altri ambiti, come il wealth management, nei quali saranno richieste competenze sempre più raffinate, in termini sia di specializzazione che di soft skill, di capacità di relazione col cliente. Insomma – conclude Messina – se devo affidare i miei risparmi o il mio patrimonio a qualcuno voglio guardarlo negli occhi e parlare con lui».

Prendersi cura delle persone e motivarle

Se la risorsa umana è destinata a essere il fulcro strategico e il fattore competitivo vincente delle banche – e non solo – è con essa, prima ancora che con altri indicatori di crescita, che la leadership deve misurarsi. Il suo primo compito è l’inclusione. «La leadership deve innanzitutto prendersi cura delle persone, deve farle sentire parte di un progetto comune. Solo così sarà realmente possibile condividere gli obiettivi che poi ognuno per la sua parte dovrà realizzare in concreto». Anche quello della condivisione è un concetto che Messina ripeterà più volte nel corso dell’incontro. E che risulta strettamente legato a quello di cultura aziendale: «la cultura aziendale è un elemento imprescindibile per capire il valore di un’azienda, che non è determinato solo da indici economici, ma anche e soprattutto da valori condivisi da tutte le persone che lavorano al suo interno. Anzi, sempre più spesso il successo delle organizzazioni è dato dalla loro capacità di esprimere, all’interno e verso l’esterno, una sintesi di questi valori comuni».

L’esperienza nell’universo bancario è sicuramente anche quella che ha costruito un altro pilastro della leadership secondo Carlo Messina: la fiducia. Non solo il valore della banca, ma la sua stessa sussistenza e ragion d’essere si fondano su un rapporto di fiducia. « Le crisi bancarie sono sempre la conseguenza di una crisi di fiducia. E la costruzione della fiducia è possibile solo attraverso il rapporto umano, con i clienti e tutti gli altri interlocutori della banca. Non c’è tecnologia o efficienza organizzativa che possa sostituire la relazione personale in questo processo. E solo persone che si fidano della propria organizzazione e della sua leadership saranno in grado di trasmettere questa fiducia al mercato».

Un’attitudine che si può apprendere

Per un banchiere di fronte a una platea di persone che stanno sviluppando le loro competenze specialistiche in campo finanziario ma anche la loro capacità di leadership, la domanda è inevitabile: ma si può imparare a essere leader? «Naturalmente non vanno sottovalutate le competenze – risponde il CEO di Intesa Sanpaolo – che sono imprescindibili per svolgere un lavoro di qualità, cosa che in banca è sempre più richiesta perché è finito il tempo delle rendite di posizione. Le competenze sono importanti non solo per i ruoli operativi ma anche nello sviluppo della leadership, perché la credibilità si fonda anche su queste. Ma essere leader significa anche altro. Significa ovviamente sapere prendersi delle responsabilità, anche difficili, e sapere guardare avanti, oltre la contingenza. Ma significa anche coltivare l’umiltà, consapevoli di poter sbagliare e capaci di imparare dai propri errori, e sapere confrontarsi costruttivamente con i propri collaboratori. Si può imparare tutto questo? Credo di sì, cogliendo tutte le occasioni di apprendimento che la vita ci offre, essendo recettivi, aperti al cambiamento».

Un ventaglio di soft skill, dunque, che è destinato ad allargarsi. Ma che suggerimento si può dare a dei giovani talenti in formazione, come i partecipanti a EMF, per consolidare le basi della loro leadership? La domanda, posta da Andrea Beltratti a conclusione dell’incontro, non lascia spazio a incertezze. «Più che arte o scienza, credo che la leadership sia questione di attitudine e disponibilità. Occorre, da un parte, consolidare la propria cultura e competenza personale e, dall’altra, contribuire a costruire quella della propria organizzazione. Ed evitare se possibile la logica delle “cordate”, purtroppo ancora diffusa nel nostro paese. Non sempre il carro del vincitore porta lontano, le organizzazioni di successo sono quella che si fondano sulle forze e sul talento di ciascuno».

SDA Bocconi School of Management

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