Lo spazio è un affare da maneggiare con cura

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Tre domande a Simonetta Di Pippo, nuovo Professor of Practice di SDA Bocconi, chiamata a dirigere il SEE Lab. Astrofisica con due lauree honoris causa in International Relations e Environmental Studies, assume il nuovo incarico dopo un iter professionale che l’ha vista protagonista nel campo della space economy all’Agenzia Spaziale Italiana, all’Agenzia Spaziale Europea e alle Nazioni Unite. La cooperazione internazionale nei programmi di attività nello spazio ai fini di uno sviluppo socio-economico sostenibile rappresenta la bussola della sua «navigazione».   

Un’astrofisica che «atterra» in una business school potrebbe sembrare una cosa molto particolare, se non addirittura strana. Se dovesse raccontare a un neofita del tema i 3 motivi per cui space economy e business school sono un buon connubio, cosa gli direbbe?  

Direi non solo che sono un’astrofisica, ma un un’astrodiplomatica, con alcuni decenni di esperienza nel settore spaziale a tutto campo e una vocazione alla cooperazione internazionale. I tre motivi per i quali non solo è un buon connubio, ma una scelta strategica molto importante sono questi:

  1. le attività legate a dati e infrastrutture spaziali costituiranno, e già costituiscono, l’ossatura portante di uno sviluppo socio-economico sostenibile su scala globale, rappresentando quindi un elemento centrale dell’economia mondiale del XXI Abbassamento dei costi di accesso allo spazio, innovazione tecnologica e investimenti di capitali privati consentono una maggiore fruizione di dati e infrastrutture spaziali, e questo induce un effetto moltiplicatore sulla domanda non solo istituzionale ma sempre di più commerciale;
  2. le attività spaziali hanno come beneficio la possibilità di derivare servizi e applicazioni in quasi tutti i settori economici principali, come per esempio in AgTech-Agriculture Technology, l’uso di tecnologie in agricoltura con lo scopo di aumentare l’efficienza e il profitto di settore, CleanTech, tecnologie che contribuiscono alla riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente, mediante innovazioni di processo e l’uso sostenibile di risorse, EdTech, l’uso di tecnologie per aumentare e facilitare l’apprendimento;
  3. il mantenimento di un ambiente spaziale sicuro, stabile e sostenibile sul lungo termine è condizione indispensabile per consentire che questo, inteso come bene comune, possa essere utilizzato a scopi pacifici sviluppando anche attività economiche, ora e in futuro, made in space. In altre parole, preservare l’ambiente spaziale è propedeutico allo sviluppo della space economy e quindi al miglioramento delle condizioni di vita sulla terra.

Per poter affrontare al meglio queste sfide, occorre non pensare a compartimenti stagni, ma utilizzare competenze cross-cutting e multidisciplinari, aggregandole in un unico team che possa fare la differenza. Grazie a questo connubio, il SEE Lab di SDA Bocconi nel prossimo futuro diventerà un centro di eccellenza mondiale nella space economy.   

Dagli osservatori internazionali in cui è stata ed è protagonista, compreso il World Economic Forum (WEF), come guarda ai prossimi 10 anni nel settore della space economy? Su che cosa puntare prioritariamente e che ricadute anche per le aziende sono ipotizzabili? 

Occorre guardare al breve, medio e lungo termine allo stesso tempo. Nel lungo termine dobbiamo continuare con studi e ricerche, per esempio nel settore dell’estrazione e utilizzo di risorse da altri corpi del sistema solare, come Luna e asteroidi. L’uso delle risorse spaziali infatti sarà importante per le prossime spedizioni sulla Luna e su altri pianeti, avremo infatti bisogno di propellente per il rifornimento in orbita delle missioni spaziali, ossigeno e acqua saranno necessari ai sistemi di supporto alla stazione spaziale in orbita lunare, nonché alle operazioni condotte sulla superficie lunare e nelle prossime missioni su altri pianeti.

Mentre nel breve termine riteniamo che il SEE Lab si debba focalizzare su almeno due temi principali:

  1. sviluppare la space economy per affrontare la crisi climatica, in particolare con l’obiettivo di raggiungere net zero il prima possibile, ottenendo quindi un bilanciamento tra emissioni antropogeniche di gas effetto serra (GHG) e processi e tecnologie volte alla loro riduzione e assorbimento. Il WEF ha pubblicato nel settembre 2021 un rapporto che ho personalmente coordinato dal titolo «Space For Net Zero», che illustra come i satelliti rappresentino un elemento di importanza fondamentale per il monitoraggio delle emissioni Greenhouse-Gases Il SEE Lab si focalizzerà dunque sulle sinergie tra space e green economy;  
  2. l’incremento dei lanci di satelliti in orbita, con particolare attenzione alle mega-costellazioni, sta emergendo come un’importante risorsa tecnologica e commerciale causando al contempo però un sovraffollamento dell’ambiente spaziale. Questo scenario sta aumentando il rischio di collisione tra oggetti spaziali, considerando anche l’alto numero di detriti presenti in orbita accumulati in oltre 60 anni dall’inizio dell’era astronautica. Ciò sta mettendo in pericolo non solo gli asset ma anche i servizi satellitari da cui dipendiamo nella vita di tutti i giorni, rendendo le operazioni in orbita instabili, e non completamente prevedibili. Per questo motivo, mantenere l’ambiente spaziale in modo sostenibile sul lungo termine, implica lo sviluppo di temi portanti come il servizio in orbita, la pulizia delle orbite da detriti, e il coordinamento del traffico spaziale, temi di estrema importanza e forieri di enorme potenzialità di sviluppo economico, che saranno quindi al centro delle attività del SEE Lab nel prossimo periodo.

Per quanto riguarda il tema delle ricadute sulle aziende spaziali, queste saranno semplicemente enormi. Mentre quelle sulle aziende in settori contigui: esponenziali.

Un aspetto un po’ biografico, ma di interesse generale: lei è molto attiva nella promozione della cultura STEM, in particolare per le donne. Ci sono stati fattori critici in questo senso nel suo particolare percorso e che lezioni utili anche ad altre persone ha ricavato sul tema diversity&inclusion?    

Sono per natura contraria alle discriminazioni, di ogni tipo. Per vincere una sfida, occorre formare la squadra migliore, fare spogliatoio e costruire un team con un obiettivo strategico comune, che si ottiene mettendo assieme i migliori talenti possibili per quell’obiettivo. Nel primo numero del 2010, The Economist titolava in copertina: «We Did It! What Happens When Women are Over Half the Workforce». Il dato principale dell’articolo, che amo citare ancora spesso dopo oltre dieci anni dalla sua pubblicazione, menziona quella che viene definita «la guerra dei talenti», che era e sarà sempre di più un elemento da considerare nello sviluppo socio-economico di un Paese. Non si può vincere una partita senza mettere in campo tutti i migliori giocatori, e lasciare metà della forza lavoro, quella femminile, in panchina, non giova. Sulla base di questo, mi sono fatta promotrice di diverse iniziative, a cominciare dall’aver fondato nel 2009, assieme a una collega tedesca, «Women in Aerospace Europe», che ha proprio lo scopo di raggiungere un bilanciamento di genere nella forza lavoro nel settore, valorizzando il merito, le capacità, il talento. Mi piacerebbe, e lo dico purtroppo da anni, poter un giorno, così come l’ho fondata, chiudere l’associazione. Sarebbe il segno che il suo scopo è stato raggiunto, ed è quindi diventata inutile. Purtroppo non ci siamo ancora, ma sono convinta che è dalla diversità di opinioni, di seniority, di competenze, di origine geografica e culturale e di genere, che possano venire i migliori risultati.


SDA Bocconi School of Management

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