Mustier, la forza della semplicità

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Essere a capo di uno dei principali gruppi bancari italiani ed europei, con 25 milioni di clienti in 18 paesi e la rete di agenzie più estesa sul territorio nazionale, e riassumere la propria idea di leadership nella parola “semplicità” non è da tutti. Significa agire costantemente ricercando l’essenza, sfrondando progressivamente il superfluo, liberandosi – si sarebbe detto in altri tempi – dalla sovrastruttura. C’è qualcosa di filosofico nel concetto di semplicità riproposto più volte, quasi come un memento, da Jean Pierre Mustier, CEO del Gruppo UniCredit, nel suo intervento delle Leader Series di EMF - Executive Master in Finance. Nel parlare del percorso umano e professionale che lo ha portato ai vertici di un’organizzazione ampia e complessa emerge costantemente la necessità di raggiungere il core value, l’elemento necessario e non contingente che “fa” il leader. Lo si capisce dalle prime battute quando, invitato da Andrea Beltratti a raccontare il processo di trasformazione intrapreso in UniCredit dopo il suo arrivo, Mustier inquadra il suo approccio al cambiamento e alla strategia.

Back to basics
«Un’attività diventa esageratamente complessa quando le energie impiegate per gestirla superano l’utilità che produce. Questo vale a tutti i livelli dell’organizzazione e in tutte le fasi del processo. Anche nel presentare una strategia ci vuole semplicità: per dire quello che voglio fare mi basta una pagina, non me ne servono 25. Nel lavoro quotidiano, quando il mio team mi spiega qualcosa e non lo capisco in 5 minuti, capisco che devo cambiare il modo di fare le cose».

Come banchiere il suo slogan è simple business and back to basics: «È importante non perdere di vista il core business: il credito. Il sistema bancario deve continuare (o tornare) ad essere il volano dell’economia reale. Una banca non è un impianto nucleare: serve fondamentalmente per depositare e per prestare denaro. Fare cose troppo complicate significa creare costi e rischi che l’organizzazione non è in grado di prevedere e gestire». E questo vale ancora di più se ci si mette nei panni del cliente: «Vorreste un prodotto molto complesso, di cui la cosa più chiara è il buon margine che la banca può ricavarne, oppure uno più semplice, che potete valutare facilmente in funzione delle vostre esigenze?», è la provocazione di Mustier. «La strategia di UniCredit è stata ed è quella di diventare una banca paneuropea caratterizzata dalla semplicità, che vuole servire il cliente. Il mercato dà un valore a questo, apprezza l’easy-to-do». E i risultati si vedono: «Bisogna puntare sul servizio: abbiamo investito sulla capillarità della rete, l’offerta e la distribuzione e ora, da questo punto di vista, siamo i primi in Europa».

E semplicità significa anche schiettezza: «Quando ho cominciato la mia carriera in banca, 30 anni fa», ricorda il CEO di UniCredit, «la situazione era ben diversa, c’erano delle enormi rendite di posizione. Oggi è diverso e tagliare i costi è inevitabile. E non è sempre un male: la discontinuità in questo settore può essere salutare». E continua senza troppi giri di parole: «Questo vuol dire ad esempio, liberarsi degli asset più rischiosi per aumentare il return on equity e abbassare il costo del capitale. Ma significa anche agire sui processi e sui team e misurare la performance con precisione. Spesso i banchieri non hanno una forma mentis da industriali. Se si vuole capire che cos’è l’ottimizzazione dei processi, bisogna andare in una casa automobilistica. È possibile – e necessario – fare di più con meno».

Sul campo con la truppa
Dalla guida del sistema bancario alla leadership tout court il passo è breve. Alla domanda di Beltratti sulle caratteristiche che deve avere un leader efficace, Mustier risponde senza esitazioni: «Anche qui la chiave è la semplicità. Un leader deve innanzitutto essere sé stesso ed essere capace di interagire con gli altri per un obiettivo comune: c’è un problema? Ok, lo risolviamo insieme. Un vero leader punta sempre sulla collaborazione senza essere impositivo né compiacente. Poi deve saper comunicare: fino a 150 persone è possibile un’interazione diretta, oltre questo numero no. E nel secondo caso è ancora più necessario che la comunicazione sia efficace: bisogna spiegare bene quello che si vuole fare, stabilire obiettivi chiari, dare visibilità e riconoscimenti alle singole persone».

Il leader, secondo Mustier, è anche uno che deve saper sempre abbandonare la sua comfort zone per rincorrere nuove sfide. E deve farlo al fianco delle persone che lavorano con lui. Solo così diventa un esempio e uno sprone per loro. In una parola un leader by example. Una convinzione maturata da tempo e in tutt’altro ambito: «Molti anni fa sono stato ufficiale al comando di una squadra di 30 paracadutisti. Certo, avevo dalla mia la gerarchia militare, ma se volevo che mi obbedissero davvero dovevo ottenere il loro rispetto: quindi, non solo saltavo per primo dall’aereo, ma correvo più di loro e portavo carichi più pesanti. Per chiedere tanto devo dare tanto. Quando sono arrivato in UniCredit mi sono trovato a dover tagliare drasticamente i costi e ridurre l’organico di 14mila unità. Non potevo farlo mantenendo la stessa retribuzione del mio predecessore e l’ho tagliata del 40%. Poi ho eliminato tutti i bonus automatici e collegato le retribuzioni al raggiungimento degli obiettivi, misurati con indicatori molto rigorosi: se non ottengo risultati non vengo pagato. Vale per tutti i top manager, me compreso naturalmente».

La sfida della cravatta rossa
Coinvolgimento, stimolo, esempio. Tutto questo è riassumibile in una parola: cultura. Cultura aziendale, cultura d’appartenenza. Per Mustier è un fondamento della leadership: «Il vero guardiano è la cultura. La cultura di UniCredit si fonda su 5 principi chiari e semplici: Customer First, People Development, Cooperation & Synergies, Risk Management, Execution & Discipline. Niente di straordinario, solo una guida per il nostro lavoro di tutti i giorni. Li ricordiamo in ogni riunione, li usiamo nelle valutazioni della performance, nel fissare gli obiettivi di ciascuno. Se chiedo a un collaboratore quali sono i valori aziendali e lui va a cercarli sul sito, significa che lì la cultura aziendale ha una falla. E una cultura aziendale forte o debole passa anche ai clienti e al mercato, con esiti conseguenti».

In ogni cultura i simboli giocano un ruolo importante: «Come vedete porto una cravatta rossa», fa notare il CEO di UniCredit. «In tutti gli incontri importanti voglio che i miei collaboratori uomini abbiano una cravatta rossa e le donne un elemento rosso nel loro abbigliamento. Perché? Perché il rosso è il colore di UniCredit e voglio che le persone vedano che sono orgoglioso di lavorare per questa azienda e che anche loro mostrino di esserlo. È un segno di appartenenza».

A ogni squadra il suo leader
L’eleganza dei modi e l’aspetto cordiale nascondono un temperamento risoluto, un approccio diretto ai problemi. Insomma, un “capo” esigente e determinato. Ma Jean Pierre Mustier è un leader così inflessibile? «Sono dell’idea che bisogna sempre permettere alle persone di sbagliare quando provano a fare le cose. L’errore non va punito: non solo abbiamo il diritto di sbagliare, ma l’errore può essere anche un ottimo modo di scoprire nuove strade. Diverso è comportarsi male e tradire la fiducia».

E soprattutto il leader deve adeguare il ruolo e la funzione alla squadra che guida: «Mi chiedete se un leader deve dare soluzioni: dipende. Se guidi un piccolo team per un task preciso certamente sì: devi conoscere la situazione e avere le competenze tecniche adeguate al tuo ruolo, quindi devi anche saper dare delle risposte. Ma al mio livello, no. Io devo fare essenzialmente due cose: da un lato, fare in modo che si discuta, mettere in moto meccanismi per produrre idee nuove; dall’altro, dare responsabilità diretta ai miei collaboratori perché siano loro, che conoscono meglio di me i problemi specifici, a trovare le soluzioni giuste». La maieutica applicata alla leadership, insomma. Le premesse filosofiche sembrano confermate.

 

SDA Bocconi School of Management

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