Sara Gay: il learning, la vera forza del cambiamento

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Indicare nella capacità di stare “scomodi” il requisito cardine di una carriera manageriale di successo nel mondo delle banche e della finanza sembra quantomeno una provocazione. Eppure a sostenerlo è una persona che può testimoniare con il suo percorso professionale quanto è importante, per crescere, abbandonare la propria “comfort zone”. Sara Gay, Head of Learning and Executive Development di UniCredit Spa, ha tutti i numeri per dirlo. Non solo perché è responsabile del percorso di sviluppo dei manager del gruppo bancario italiano con la maggiore presenza all’estero, ma anche perché è arrivata a ricoprire quel ruolo grazie alla sua capacità di accettare il cambiamento, di affrontare sfide sempre diverse e di ricavarne nuove competenze ogni volta. “Adaptive learning” lo chiama lei, e ora ne ha fatto il fulcro su cui appoggiare la leva di sviluppo di una nuova generazione di finance leader. La persona giusta per discutere con Andrea Beltratti, Academic Director di EMF - Executive Master in Finance, del valore della formazione in questo campo.

Laurea in Economia e borsa di studio ad Harvard in International Finance, inizia la sua carriera in una banca locale occupandosi di derivati, ma ben presto allarga i suoi scenari oltre frontiera. Passa all’investment banking, prima in Francia, poi a Londra in HSBC, dove lavora nell’area Debt Capital Market Origination. Ma un percorso che sembra votato alla finanza ha uno scarto brusco con il suo arrivo in UniCredit nel 2009, dove Gay accetta una sfida del tutto nuova, quella del Corporate Learning. Da qui la sua carriera prende un’altra direzione e la porta in meno di dieci anni a diventare la responsabile dell’apprendimento e dell’Executive Development di tutto il Gruppo. «Mi sembra di aver anticipato», dice la stessa Gay, «quelle che saranno le carriere del futuro, caratterizzate non solo da sviluppi lineari in senso verticale ma sempre di più da movimenti laterali spesso inaspettati».

Le competenze per la crescita “orizzontale”
Un primo insegnamento che si può trarre da un’esperienza di questo tipo riguarda il mix di competenze richiesto oggi in una grande banca internazionale e nel mondo della finanza in generale. «Avendolo vissuto in prima persona, posso dire che le competenze core avanzate sono fondamentali: quelle su rischi e finanza, trends di mercato, sulla regolamentazione, l’analisi dei dati, l’IT e la security, e così via, restano competenze chiave in un contesto finanziario che continua a evolvere rapidamente». Ma questa è solo una parte, ricorda Gay: «Sono proprio gli spostamenti laterali sempre più frequenti, tra funzioni e ruoli diversi e spesso lontani tra loro, a rendere indispensabili anche competenze relazionali e “comportamentali”, le cosiddette soft skills. La mia storia lo dimostra: all’inizio non pensavo che avrei lavorato sempre di più sullo human capital e che quindi avrei dovuto sviluppare competenze allargate quali, ad esempio, la learning agility  e la personal adaptability che ti permettono di trasferire velocemente gli apprendimenti nella pratica professionale».

Com’è naturale per una persona che si occupa di apprendimento, un’attenzione particolare è riservata alle capacità di comunicazione: «È una competenza fondamentale. La comunicazione è la grande risorsa strategica del nostro tempo. In banca, ad esempio, una delle cose più difficili è creare un linguaggio comune tra chi si occupa di risk management e chi si occupa di commercial banking. Sono ruoli che hanno driver diversi ma per lavorare in vista di obiettivi comuni devono parlarsi e capirsi. La comunicazione ha a che fare anche con l’utilizzo dei dati, altro fattore strategico per le aziende: senza la capacità di selezionarli, interpretarli e, appunto, comunicarli, i big data sono una risorsa sprecata».

Diventare protagonisti dell’apprendimento
Dalla comunicazione all’apprendimento il passo è breve. D’altronde il tema del learning non può che farla da padrone in un incontro come questo. È proprio Beltratti che mette sul tavolo la questione della formazione manageriale in questo settore e della sua capacità di creare e trattenere i talenti.

«È un tema strategico e non solo per le banche», risponde Gay. «I millennials non guardano più al “lavoro per la vita” ma cercano altri valori come lo smart working, il life-work balance ecc. In UniCredit puntiamo sui talenti e vogliamo offrire loro un ambiente lavorativo al passo coi tempi. E continua: «Chiaramente il learning gioca un ruolo fondamentale nell’accompagnare questa trasformazione: non è più pensabile un’unica modalità di apprendimento, bisogna sfruttare tutte le potenzialità che la tecnologia offre. Con l’e-learning facciamo in modo che i contenuti dell’apprendimento siano usufruibili con tutti i device e in ogni momento, non solo in aula. Poi puntiamo sui self-generated contents, un learning self-based che rende attivo il processo di apprendimento».

Sono tutte caratteristiche che Sara Gay ritrova anche in EMF: «Il modello di apprendimento di questo Master è vincente perché prevede una base formativa comune e poi dei track specializzati, e a questo aggiunge un approccio “blended” che abilita il self-based learning. Ognuno apprende in modo diverso e dare più canali e più modalità aiuta tutti a trovare il proprio modo privilegiato. Ma il valore ancora maggiore di questo master sta nel “connecting the dots”, cioè nel riuscire sempre a comporre il quadro globale, nell’acquisire una visione d’insieme dei problemi e la capacità di affrontarli in chiave strategica».

Uscire dalla comfort zone per crescere
Uno sguardo su EMF che viene confermato dai tre alumni che si aggiungono alla conversazione. Sono Daniele Di Carlo, Massimiliano Rondelli, Victor Marin: età, provenienza geografica, aree funzionali e ruoli diversi, ma tutti pronti a confermare il valore strategico della formazione executive per la loro carriera. «Il confronto con esperienze e mindset diversi ti impone di affrontare le questioni da altri punti di vista magari mai considerati, di ascoltare gli altri e di esporti per sostenere le tue posizioni», sostengono. «Può metterti in difficoltà, certo. Ma è proprio uscire dalla tua comfort zone che ti fa crescere».

«È un passaggio fondamentale per ogni leader», conferma la top manager di UniCredit. «Spostarsi in altri ruoli, con altri compiti, anche in altri Paesi: significa mettersi nei panni dell’altro, capire le sue logiche di comportamento. Per un Gruppo pan-europeo come il nostro è un processo vitale e lo incentiviamo costantemente. Penso allo scambio tra funzioni di business e di controllo a cui accennavo prima a proposito dei problemi di comunicazione: è una delle rotazioni che da noi viene maggiormente favorita. Nei grandi Gruppi i programmi di rotazione dei manager internazionali servono a creare leader efficaci e versatili. Un obiettivo che ogni progetto di formazione dovrebbe avere».

SDA Bocconi School of Management

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